Dalla Sardegna ai Caraibi, in barca a vela

by Claudia

Incontro: dopo aver imparato i primi rudimenti al Circolo Velico di Lugano su una Deriva, Fabrizio Ceppi ha preso il largo

Si naviga ovunque, nei grandi fiumi e nei laghi, nelle isole tropicali dell’Oceano Indiano, nel Pacifico e nel Mediterraneo, fra le colonne di ghiaccio della Groenlandia. O dalle coste italiane alla Sardegna e alle isole greche. Oggi la vela rientra nei molti sport nautici all’interno dei quali si fanno anche delle regate, ma è assai più di una pratica sportiva.

Ama navigare chi, misteriosamente, si trova nel mare come nella propria casa, chi sa affidarsi al vento e conoscerlo per governare la sua barca in mezzo alle onde dell’oceano, quando ogni orizzonte vicino scompare. Chi desidera navigare cerca un senso di libertà impossibile da trovarsi nella vita quotidiana, tra questi, anche Gianantonio De Pol che appena entrato in età di pensionamento dal suo lavoro in banca ha rapidamente ottenuto l’indispensabile patente nautica.

La stagione ideale per la navigazione, soprattutto per le traversate, inizia a metà dicembre e prosegue sino a gennaio-febbraio, questo per la presenza degli Alisei (fondamentali venti della navigazione oceanica a vela che, tra l’altro, consentirono a Colombo di raggiungere l’America). Lo spiega Fabrizio Ceppi (nella foto), che da molti anni pratica e condivide questa passione con la famiglia; per lui e per non poche altre persone innamorate della barca a vela il tempo dedicato a navigare è qualcosa cui non rinuncerebbe mai.

Come è stata la sua prima volta in barca a vela?

Ho imparato i primi rudimenti al Circolo Velico di Lugano su una Deriva, cioè una barca piccolina, di cinque metri di lunghezza adatta per la scuola, che ha uno scafo, cioè un pezzo di legno, nascosto, utile a mantenere la rotta controvento e che si trova nelle barche destinate appunto a chi sta imparando. Esistono, certo, anche barche più sportive, come il 470 con cui ho navigato per molti anni sul lago. È stata una bella esperienza durante la quale ho potuto seguire da vicino mia figlia che, nel frattempo, si è anche lei appassionata e per anni ha partecipato a molte regate un po’ in tutta la Svizzera con un tipo di barca chiamata Optimist (adatta a ragazze e ragazzi di 15-16 anni). È una piccola imbarcazione impiegata per l’apprendimento: si deve imparare a conoscere le caratteristiche della barca, per imparare a «leggere» il vento: più si apprende e più ci si diverte e si migliora.

Ci sono altri modi per avvicinarsi alla navigazione a vela?

Molti hanno iniziato direttamente a navigare su barche dotate di cabina, direttamente sul mare in compagnia di amici. La cosa essenziale è che qualcuno a bordo sia in possesso della patente nautica, ma è anche possibile, quando si noleggia l’imbarcazione, chiedere che ci sia uno skipper professionista (ndr: responsabile della navigazione e di quanto succede a bordo) per navigare in tutta sicurezza.

E poi è nata la passione…

Dopo i primi approcci con mio cognato che è skipper, abbiamo deciso di noleggiare una barca e portare i nostri figli a fare una crociera attorno alle isole della Toscana. Una magnifica esperienza che mi ha convinto definitivamente della bellezza di questo sport. Vedendo poi i nostri ragazzi entusiasti e anche appassionati abbiamo ripetuto l’esperienza l’anno successivo.

Ma a un certo punto ha iniziato a navigare per conto suo.

Quando si decide che mare e vento sono diventati una passionaccia, si può fare un passo in più e diventare skipper, ottenere cioè la patente nautica che permette di navigare autonomamente con barca propria o noleggiata in alto mare. Tutto allora diventa possibile, viaggiare per giorni, sentirsi liberi di staccarsi da terra e attraversare vasti tratti di mare prima di vedere la costa, portare in crociera famigliari e amici per una vacanza davvero unica. E, sì, anch’io ho fatto questo passo, e l’ho fatto ben vent’anni fa: da allora navigo regolarmente ogni anno.

Quanto contano coraggio, predisposizione, senso dell’avventura?

Solo l’esperienza diretta è determinante per sapere se la vela fa per noi o no. Chi soffre troppo il mal di mare, chi non sopporta di stare in spazi ristretti e fatica ad abituarsi alla convivenza a stretto contatto con gli altri, difficilmente proseguirà questa avventura. Ma non è detto, cambiando tipo di barca e salendo su un catamarano (ce ne sono di molto grandi e spaziosi), che alcuni di questi problemi possano essere risolti.

Un viaggio che ricorda con particolare piacere?

Dopo anni e anni nel Mediterraneo e molte bellissime crociere ho avuto la possibilità di affrontare la traversata dell’Atlantico. Sempre con mio cognato, proprietario della barca, siamo partiti dalla Sardegna e abbiamo veleggiato fino allo stretto di Gibilterra, per proseguire poi fino alle isole Canarie e prendere terra all’isola di Palma. La prima parte del viaggio è durata 16 giorni, con una pausa nella città di Algeciras di fronte a Gibilterra; qui abbiamo lasciato la nostra imbarcazione e siamo tornati a riprenderla in gennaio per fare il grande salto verso i Caraibi.È stata una traversata di 21 giorni con il vento di poppa. Gli Alisei, che soffiano in quel periodo erano perfettamente favorevoli alla nostra rotta che da Est ci doveva portare a Ovest. Dopo le prime ore, durante le quali vedi a poco a poco la costa farsi sempre più piccola e indistinguibile, ti ritrovi in mezzo al nulla…

Non sarà stato un percorso privo di rischi. Come li avete affrontati?

La teoria è certamente importante e necessaria ma la tecnologia moderna offre un ottimo aiuto nel condurre una barca a vela. Quello che solo l’esperienza può insegnare è «sentire» la barca e metterla sempre in condizione di navigare senza soffrire e non correre rischi inutili anticipando alcune manovre, scegliendo eventualmente una rotta meno impegnativa per l’equipaggio e per la barca.

Cosa si prova partire per un viaggio simile?

In realtà esattamente il contrario del nulla… specialmente di notte ti senti circondato dall’universo con una infinità di stelle mentre da un mare pallidamente illuminato vedi sorgere la luna e distingui chiaramente le grandi onde lunghe dell’oceano che diventeranno le tue compagne di viaggio. I turni di notte sono quelli dove più di ogni altro momento senti la tua fragilità: da una parte sei su un piccolo guscio di noce in viaggio verso l’immensità, dall’altra percepisci anche la tua fragilità di essere umano in cammino nel viaggio della tua vita, che nei confronti di quanto ti circonda conta veramente nulla. In quel momento senti quanto credersi padroni del mondo sia povera illusione e quanto meglio sarebbe riconoscere che del mondo facciamo solo parte, senza vantare nessun diritto di comando.

Come trascorrono le giornate nella solitudine assoluta dell’oceano?

Durante il giorno la routine era scandita dalle verifiche periodiche del punto nave e delle miglia che si percorrevano ogni giorno, dai piccoli aggiustamenti della vela e naturalmente dai pasti, momento importante in cui si discuteva e ci si scambiava le opinioni su come stava andando il viaggio, che nel nostro caso procedeva molto bene. Più ci avvicinavamo alla meta e più le temperature si facevano miti e gradevoli. Al mattino ogni tanto sul ponte trovavamo dei pesci volanti, che vento e onde ci buttavano a bordo e noi ringraziavamo. Le scorte erano sufficienti ma a poco a poco avevamo esaurito i cibi freschi e negli ultimi giorni si faceva affidamento solo su scatolame e legumi secchi.

Ci racconta dell’arrivo ?

Era notte quando, molto lontane sulla costa, abbiamo avvistato le prime luci. Abbiamo aggirato la punta a sud della Martinica e ci siamo diretti verso l’ampia insenatura prima del porto. Pochi metri più avanti abbiamo gettato l’ancora felici di avercela fatta! Siamo arrivati poco prima dell’alba, e abbiamo poi chiesto un ormeggio in porto. A terra siamo scesi dopo 21 giorni di navigazione in solitaria e 2800 miglia. Per quasi un intero mese, infatti, non abbiamo mai incrociato un’altra vela o una nave (era il periodo del Covid e anche gli aerei in cielo erano spariti). In compenso abbiamo sempre avuto un mare mosso ma favorevole, un mare che ci è stato amico e verso il quale mai abbiamo provato paura. Posati i piedi per terra, ci siamo potuti godere finalmente una birra e un bagno.

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