Il Venezuela nelle mani dei militari corrotti

Duran Barba, 74 anni, è un guru della comunicazione politica in America Latina. Nato in Ecuador, è stato il responsabile della campagna elettorale dell’ex presidente argentino Mauricio Macri, di quella di Alvaro Noboa per le presidenziali in Ecuador e il capo comunicazione di politici brasiliani.

Nella crisi venezuelana esplosa con il fortissimo sospetto di frode da parte del regime alle elezioni presidenziali del 28 luglio – in cui il presidente Nicolas Maduro è stato proclamato vincitore dalla Corte suprema sua «amica», con 9 punti di vantaggio, inspiegabili ore di ritardo e senza presentare gli atti elettorali, i documenti di seggio, senza permettere controlli terzi – individua come unica via d’uscita possibile il sostegno incondizionato a Maria Corina Machado, la leader dell’opposizione sostituita in corsa dal candidato Edmundo Gonzales, 74 anni, perché resa incandidabile da una trappola del regime.

Le strane idee di Maduro

Del presidente venezuelano Nicolás Maduro Duran Barba dice: «Quando Chávez stava per morire voleva controllare la situazione e impose un cattolico militante, sincretico animista, che invoca permanentemente la religione. All’inizio, Maduro parlava con gli uccelli che credeva incarnazione del leader supremo. Nella sua prima campagna elettorale ha girato il Paese con un uccello di plastica legato alla testa. Diceva che quello era il cellulare con cui comunicava con l’aldilà. Diceva che dormiva accanto alla bara di Chávez per ricevere le sue istruzioni. Quando la stampa gli ha chiesto di questi costumi, ha risposto che non si doveva scherzare con le sue convinzioni. E ha ricordato che a comandare in Venezuela sono comunque le forze armate. Ha dodici ministri militari, nove in servizio attivo e tre in pensione. La maggior parte degli stati del Paese sono governati da militari, che gestiscono anche le casse del Governo. La ricchezza è andata nelle mani della casta militare e dei suoi parenti».

Su questo concorda pienamente Roland Denis Boulton, di tutt’altra collocazione politica, leader della grande rivolta popolare del Caracazo nel 1989 e intellettuale anarchico, profondo conoscitore della società venezuelana e dei movimenti di base che da sinistra si sono opposti alla deriva dittatoriale del chavismo: «Al Governo a Caracas ci sono dei gangster – dice – che mantengono un equilibrio interno negli affari della casta militare che s’è presa tutto lo Stato. Le risorse di questo Paese, ricchissimo e con un sottosuolo di infinite possibilità, è tutto nelle mani di militari. Sono loro a controllare i rubinetti di dollari dell’import export perché loro sono a capo delle società alle quali il Governo dà l’esclusiva della gestione dell’importazione e dell’esportazione. Rubano tutto. Un solo esempio: l’oro. Nessuno sa quanto oro si stia producendo in Venezuela al momento. Perché? Perché il business è tutto in mano a militari e varie bande di trafficanti».

Occhio anche alla destra

Di Maria Corina Machado Roland Denis Boulton dice: «Non è affidabile, è portavoce della oligarchia venezuelana classica, quella radicata a Caracas est e che è da sempre di un estremismo di destra inaudito. La sua famiglia è legata al clan Bush e lei è sostenuta dalla destra del partito repubblicano negli Stati Uniti. Se la destra anti-chavista avesse dato retta alla parte meno radicale, nelle sue file sarebbe stato possibile arrivare a una mediazione con i movimenti anti-chavisti di sinistra, che esistono e sono completamente silenziati dal regime. Avrebbero potuto trovare insieme una candidatura sulla quale far convergere dei voti. Ma Maria Corina Machado no, è destra totale. La solita terribile ed estrema destra venezuelana».

Roland Denis Boulton e Duran Barba concordano però sul fatto che in Venezuela si ripete il dramma degli stipendi cartastraccia, problema identico a quello cubano. A Caracas i salari non valgono nulla, esattamente come all’Avana. «Un operaio – dice Roland Denis – qui guadagna al mese intorno agli 8 dollari, un medico forse 20, un professore universitario altrettanti. E i prezzi sono quelli di New York: una baguette costa l’equivalente di un dollaro. I prezzi degli alimenti sono dollarizzati di fatto, nessuno può fare la spesa contando su quel che guadagna lavorando. Stanno rubando tutto da decenni, hanno tradito l’idea di rivoluzione e hanno instaurato un narco-stato. Del quale Maduro è complice e prigioniero perché la sua unica possibilità di salvarsi, crede lui, è rimanere attaccato al potere. Perso quello va in galera». Secondo Maduro non c’è carenza di cibo nei supermercati al momento. «Vero. Oggi non c’è scarsezza di prodotti, in passato è accaduto spesso che nell’acuirsi delle crisi politiche non arrivassero cibo e prodotti necessari, ma non sta succedendo questo adesso, gli scaffali sono pieni. Probabile che la distribuzione dei prodotti verrà usata presto come strumento di pressione politica. Riguardo alla spesa di base, ai prodotti di prima necessità distribuiti gratis dal Governo, va chiarito che sono di minimo aiuto per i più poveri. Non ci arrivano certo a fine mese. Qui gli apparati di regime si sono ingrassati con una ingordigia da nuovi ricchi spietati a spese del popolo».

Il tesoro del dittatore

Duran Barba fa dei numeri: «La figlia di Hugo Chávez, María Gabriela, ha dichiarato che quando suo padre è morto aveva 4197 milioni di dollari in conti ad Andorra e negli Stati Uniti. In quel momento era la persona più ricca del Venezuela grazie alle vendita di cosmetici a domicilio. Forbes ha recentemente pubblicato che il suo patrimonio è di 3500 milioni di dollari. Altri papaveri della cerchia ristretta a capo del regime si concedono lussi analoghi. Maduro e suo figlio sono stati protagonisti di scandali per l’ostentazione della loro ricchezza e delle loro spese. Da quando gli Stati Uniti hanno permesso il ritorno di Chevron nel Paese, sono apparsi dollari che sono spesi da militari e affaristi vari chavisti in una zona esclusiva di Caracas, piena di negozi di lusso e ristoranti assai costosi. C’è un concessionario Ferrari, magazzini che vendono televisori da 115 mila dollari. È un commercio di super lusso rivolto a un settore della popolazione, legato al Governo, mentre la maggior parte vive nella miseria e guadagna in bolivar». Aggiunge: «Quando Chávez ha vinto le elezioni, ha cominciato a distribuire denaro. Le risorse del Venezuela hanno finanziato gruppi e candidati di sinistra in diversi Paesi della regione. Come caricatura dell’Urss, questo sogno imperiale lillipuziano li ha portati alla rovina. Per le elezioni arrivarono in Argentina valigie piene di biglietti. Hanno anche finanziato piccoli gruppi rivoluzionari. Nel 2004 Hugo Chávez e Fidel Castro hanno fondato l’Alternativa Bolivariana per l’America Latina (Alba), per affrontare l’Alca, l’altra alleanza economica promossa dagli Stati Uniti. Ai fondatori, Cuba e Venezuela, si sono aggiunti Nicaragua, Bolivia e diversi microstati, che sono isole, isolotti o atolli dei Caraibi, come Dominica, Antigua e Barbuda, Saint Vincent e Grenadine, Santa Lucia, Granada, Saint Kitts e Nevis. Iran e Siria si sono integrati come osservatori dell’Alba. Che senso ha mantenere un’associazione di Paesi che, in alcuni casi, hanno forze armate minuscole? Il Venezuela ha consegnato loro benzina gratuita o sovvenzionata. Il progetto ha portato Caracas a un’ecatombe economica, ma sono stati in grado di mettere insieme una rete per contrabbandare droga negli Stati Uniti. È un business gigantesco che i chavisti coinvolti non lasceranno. Per Cuba, poi, è vitale il carburante che gli regala il Venezuela». Spiega Roland Denis Boulton: «I cubani hanno in mano i servizi segreti venezuelani, sono loro a gestire la sicurezza interna. La repressione è affidata alla polizia. I militari – i vertici delle forze armate e dei generali con truppe, non la cerchia ristretta di Maduro intenta a fare affari – al momento tacciono, stanno fermi e zitti. Maduro li teme. Il numero due del regime, Diosdado Cabello ha una relazione diretta con parte della casta militare ma, politicamente, Maduro è molto meno incapace di quanto si pensi, è al palazzo presidenziale dal 2013, dove ha saputo circondarsi di uomini fidati che controllano parte delle forze armate». Roland Denis, che a Caracas vive, la descrive così: «Al momento in una calma apparente, tesissima, può saltare tutto come una polveriera anche domattina, basta un attimo, noi siamo seduti su un arsenale, il rischio per i civili è altissimo».

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