Per la Spd del cancelliere Olaf Scholz le tre elezioni regionali di questo periodo all’Est del Paese – il primo settembre in Sassonia e Turingia, e il 22 nel Brandeburgo – si riveleranno un incubo? Anche per i Verdi, così come per i liberali della Fdp, guidati dal ministro delle finanze Christian Lindner, il voto nei Länder dell’Est sarà una pura catastrofe? Alla vigilia del voto, tanto i liberali che i Grünen rischiavano di non oltrepassare nei tre appuntamenti la soglia minima, quella del 5% dei voti. In tutti i sondaggi la Spd del Kanzler Scholz collassa, in Sassonia come in Turingia, a minimi storici: al 6 o 7 per cento dei voti, superando di un filo la clausola di sbarramento. «Queste elezioni cambieranno nel profondo il profilo della politica in Germania», ha titolato «Bild» e, per una volta, il tabloid berlinese non sembra esagerare. In effetti, il risultato dei test elettorali di settembre non rischia di essere solo una sonora batosta per tutti e tre i partiti dell’«Ampel-Regierung», della coalizione cioè di Spd, Grünen e Fdp al governo. Ma porrà anche un grave problema di «governabilità» nei tre Länder dell’Est visto che, alla possibile Caporetto dei tradizionali partiti popolari, dovrebbe corrispondere alle prossime regionali una sorta di trionfo di due partiti radicali.
Della Afd prima di tutto, partito d’estrema destra, che in Sassonia (con il 32% dei consensi) come in Turingia (con oltre il 30%) dovrebbe attestarsi come il primo partito. Più sorprendente ancora del trionfo della Afd potrebbe essere quello della Bsw, la «Alleanza Sahra Wagenknecht», il partito di estrema sinistra fondato dalla ex deputata de «Die Linke». Specie nella ricca Sassonia, la regione di Dresda, della stupenda Firenze sull’Elba, il successo di Afd significherebbe uno smacco epocale per la Cdu: è dal lontano 1990 infatti che la Sassonia è governata dalla Cdu. «La Cdu, ha detto il suo presidente Friedrich Merz, non è disposta a lasciare questa regione a gente che vuole un’altra Germania, e un’altra società non democratica». Non per niente Michael Kretschmer, attuale premier della Cdu in Sassonia, ha già definito il voto del primo settembre «un’elezione del destino». Certo, negli ultimi anni al potere della Merkel, la Cdu ha sempre rifiutato ogni tipo di compromesso con la Afd. Ma i tempi cambiano, anche per i duri e puri della Cdu; tanto che in un recente sondaggio dell’istituto Forsa, il 45 per cento dei membri della Cdu non escludeva più coalizioni con gli estremisti di Afd, «almeno a livello regionale e comunale in Germania est».
In ogni caso, se non con gli estremisti di destra della Afd è difficile che sia la Cdu che la Spd escludano a priori, da settembre in poi, delle coalizioni con la nuova «Bsw». Ossia con quella «Alleanza» che Sahra Wagenknecht ha fondato appena 7 mesi fa, ma che a dar retta ai sondaggi dovrebbe conquistare sin dalla prima prova, in Sassonia, sino al 15 per cento dei consensi, arrivando a raccogliere in Turingia anche oltre al 20 per cento dei voti. In Turingia, dunque, l’attuale Bodo Ramelow («Die Linke»), potrebbe uscire con appena il 14 per cento dei voti, dalle elezioni dello scorso weekend (mentre scriviamo ancora non conosciamo i risultati del voto). Come i Verdi e i liberali d’altronde, che con un magro 3 per cento, dovrebbero restare fuori dal prossimo governo della regione di Erfurt. Anche nel Brandeburgo, dove si andrà al voto il 22 settembre, l’elezione rischia di essere un profondo trauma per una Spd che, dal 2013, è al potere nella regione di Potsdam con l’attuale premier Dietmar Woidke. Pure nel Brandeburgo è prevista a fine settembre la scalata al primo posto, con il 24%, della Afd; mentre la Spd dovrebbe scivolare quest’anno, dopo circa il 27% del 2019, sulla soglia del 20%. Anche nel Brandeburgo gli estremisti di Bsw e alla loro prima tornata elettorale potrebbero ritrovarsi, con oltre il 17% dei voti, alle calcagna dei socialdemocratici.
La ricetta della Wagenknecht
Come avrà fatto la Wagenknecht a conquistarsi in pochi mesi, e in tutti i Länder dell’Est, ormai roccaforti della Afd, tanta fiducia? Semplice, anche lei ha battuto molto sulla grancassa della sicurezza e dello stop ai migranti su cui da sempre insiste la Afd. In più, Wagenknecht ha aggiunto al suo «menù elettorale» dure critiche all’ecologismo dei Grünen, accusati di idealismo; e soprattutto il suo radicale «Nein» alla Nato e al sostegno dell’Ucraina, per rivendicare quindi posizioni pro-Putin. Un mix micidiale di motivi demagogici che ha concesso all’ex star de Die Linke non solo di raccogliere al volo, e a mani basse, ampi consensi nei Länder dell’Est. Con la sua nuova creatura della Bsw inoltre, capace di risucchiare voti sia alla Afd che a Die Linke, Wagenknecht si è già trasformata nel classico ago della bilancia della politica tedesca, almeno all’Est del Paese. «Qui nel Brandeburgo, ha anticipato il premier socialdemocratico Woidek, posso immaginarmi una colazione fra Spd e Bsw». E anche in Sassonia, pur se battuto dall’eclatante 32% incassato della Afd, il premier della Cdu Michael Kretschmer potrebbe restare comodamente al governo. Come? Unendosi anche lui alle truppe di Bsw, lì guidate da Sabine Zimmermann. In Turingia poi, dove Die Linke del premier Bodo Ramelow passerà ai banchi dell’opposizione, potrebbe formarsi un’inedita coalizione tra la Cdu, la Bsw della Wagenknecht e, come partner minore, una Spd lì ridotta al 7% dei consensi.
A partire da settembre dunque, per ora ovviamente solo a livello regionale, la Germania sperimenterà una nuova geometria politica, testando nei Parlamenti regionali una sempre più bizzarra «alchimia» di partiti al potere. In Sassonia, ad esempio, tra le varie ipotesi di governo non è nemmeno esclusa una «coalizione-Kenia», formata cioè dalla Cdu, dalla Spd e dai Verdi. Dopo le prossime elezioni all’Est insomma, solo una combinazione di colori sembra essere esclusa dalle preferenze dei tedeschi: una coalizione rosso, verde e gialla come quella «semaforo» al governo di Berlino. Segno inequivocabile della grave crisi che attraversa il governo del socialdemocratico Olaf Scholz.