Un’iper frammentazione che ci arricchisce

Quattro lingue (svizzero tedesco, 65%; francese, 39%, italiano 17%, romancio 0,9%), 26 cantoni, almeno 6 orientamenti religiosi (32,1% cattolico, 20,5% evangelico riformato, 5,6% altre comunità cristiane, 5,9% comunità musulmane, 1,3% altre chiese, 33,5% senza appartenenza religiosa), una comunità composta per quasi un quarto da stranieri (i più numerosi sono, rispettivamente, gli italiani, poi i tedeschi, i portoghesi e i francesi)…

Potremmo andare avanti a lungo con questo elenco, che ci restituisce una Svizzera tutt’altro che omogenea, ad esempio soffermandoci sulle differenze tra cantoni a livello scolastico o sanitario, oppure di reddito; spingendoci ancora più in là, frammentando cioè ulteriormente la società, approderemmo alle differenze individuali, di cui fanno parte il livello di formazione, il grado di socializzazione, e, non da ultimo, l’orientamento politico o sessuale. La Svizzera, infatti, grazie ai suoi Kim de l’Horizon (vincitore del Deutscher e Schweizer Buchpreis) e Nemo (vincitore dell’Eurofestival) ha fatto da involontaria paladina anche della causa della diversità di genere, mettendo in luce la «non binarietà».

Ed è proprio qui che entra in gioco il più recente studio commissionato dal Percento culturale Migros al GDI (Gottlieb Duttweiler Institut) – vedi anche articolo a pagg. 36-38 – dove i ricercatori Jakub Samochowiec e Johannes C. Bauer, attraverso lo studio qualitativo Insieme nella diversità? Il grande studio svizzero sulla diversità, si sono occupati dell’impatto che una tale stratificazione sociale può avere sulla stessa società e sui suoi individui. I due ricercatori hanno esaminato in dettaglio cosa i differenti gruppi che vivono in Svizzera (suddivisi per grado di istruzione, situazione economica, orientamento politico, religioso e sessuale, provenienza, età, ecc) sentano gli uni per gli altri e pensino gli uni degli altri. Lo studio è stato completato da una ricerca su «quanti contatti i diversi gruppi abbiano tra loro, come questi influenzino gli atteggiamenti e cosa renda difficile gli incontri».

Lo studio sottolinea come una maggiore diversità porti «anche a maggiori discrepanze tra i valori portanti dei diversi individui all’interno di una società». Quanto più la diversità riguarda aspetti fondanti dell’individuo, come le sue opinioni, la sua personalità e i suoi valori (la cosiddetta deep diversity), e tanto più si trasforma in differenza, con tutto il suo potenziale di conflitto.

A questo proposito i ricercatori citano il paradosso della tolleranza, per il quale ribattere con la tolleranza all’intolleranza metterebbe a rischio una società di per sé tollerante. Lo studio ha però messo in luce anche un altro aspetto: il contatto fra gruppi diversi favorirebbe l’adattamento reciproco degli stessi, oltre a offrire una «familiarizzazione emotiva».

Abbiamo incontrato Jakub Samochowiec, insieme a Johannes C. Bauer autore del recente studio del GDI.

Jakub Samochowiec, lei può ormai considerarsi un esperto del popolo svizzero. Cosa l’ha colpita maggiormente dei risultati emersi dallo studio appena presentato?
Fra gli aspetti che mi hanno colpito maggiormente vi è quello della discrepanza politica, laddove le persone appartenenti all’area di sinistra mostrano una negatività persino più grande di quelle dell’area di destra. Chi appartiene all’area di sinistra mostra scarsa tolleranza verso chi è di destra, mentre, a loro volta, le persone di destra mostrano scarsa tolleranza verso le minoranze.

Sono rimasto anche colpito dal fatto che ben il 40% delle persone svizzero tedesche interpellate non conosca alcun ticinese, e che un altro 35% ne conosca solo pochi. Mi sono così reso conto di quanto siano limitati i contatti tra le varie regioni della Svizzera. Abbiamo però osservato che, non appena ci si conosce un po’ meglio, i sentimenti delle persone si fanno di colpo più positivi.

Un aumento dei contatti fra i vari gruppi presi in esame permetterebbe un abbattimento delle diversità. Quali sono a suo avviso gli ostacoli da superare al fine di favorire i contatti?
Ci siamo chiesti dove sia possibile incontrare persone diverse tra di loro: principalmente ciò avviene nella cerchia delle proprie amicizie e sul posto di lavoro. Il contatto individuale tra le persone da una parte permette di rendersi conto di come in realtà le cose in comune siano maggiori delle differenze, e dall’altra di come i gruppi non siano omogenei al proprio interno.

È vero che il lavoro di ricerca andrebbe affrontato con una disposizione neutrale, ma lei aveva delle aspettative?
Naturalmente avevo delle aspettative, e, come detto, sono rimasto colpito dalla discrepanza politica. Solitamente si parlava del «Graben» tra Romandia e Svizzera tedesca o tra campagna e città, invece è tra schieramenti politici. Inoltre, non mi aspettavo di trovare tanta negatività tra i giovanissimi verso le minoranze.

A livello personale sono rimasto colpito dalla negatività nei confronti dei cognomi stranieri. Io mi chiamo Samochowiec, che si pronuncia «samochoviez», ma spesso mi chiamano «samochovic», come se fossi slavo, e questo in un Paese dove il 20% degli interpellati ha sentimenti negativi verso potenziali vicini di casa il cui nome termina in «ic». Io credevo che questo pregiudizio, magari grazie al calcio, fosse ormai superato.

Dopo lo studio sull’amicizia e quello sul vicinato, ora uno studio sulla diversità. Ha riconsiderato i risultati degli studi precedenti alla luce dello studio sulla diversità? Avete individuato un fil rouge che permetta un identikit della Svizzera?
Buona domanda! Ripensandoci, credo che il ruolo svolto sia dalla cerchia degli amici sia dal vicinato sia molto importante, si tratta infatti di segmenti della società ad alto potenziale; in generale in tutti e tre gli studi è emerso quanto importante sia il contatto in tutte le forme in cui questo può avere luogo. /Si.Sa.

Per scaricare lo studio
www.engagement.migros.ch/varieta

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