Uno sport che richiede concentrazione, forza fisica e nervi saldi: Dylan Chuat all'opera

Il Ticino mecca del bouldering

by Claudia

«La montagna più alta da scalare è quella dentro di noi». La citazione è presa a prestito da Walter Bonatti. Se per l’incipit della puntata odierna è stato scomodato il noto alpinista, esploratore, giornalista, scrittore e fotoreporter italiano celebre in tutto il mondo per le sue imprese in parete è perché uno dei soggetti principali sono appunto le montagne. Quelle vere (e quelle artificiali) della nostra regione.

Ancora una volta: dopo aver toccato il tema nel numero 38/2023 di «Azione» (allora con le imprese dell’altoatesino Jacopo Larcher), «Adrenalina» torna infatti ad accendere i riflettori sul bouldering, facendolo però stavolta in chiave prettamente… nostrana, e dunque con focus sul Ticino. L’occasione arriva dal primo importante evento dedicato a questo sport: il Verzasca Boulder+, programmato per sabato 19 ottobre. Il Ticino, del resto, a livello mondiale rappresenta una sorta di mecca per gli appassionati di questa disciplina. Praticare il bouldering appesi alle rocce della Verzasca, piuttosto che a quelle della Leventina, è un po’ come per un calciatore ritrovarsi a dare calci a un pallone a Wembley, o, per un tennista, scambiar racchettate sul verde di Wimbledon.

«Il Ticino può vantare una serie di hotspot molto attrattivi, che ogni anno richiamano folte schiere di appassionati da tutto il mondo – conferma Luca Di Biase, che da oltre un abbondante ventennio pratica questo sport –. Tra i più iconici vi sono senza dubbio quelli di Cresciano, Chironico e della Val Verzasca, in particolare a Brione. Siti che specie in autunno e inverno attirano masse di persone da ogni parte del mondo proprio con lo scopo di mettere alla prova le proprie qualità e i propri limiti, misurandosi con i “problemi” di questi massi».

Qual è il segreto di cotanto successo del Ticino versione palestra a cielo aperto per la pratica del bouldering? «Il Ticino, vuoi per le frane di anni e anni fa, vuoi per il materiale morenico che spesso si incontra, presenta un’alta concentrazione di massi di notevoli dimensioni disseminati in aree relativamente circoscritte. In più la qualità stessa delle rocce, penso in particolare al granito di Cresciano, è ideale. Se a tutto questo aggiungiamo la presenza di numerose linee, molte delle quali disegnate da Giuliano Cameroni, unitamente ad altri grandi appassionati della montagna, e un contesto da cartolina, allora davvero risulta difficile, se non impossibile, immaginare uno scenario migliore di quello ticinese per la pratica di questo sport».

Nato come sport di nicchia, e inizialmente relegato a ruolo di «costola» dell’arrampicata vera e propria, il bouldering alle nostre attitudini ha letteralmente fatto presa a partire dagli anni Ottanta, conoscendo un vero e proprio boom nel ventennio successivo. E sono appunto gli anni in cui Luca Di Biase si è avvicinato a questo sport. «Ho cominciato con Claudio Cameroni, il padre di Giuliano nonché curatore delle guide Ticino Boulder. A quei tempi l’armamentario che ci portavamo appresso era ancora rudimentale: in parete andavamo con la calzamaglia e per attutire le eventuali cadute usavamo dei semplici materassi casalinghi. Ora, invece, è tutto un altro mondo: il bouldering è ormai diventata un’attività fine a se stessa e in parallelo pure tutta l’attrezzatura per la sua pratica ha conosciuto un notevole sviluppo, direttamente proporzionale alla popolarità di questo sport. Anche se, in fondo, gli ingredienti fondamentali per la sua pratica restano tre: un paio di scarpette da arrampicata, un materasso e della magnesite per assicurare una buona presa e nulla più».

La particolarità del bouldering è quella di essere uno sport che si può praticare tanto all’aperto quanto in palestre specifiche. «Attualmente sono tre quelle presenti in Ticino: una a Giubiasco, una Taverne, e una, recentemente aperta, a Genestrerio. A medio termine il quadro indoor cantonale dovrebbe essere completato da un’ulteriore palestra nel Luganese. Tra la pratica all’aperto e quella in palestra, a ogni buon conto, c’è una differenza notevole, sono quasi due sport distinti, soprattutto da quando è stato deciso di inserirlo nel bouquet delle discipline olimpiche: se all’aperto, nella maggior parte dei casi, è più una questione di equilibrio e attrito, in una palestra artificiale è più simile a un parcour, dove tutto, o quasi, ruota attorno a movimenti molto dinamici, fuori equilibrio…».

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