Le visioni interiori di Olga Fröbe-Kapteyn

Donna colta, intraprendente, visionaria e dai molteplici interessi e talenti, Olga Fröbe-Kapteyn è stata una delle figure più stimolanti del panorama culturale della regione del Locarnese dello scorso secolo, già reso particolarmente ricettivo a modalità di vita e di pensiero avanguardistiche grazie alla significativa esperienza di Monte Verità.

Nata a Londra nel 1881 da genitori olandesi, Fröbe-Kapteyn cresce in una famiglia benestante e moderna: la madre era una femminista impegnata nei movimenti di rinnovamento sociale, il padre un ingegnere con una grande passione per la fotografia. Dopo il trasferimento a Zurigo frequenta la Kunstgewerbeschule proseguendo poi la sua formazione in storia dell’arte presso l’Università della città. Cavallerizza, ciclista, sciatrice e alpinista (è stata tra le prime donne ad affrontare l’ascesa al Monte Bianco), si sposa nel 1909 con Iwan Fröbe, flautista e direttore d’orchestra austriaco di origini slovene, e due anni dopo si stabilisce nella vivace Berlino. Con lo scoppio del primo conflitto mondiale fa ritorno a Zurigo dove, nel 1915, dà alla luce due gemelle, una delle quali, affetta da un grave ritardo mentale, verrà uccisa dall’eugenetica nazista. Il marito, che era anche pilota dell’esercito austroungarico, muore nello stesso anno durante un’esercitazione aerea.

Dopo questo periodo difficile di sfide e dolori, Fröbe-Kapteyn inizia a frequentare il Sanatorio del Monte Verità e, affascinata dalla bellezza del Ticino, nel 1920 decide di trasferirsi qui stabilmente, andando a vivere con la figlia Bettina presso Casa Gabriella, a Moscia. Nella quiete di questi luoghi, Fröbe-Kapteyn pratica la meditazione, studia la psicologia e le filosofie orientali, dipinge. Sempre più presa da questi interessi, fonda il famoso circolo Eranos, così chiamato per rievocare lo spirito dei simposi platonici in cui si condividevano proposte e intuizioni. Gli incontri organizzati dalla «grande madre» di Eranos, questo era l’appellativo dato a Fröbe-Kapteyn, erano difatti improntati sul libero confronto delle ricerche sulla spiritualità umana, promuovendo il dialogo tra orientamenti umanistici e scientifici e tra le diverse culture. 

Ciò che li rendeva significativi era proprio l’attitudine ad affrontare ogni tematica secondo una prospettiva interdisciplinare, ai tempi cosa del tutto inusuale se non addirittura guardata con sospetto dal mondo accademico. Il punto di vista olistico di Fröbe-Kapteyn anticipava così molte teorie che si sarebbero sviluppate decenni più avanti, rendendola un’antesignana delle idee legate all’evoluzione delle categorie dell’arte e del pensiero nel XX e XXI secolo.  

Esoterismo, simbologia, teosofia, misticismo, alchimia, religione, astrologia e antichi misteri venivano sondati con metodo e scrupolosità, allo scopo di trovare una loro validità di fronte alla ragione: «Chiunque parli a Eranos esamina la ricchezza delle proprie visioni interiori e cerca di domarle dando loro forma scientifica», diceva Fröbe-Kapteyn ai suoi oratori. Non a caso Carl Gustav Jung, tra i più intransigenti quando si parlava di approcci poco rigorosi, era anche tra i più assidui frequentatori dei convegni, dove poteva trattare argomenti complessi come il concetto di inconscio collettivo.

Parallelamente alle attività di Eranos, Fröbe-Kapteyn ha condotto un’intensa indagine pittorica, sfociata in numerose opere che hanno esplorato riflessioni spirituali e scientifiche, e un’ampia e minuziosa analisi di simboli e archetipi che l’hanno portata a collezionare una mole incredibile di immagini storico-culturali di tutto il mondo. A dispetto della sua intensa attività di pittrice e di studiosa nonché della sua pionieristica visione del sapere, Fröbe-Kapteyn è stata un personaggio sottovalutato per molto tempo, all’epoca ritenuto una sorta di outsider. 

Solo negli ultimi anni è stata riscoperta come artista-ricercatrice ante litteram, complici le tendenze più attuali a considerare nuove forme di conoscenza orientate proprio verso una concezione globale. Forme di conoscenza che ammettono l’importanza di coinvolgere molteplici linguaggi e che, soprattutto in ambito artistico, riescono a cogliere con maggiore chiarezza il valore del legame tra creazione e spiritualità; una connessione, questa, che è stata fondamentale anche per lo sviluppo della corrente astratta nell’arte occidentale. In tale ottica non stupisce allora che Fröbe-Kapteyn sia stata una delle artiste incluse nella mostra Women in Abstraction, allestita nel 2021 al Centre Pompidou di Parigi e al Guggenheim di Bilbao, celebrata insieme ad altre colleghe per il suo contributo alla storia dell’astrazione.

Nonostante questi primi riconoscimenti, Fröbe-Kapteyn non era ancora stata oggetto di una retrospettiva che presentasse la sua attività in maniera esaustiva. Ci ha pensato il Museo Casa Rusca di Locarno, sede più che appropriata per approfondire questa figura così rilevante per il patrimonio culturale del territorio. L’esposizione, curata da Raphael Gygax, si focalizza su quasi vent’anni di produzione artistica di Fröbe-Kapteyn, annoverando anche numerosi inediti, ed è stata l’occasione per pubblicare la prima monografia a lei dedicata, un bel volume edito da Casagrande che ripercorre le varie fasi del suo prolifico lavoro.

La mostra documenta anche la fascinazione della Fröbe-Kapteyn per le immagini e l’iconologia attraverso l’esposizione di alcuni estratti dal suo Archivio di Eranos per la ricerca sul simbolismo

Tra le opere esposte a Locarno c’è una selezione di Tavole di meditazione, realizzate tra il 1926 e il 1934, raffinati disegni geometrici dal linguaggio icastico che rispecchiano l’interesse di Fröbe-Kapteyn per la simbologia e il misticismo. Considerate dalla stessa artista come supporto alla contemplazione e come strumento di apprendimento visivo, queste tavole ci appaiono molto rigorose e sapientemente dipinte con l’utilizzo di pigmenti come il nero e l’oro (quest’ultimo spesso usato per lo sfondo, a richiamare le applicazioni medievali in foglia dorata) così come del blu simile al lapislazzuli e del rosso. Fröbe-Kapteyn vi rappresenta croci, calici, raggi, spade, scale, portali, tutti simboli stilizzati, appartenenti a culture religiose diverse e vicini alle tradizioni esoteriche e alla teosofia, capaci di dare origine a figure astratte che si fanno espressione di pura spiritualità e metafora della ricerca individuale e collettiva di un sé superiore.

Ecco poi le Visioni, disegnate da Fröbe-Kapteyn tra il 1934 e il 1938, in cui incominciano a comparire nuovi motivi scaturiti dall’approfondimento della psicologia analitica e dal suo rapporto intellettuale con Jung. Si tratta di opere dallo stile più figurativo e dai colori più delicati che sviluppano soggetti quali la trasformazione del corpo umano in vegetale, animale o essere divino, l’unione degli opposti e il viaggio cosmico. 

La mostra non manca poi di documentare la fascinazione della Fröbe-Kapteyn per le immagini e l’iconologia attraverso l’esposizione di alcuni estratti dal suo Archivio di Eranos per la ricerca sul simbolismo. Un lavoro, questo, avviato nel 1934 che ha impegnato l’artista per molti anni e che ha portato alla creazione di un registro fotografico tematico di migliaia di elementi, donato poi al Warburg Institute di Londra. Sempre sulla scia della stretta relazione con Jung, l’idea di Fröbe-Kapteyn di avviare l’ambizioso progetto di un archivio dedicato ai fenomeni dell’inconscio rispecchiava il suo obiettivo di «fornire la base per una nuova storia dell’arte scritta dal punto di vista della rappresentazione archetipica», precorrendo così i tempi anche in merito allo studio delle immagini, del loro significato culturale e del loro potere di plasmare la nostra concezione del mondo.

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