Un disco affettivo sulle onde della saudade

Un disco tutto ticinese di bossa nova non lo si vedeva uscire sul mercato forse dai tempi di Anita Traversi… Scherzi a parte, l’album Bossa with my father di Elettra Chiaruttini, uscito nelle scorse settimane, è davvero una graditissima sorpresa. Il disco, come spiega il titolo stesso, frutto di un «lavoro di famiglia» tra Maurizio (che da anni conosciamo come ottimo batterista, ma che qui appare nei panni di chitarrista) ed Elettra, appunto, cantante dalla vocalità carica di saudade.

«In realtà, con mio padre abbiamo iniziato prestissimo ad esplorare il repertorio brasiliano. Anzi probabilmente ascoltavo senza saperlo la bossa nova già prima di nascere, perché lui l’ha sempre suonata e apprezzata». Fin da bambina, quindi, Elettra è «stata esposta», per così dire, a un repertorio di classici che fanno parte della più conosciuta tradizione, quella di Carlos Jobim, di Joao Gilberto, di Vinicius de Moraes.

«Sì, potremmo dire che è stato una sorta di imprinting famigliare. Dai dodici anni, poi, ho iniziato io stessa a cantare accompagnata da lui, e a imparare le canzoni. La cosa curiosa è che non sapevo certo il portoghese ma cercavo di imitare la pronuncia dei cantanti ascoltati sui dischi, e mi rendevo conto proprio di come quella esperienza vocale fosse un elemento fondamentale della musica. E poi è importante dire che si trattava di uno spazio tutto nostro, un momento di condivisione tra noi».

La passione comune, nata quasi per gioco, ha portato Elettra e Maurizio nel corso degli anni ad acquisire una buona padronanza di un repertorio che è certo molto particolare, e richiede una precisa preparazione tecnica. E laddove il papà si occupa con rigore di costruire la struttura ritmico-armonica dei brani, la figlia invece si impegna nell’esecuzione vocale con maggiore libertà espressiva, guidata, come spiega lei stessa, da un sentimento, da uno stato d’animo di fondo.

«Per cantare questa musica bisogna entrare in un mood molto particolare, malinconico, fare forse l’esperienza della saudade, quella indefinibile emozione così profondamente legata al fascino della bossa nova». Tradurre il termine saudadein italiano è molto difficile («sentimento di nostalgico rimpianto, di malinconia, di gusto romantico della solitudine, accompagnato da un intenso desiderio di qualcosa di assente in quanto perduto o non ancora raggiunto», dice la Treccani), ma è interessante scoprire come l’importanza dello stato d’animo dell’esecutore sia analoga a quella provata dai cantanti nel blues, oppure al duende che ispira gli esecutori della musica gitana.

«Un’altra cosa curiosa» continua Elettra, «è che per me la cultura popolare brasiliana è qualcosa di relativamente lontano. La conosco solo attraverso le parole delle canzoni, che ho compreso interamente solo dopo un po’ di tempo. Però sono riuscita, mi dicono, ad avvicinarmi molto alla sensibilità originale. Diversi ascoltatori brasiliani si sono complimentati con me per la genuinità della mia esecuzione».

Elettra Chiaruttini, è comunque una musicista formata: è diplomata in pianoforte, e insegna musica nelle Scuole medie, ma immergendosi nella dimensione musicale della bossa in modo istintivo, riesce a toccare delle corde particolarmente profonde di quella tradizione, cosa che di per sé è davvero ammirevole.

«Sì, l’interpretazione vocale è da parte mia spontanea, anche se nasce dall’ascolto approfondito dei grandi maestri, soprattutto di Joao Gilberto. E per acquisire una maggiore padronanza e capacità tecnica mi sono appena iscritta alla Scuola Civica di Jazz di Milano».

E tornando al suo disco, l’ascolto conferma quanto la performance di Elettra sia del tutto apprezzabile e convincente: la sua è una voce ben presente molto personale condotta con finezza e gusto. «Riascoltandomi, all’inizio, devo dire la verità, mi hanno colpito principalmente le piccole imperfezioni nell’esecuzione. Ma se in un primo momento questa brutta sensazione mi aveva spaventato, i molti riscontri positivi che ho ricevuto mi hanno incoraggiato e mi hanno indotta a relativizzarle. Fondamentalmente sono una persona meticolosa e molto precisa (come mio padre), ma il canto è comunque una forma artistica che si presta all’espressione di uno stato d’animo soggetto a variazioni date dall’emotività». E, da un altro punto di vista, in questa prima prova discografica si trattava di realizzare per lei qualcosa di particolare, al di là delle aspettative puramente tecniche: «Si tratta di un disco veramente affettivo, per me. Un modo per fissare il rapporto molto forte che mi lega a mio padre. È un pezzo della storia della nostra famiglia che volevo scrivere e che in fondo stavo preparando da tempo. La scelta dei brani è stata fatta principalmente da lui, che attraverso molti anni di studio ha approfondito la conoscenza dei vari pezzi. Alcuni sono standard molto conosciuti, come Samba de uma nota Sò, Desafinado, e altri. Poi ci sono pezzi meno celebri, ma molto amati da noi, che li abbiamo suonati per anni».

Per quello che riguarda le esibizioni dal vivo, il disco sarà presentato prossimamente in varie occasioni, utilizzando anche formazioni diverse dal duo «padre-figlia». «Mi piace allargare l’esperienza dal vivo ad altri musicisti, perché aprono i brani a nuove possibilità espressive. Da qualche anno ci capita di suonare questi pezzi in concerto con il trombonista Danilo Moccia (è con lui che abbiamo cominciato a capire cosa significhi fare musica in modo professionale), con il sassofonista Olmo Antezana, che porta nella musica le sue radici sudamericane, e con i percussionisti brasiliani Marquinho Baboo Bacchereti e Gilson Silveira».

Per quel che riguarda i progetti futuri di Elettra Chiaruttini, la sua curiosità musicale sembra si stia incamminando verso nuove direzioni di ricerca: «Sto affrontando un repertorio di brani classici della tradizione sudamericana e spagnola seguendo le tracce di interpreti come la messicana Natalia Lafourcade, l’uruguaiano Jorge Drexler o gli spagnoli Rita Payes, Muerdo e Guillem Roma».

L’«anima latina» di Elettra «Bossa» Chiaruttini si avvierà dunque su nuove strade, non soltanto brasiliane, ma per quel che riguarda noi, ora possiamo godere dello splendido lavoro realizzato a quattro mani con il padre Maurizio. Un disco davvero eccellente, che certo anche Anita Traversi apprezzerebbe…

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