Niente da fare, siamo ancora lì. Agli editoriali dei giornali arrabbiati verso una classe politica che ancora non ha capito che pagare la Posta perché aiuti i giornali tradizionali non è più la soluzione del problema ma è ormai diventato il problema. Nessuno in tutto il mondo può dire di avere la soluzione della crisi che attanaglia l’informazione, e dubito fortemente che sarà la Svizzera a trovare una via d’uscita al dilemma. Dovendo tornare a parlare di questa storia infinita, decido di seguire un consiglio sempre utile per arrivare a perlustrare meglio il futuro: tornate a leggere i classici!
Dato che la crisi dell’informazione non riguarda più solo televisione ed editoria tradizionale ma comprende anche l’industria dell’editoria digitale e delle piattaforme in Rete, tralascio il classico Marshall McLuhan del sempre enigmatico, e un po’ anche sfuggente, «il medium è il messaggio». Preferisco partire da Neil Postman, sociologo e grande teorico dei mass-media, che nel suo Divertirsi da morire preconizzava già quarant’anni fa che i media elettronici avrebbero modellato il mondo dell’informazione mettendosi al posto dell’uomo fino a sostituirlo anche nei ruoli di guida. E aggiungeva questa indicazione: «Il modo migliore per capire una cultura è quello di prestare attenzione agli strumenti di conservazione di cui essa si serve: se fino agli inizi del Novecento gli strumenti principali per tale fine erano state la parola e la stampa, oggi esse rischiano di essere sostituite dai mezzi di comunicazione di massa». Ero però (e sono tuttora) attratto anche da un altro classico: il critico ed editore americano Leon Wieseltier che una decina di anni fa – in un mirabile discorso in difesa dell’umanesimo rivolto agli studenti dell’università Brandeis di Boston – ci aveva inutilmente avvisati che il fatto di vivere «felicemente, addirittura inconsciamente in una società ormai governata dai valori di utilità, velocità, efficienza e convenienza» avrebbe fatto diventare la nostra ragione una ragione strumentale, inducendoci a dimenticare «la ragione dei filosofi, con la sua antica magnitudo di ambizione intellettuale, la sua convinzione che i temi propri al pensiero umano siano i temi più vasti, e che la mente, in un modo o in un altro, possa penetrare i princìpi più autentici della vita naturale e della vita umana».
Segnali chiari anche i suoi: il medium resta sì il messaggio, ma con il digitale il problema da affrontare si è ampliato. Lo stesso concetto filosofico è presente anche nella critica di Neil Postman che alla fine prediligo per trasmettere questa sua previsione: la crisi dell’informazione, perdurando, avrebbe generato un «mondo del cucù», cioè un mondo «senza senso né coerenza» che «non ci chiede nulla né, in verità, ci promette nulla». Ecco la prova che già trent’anni fa qualcuno ci avvertiva che, incontrando completo disinteresse e assenza di controlli da parte delle classi politiche, le nuove tecnologie dell’informazione avrebbero generato un costante adattamento delle masse al «crogiolarsi nell’indifferenza» sino a causare un progressivo indebolimento dei cardini dell’ordine democratico, spianando la via a populismi e nuove dittature.
Un po’ preoccupato per trarre una conclusione da queste premonizioni, di colpo (lo confesso, sullo schermo di un tablet) capto questo richiamo dello scrittore José Saramago: «Il mondo si sta trasformando in una caverna proprio come quella di Platone: tutti guardano le immagini e credono che sia realtà». Il mio giro dei classici raggiunge la vetta: non solo viviamo nel mondo del cucù, siamo anche davanti alla parete della caverna di Platone che, grazie a un immenso fuoco posto alle spalle di chi la abita, riflette ombre che riproducono oggetti (piccole statue di animali, persone e altro) tenuti in mano da altri uomini, nascosti dietro un muretto che divide il fuoco dagli uomini prigionieri. Duemila anni dopo, per intrattenere i nuovi prigionieri e limitare l’uso del pensiero, si sfrutta la luce degli smartphone, dei tablet e dei computer. Sicuri che elemosinare aiuti indiretti (affidati a una Posta che «studia» di distribuire i giornali solo nel pomeriggio) sia l’unica via per uscire dal mondo del cucù?