Case distrutte, militari in azione, sguardi impauriti, ma anche molte storie di solitudini in mezzo al caos, alla guerra. Sono solo alcune delle immagini, molto toccanti, che si potranno vedere durante l’undicesima edizione del Film Festival Diritti Umani che si terrà a Lugano dal 10 al 20 ottobre. Una rassegna che promette punti di vista diversi e molto attuali sui conflitti in corso (Ucraina e Palestina), ma anche su altri temi come le rivendicazioni femminili, le emergenze climatiche e le condizioni detentive dei prigionieri negli Usa.
Undici giorni di programmazione e una trentina di film (tra cui tredici prime svizzere e otto prime per la Svizzera Italiana) nelle sale del Cinema Corso e del Cinema Iride di Lugano per raccontare i diritti umani. Mentre al cinema LUX art house di Massagno verrà proposto – per la seconda volta – il Concorso internazionale di lungometraggi che prevede la proiezione di otto pellicole, tutte in anteprima nazionale.
Opere, come ha tenuto a sottolineare il presidente del festival Roberto Pomari durante la presentazione che «al contrario di altri festival, saranno sottotitolate in italiano. È uno sforzo non indifferente dal punto di vista finanziario, ma è per noi un aspetto importante al quale teniamo particolarmente».
Il festival è stato creato ed è sostenuto dall’omonima fondazione che ne garantisce continuità e attendibilità. «Non solo», ha evidenziato la presidentessa Morena Ferrari Gamba. «Affrontiamo la questione dei diritti umani con conferenze puntuali tutto l’anno, sensibilizziamo sul tema i ragazzi nelle scuole. Tremila sono gli allievi che frequentano il Festival negli undici giorni».
Pomari ha anche sottolineato «il consolidamento delle relazioni e del sostegno istituzionale grazie ad accordi pluriennali che riescono a dare una solida base alla manifestazione e a costruire una programmazione duratura nel tempo».
Il Premio Diritti Umani quest’anno sarà attribuito al regista Avi Mograbi, un documentarista israeliano da sempre interessato al confitto tra il suo popolo e i palestinesi. In particolare, ha sottolineato il direttore Antonio Prata, Avi Mograbi «è critico verso la politica che sta portando avanti il Governo israeliano ed è in favore della pace. Un punto di vista che cerca di mettere nei film, intervistando soldati israeliani pentiti di aver combattuto contro i propri vicini. Il suo è un cinema molto forte, basato su testimonianze, ma è anche, dal punto di vista formale, molto sperimentale». Mograbi sarà a Lugano il 18 di ottobre e per l’occasione saranno proiettati due suoi lavori.
Oltre al premio, il festival propone una masterclass con il regista e sceneggiatore italiano Daniele Gaglianone, «un autore che ha segnato gli ultimi 30 anni del documentario italiano, ma non solo» dice Prata. Gaglianone è un regista che spesso e volentieri si è concentrato su tematiche umanitarie come la marginalità, ma non ha disdegnato di occuparsi della storia e della memoria del suo Paese.
E il concorso? Lo illustra lo stesso direttore. «Non è stato semplice – tra le cento pellicole ricevute – sceglierne otto. Abbiamo voluto dare spazio sia a produzioni indipendenti, sia a opere con budget più importanti e una struttura più solida alle spalle. Una varietà d’offerta che abbiamo sottolineato con la loro provenienza: dall’Europa, dagli Usa, dal Canada e dal resto del mondo».
Le opere concorreranno per il Premio della giuria e per il Premio del pubblico, oltre al Premio ONG, che quest’anno sarà consegnato da FRASI, un’associazione che opera a favore dei diritti di persone che si trovano in condizioni di vulnerabilità, in particolare di bambini e donne. «Storie intime e familiari, ma anche conflitti, lotte per la difesa del territorio e l’affascinante intreccio tra storia naturale e mito: i film del festival offriranno una visione profonda e diversificata della realtà contemporanea», ha spiegato il direttore.
Come accennato all’inizio, la presenza degli studenti è sempre stata un punto di forza del festival. Per questa ragione i curatori hanno selezionato sei film per coinvolgere attivamente i ragazzi che, dopo le proiezioni, avranno l’opportunità di partecipare a incontri e approfondimenti con esperti e figure chiave legate ai temi trattati. Quest’anno si va dalla gentrificazione climatica al film realizzato da un collettivo israelo-palestinese che mostra la distruzione di Masafer Yatta in Cisgiordania. Passando per la storia delle donne Yazidi, rapite durante l’invasione dell’Iraq da parte di Daesh nel 2014 e dei loro bambini nati dalla violenza. Il popolo delle donne dell’artista e regista Yuri Ancarani evidenzia il rapporto fra la crescente affermazione sociale delle donne e l’aumento della violenza sessuale maschile. Sarà poi la volta di un film che documenta quanto succede in un carcere di massima sicurezza in California e si parlerà pure della visione della guerra a Kharkiv, da parte di due bambini che cercano di mettersi in salvo.