E se tornassimo ai fasti di un tempo?

by Claudia

Dopo la rinascita dalle sue stesse ceneri, il Football Club Lugano è tornato a essere parte stabile dell’élite nazionale. Negli ultimi anni si è persino ritagliato uno scampolo di paradiso, con tre finali di Coppa Svizzera (una vinta) e una serie di ottimi piazzamenti in campionato, che gli hanno consentito di flirtare con l’Europa.

Dal canto suo, l’Associazione Calcio Bellinzona, in questa ristretta élite, ci vorrebbe tornare. Nella capitale non si scherza. I Granata, con un mercato ancora aperto, con l’ingaggio di capitan Sabbatini, una delle icone dell’ultimo Lugano, e con il successo sul campo del Thun, uno dei candidati alla promozione in Super League, mirano a un posto nella massima serie. Senza l’inghippo «tecnico-amministrativo» costato la sconfitta a tavolino contro il Wil, il club presieduto dall’ex sindaco Brenno Martignoni Polti sarebbe ancora più in alto. Tutto a gonfie vele, quindi?

Qualche perplessità sorge a proposito della presenza di due club ticinesi nella prima fascia del calcio nazionale. È vero che in passato ne abbiamo avute anche quattro, con Chiasso e Locarno a fare la spola tra A e B. È altrettanto vero che, ciclicamente, ci si è avviati verso un’unica squadra ticinese d’élite, attraverso una sorta di processo di selezione naturale. Era capitato una ventina di anni fa con il Lugano del presidente Helios Jermini, che veleggiava come se fosse Alinghi, in un contesto in cui le altre tre società, per ragioni diverse, erano vicine al naufragio. Poi ci fu il fallimento del Lugano, con il povero Jermini finito nelle acque del Ceresio, zavorrato da debiti pesantissimi. Ci fu un azzeramento.

I quattro club si presentarono di nuovo ai cancelli di partenza alla ricerca dell’Eldorado. A imporsi, ancora una volta, sono stati i bianconeri, complici i fallimenti delle tre rivali.

Il Ticino è però un caso speciale. Lo spirito di campanile è una delle nostre principali peculiarità, non meno del boccalino di Merlot o della polenta e brasato. Non siamo mica il Vallese, che si accontenta di un «ballon de Fendant avec râclette», e punta tutto sul Sion! Da noi, nessuno vuole cedere il passo. Chiasso e Locarno hanno ancora del cammino da percorrere per poter respirare il grande calcio. Il Bellinzona, invece, si ricandida. Calcisticamente ci potrebbe stare. In Super League regge il Winterthur, stretto nella morsa Zurigo-Grasshoppers. E pure l’Yverdon, anche se offuscato da Losanna, Servette e Sion. Quindi, perché non anche il Bellinzona? Se da svariati decenni riusciamo ad avere due squadre nel massimo campionato di hockey su ghiaccio, perché non provarci anche nel calcio? Qui sta l’inghippo. Nell’hockey, la rivalità tra Lugano e Ambrì-Piotta è una sorta di autoalimentatore in grado di convogliare sui due schieramenti entusiasmo e risorse finanziarie.

Nel calcio, questo non accade. A Lugano ci si basa su una struttura societaria solida e professionale, eredità potenziata di quella lasciata dall’ex presidente Angelo Renzetti. Una struttura che può contare sul denaro dell’imprenditore miliardario italoamericano Joe Mansueto, e anche sul carisma di un allenatore nostrano come Mattia Croci-Torti. Tuttavia, e soprattutto nonostante gli ottimi risultati e l’eccellente qualità di gioco, l’entusiasmo popolare stenta a decollare. Una media di 11mila bianconeri hanno affrontato la trasferta a Berna in occasione delle tre finali di Coppa Svizzera. Ma a Cornaredo, si fa fatica staccarsi dalle 3mila presenze.

Bellinzona è stata tradizionalmente una piazza calda. Un tempo, il Comunale stracolmo era la regola. Oggi, i granata fanno fatica a rilanciare l’affetto e la passione dei fans. La squadra vola sul campo. Ma la società, nelle redini della famiglia Bentancur, non fa l’unanimità. Con i tifosi granata divisi e non più motivati come un tempo a prendere la via dello stadio, le premesse non sono delle migliori. Tuttavia, si sa, nel calcio, un ruolo fondamentale lo giocano le emozioni.

Se Manuel Benavente e Mario Rosas Montero riusciranno a mantenere la squadra ai vertici, il dio del calcio potrebbe completare il miracolo e riunire di nuovo tutti attorno ad un colore. Per un club dal passato glorioso come quello granata, l’essenziale sarà compiere il passo secondo la gamba, onde evitare il ripetersi di spiacevoli scivoloni.

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