Germania: il 66enne amburghese mantiene la sua tipica flemma anseatica, ma il Governo che guida è profondamente in crisi
Il cielo è terso a New York e Olaf Scholz, il 23 settembre scorso, sorride, nel suo elegante gessato blu, nel giardino del palazzo dell’Onu. Dove il Kanzler annuncia ai telespettatori in Germania di aver appena firmato un documento di 30 pagine, «un “Patto per il futuro” per risolvere i problemi del pianeta», dice orgoglioso in tv. Peccato che il giorno prima, dall’altra parte dell’Oceano, a Potsdam, capoluogo del Brandeburgo, la Spd del cancelliere ha evitato per un soffio un’altra batosta elettorale. Il simpatico Dietmar Woidke infatti, premier Spd nel Brandeburgo, ha ottenuto il 30% dei consensi. Ma il partito d’estrema destra della Afd, ha riscosso il 29% dei voti. In Sassonia e Turingia, dove si era votato a inizio settembre, Afd ha spuntato rispettivamente circa il 31% e quasi il 33%. Per non parlare dei successi, nei tre test regionali, del partito d’estrema sinistra di Sahra Wagenknecht, la BSW, che con le sue posizioni pro Putin, e contro i migranti ha rastrellato oltre il 12% dei consensi. Sia per i Verdi del ministro dell’economia Robert Habeck sia per i liberali della Fdp, invece, gli ultimi test elettorali sono stati una catastrofe: nel Brandeburgo e in Turingia i Grünen non hanno superato la soglia del 5%, i liberali si sono eclissati, crollando in Brandeburgo sotto l’1%.
Segnali evidenti che non è solo la Spd a essersi avvitata in una profonda crisi, ma tutta la coalizione-semaforo a Berlino tra Spd, Verdi e la Fdp del ministro delle Finanze Christian Lindner. Un Governo guidato dal Kanzler Scholz che fa acqua da tutte le parti. A dar retta ai sondaggi pubblicati a fine settembre dalla Faz, appena il 3% degli interpellati si dichiara soddisfatto del suo lavoro. Se domenica andassero a votare, il 35,5% dei tedeschi darebbero il voto alla Cdu di Friedrich Merz; e solo il 16% alla Spd di Olaf Scholz. Che diventerebbe quindi il terzo partito in Germania, superato persino dai radicali di Afd (al 17%).
Una convivenza tossica
L’atmosfera nel Governo è talmente tesa che la convivenza tra socialdemocratici, Verdi e liberali è «ormai tossica per lo sviluppo economico del nostro Paese», spiega Bijan Dijr-Sarai, segretario dei liberali. Ministri e frazioni parlamentari battagliano da mesi su tutto, specie su come far quadrare il bilancio, e far ripartire l’ex «locomotiva» Germania, che ha perso in competitività. «Possiamo salvare il nostro benessere?», titolava in prima pagina il settimanale «Die Zeit» il 26 settembre. Tra Friedrich Merz, presidente della Cdu e candidato alla cancelleria, e Olaf Scholz è scontato chi goda nei tedeschi di più fiducia: per il 47% di loro, in un sondaggio pubblicato da «Stern», sarebbe Merz oggi «a dare più impulsi all’economia tedesca». Solo il 16% riconosce a Scholz una qualche competenza in economia.
Non è tutto. Dopo il brutale attentato a Solingen che lo scorso agosto ha scosso la Germania, la questione dei migranti e del diritto di asilo è diventata una spina nel fianco per Scholz. Nancy Faser, ministro degli Interni della Spd, ha annunciato più controlli alle frontiere e il respingimento di afgani pregiudicati. Ma la linea dura invocata da Scholz sta smuovendo forti resistenze sia all’interno della Spd sia tra i Verdi. Di questo clima di estrema tensione nell’Esecutivo e Parlamento sono in particolare le truppe dei Verdi e i liberali a risentirne. Dopo la lunga serie di sconfitte elettorali (già alle Europee di giugno i Verdi avevano incassato il 12%, cioè il 9% in meno delle Europee precedenti) Ricarda Lang e Omid Nouripour, il duo che dal gennaio 2022 è alla presidenza dei Grünen, ha gettato la spugna, insieme all’intera direzione nazionale dei Verdi.
«Il risultato elettorale nel Brandeburgo è la più grande crisi del nostro partito da una decade», ha sintetizzato Nouripour. Tra i giovani sotto ai 30 anni, i Verdi hanno perso il 18% delle simpatie (mentre la Afd ha registrato tra i più giovani il 10% in più). Robert Habeck in ogni caso, il vice Kanzler dei Verdi, non ha dubbi su chi sarà il prossimo candidato dei Grünen alle politiche del 2025: lui, e non Annalena Baerbock, l’attuale ministro degli Esteri. Se nella centrale dei Verdi già si confabula di coalizioni con la Cdu, per Cristian Lindner, il ministro delle Finanze dei liberali, il futuro si restringe al prossimo Natale. «L’autunno delle decisioni è iniziato», ha detto Lindner dopo la catastrofe di Potsdam (dove la Fdp ha ottenuto un risicatissimo 0,8 per cento). Molti fra i liberali, tra cui il vice-presidente Wolfgang Kubicki, scommettono che il «semaforo» di Berlino ha i giorni contati. Scholz sarà Kanzler anche il prossimo inverno? Il 66enne amburghese mantiene la sua tipica flemma anseatica. «Ripeterò ciò che abbiamo fatto ora nel Brandeburgo e alle ultime politiche, e nel 2025 la Spd sarà il partito più forte», giura lui.
È vero che nel 2021, dopo i sedici lunghi anni dell’era Merkel, Scholz ce la fece, contro tutti i pronostici, a vincere le elezioni. Allora puntò tutto sul tema del salario minimo, e sul valore del «Rispetto». Già, ma oggi su cosa punterebbe Scholz che, a quanto pare, è davvero intenzionato a ripresentarsi alla corsa per la cancelleria del 2025? «Per me contano le persone normali, con dei desideri normali; la gente che non si lamenta, ma che le cose le fa», così Scholz, il sedicente Kanzler «della normalità».