Modello Han di BYD presentato da poco in Italia: coniuga lusso e sicurezza. (M. A. Cucchi)

Costruttori cinesi alla conquista dell’Europa

by Claudia

Byd, Dongfeng, Omoda. Nomi che sino a un paio di anni fa in Europa non erano quasi mai stati pronunciati. Sono quelli di tre grandi costruttori cinesi che oramai sono sbarcati con i loro modelli in tutta Europa. Basti pensare che il Gruppo Chery, fondato nel 1997, di cui fa parte Omoda produce 1’900’000 veicoli all’anno di cui 900’000 destinati ai mercati esteri. Se ad oggi non è ancora presente in Svizzera, presto probabilmente lo sarà.
Da anni assistiamo al lancio di nuovi modelli. Che si tratti di face lifting o versioni completamente inedite, le presentazioni si susseguono a ritmo serrato. Non siamo invece abituati al debutto sul mercato di nuovi costruttori automobilistici.

Anzi. I costruttori europei come Mercedes, Audi, Bmw, Fiat e Peugeot hanno una storia che è iniziata nel Novecento. Ecco allora perché merita particolare attenzione il debutto di nuovi costruttori nel nostro mercato. E se Ferrari, Porsche, Lamborghini ma anche Peugeot e Citroën erano cognomi di persone che hanno fondato Case automobilistiche, il nome Omoda è invece per esempio stato studiato a tavolino. È formato da due parti, una che indica un tono positivo ed energico, la «O» di ossigeno, l’ingrediente essenziale della vita e «Moda», stile di vita, al passo coi tempi.

Ora parliamo di tecnologie. Chi pensa che i cinesi sbarchino in Europa solo con l’elettrico sbaglia. In realtà tutte e tre i marchi hanno alimentazioni esclusivamente termiche (benzina), ibride, oppure completamente elettriche. Va detto: tre quarti delle automobili in arrivo dalla Cina hanno un motore a scoppio. Il modello con cui Omoda debutta sul mercato europeo e che abbiamo potuto provare si chiama semplicemente «5». Si tratta di un crossover lungo 4,40 metri e dalle misure capiamo che è confrontabile con modelli come Dacia Duster o Nissan Qashqai o con auto anche un po’ più grandi come Kia Sportage e Volkswagen Tiguan. Vero che è alimentata a benzina, ma il pianale è già predisposto con uno spazio per ospitare le batterie. Il prezzo di listino? In Svizzera si potrebbe parlare di 30’000 franchi con quasi tutto di serie. Insomma, un ottimo «value for money».

Passando a Dongfeng, ha invece mostrato in occasione del salone di Torino un’utilitaria elettrica lunga 4,02 metri che tra i suoi punti di forza ha il bagagliaio modulabile fino a 945 litri. Si tratta di una vettura solo elettrica con due taglie di batterie da 32,6 e 43,9 kWh di capacità abbinati a un Power Train da 95 cavalli che promettono un’autonomia che dovrebbe essere tra i 330 e 430 km. Il prezzo? Potrebbe essere di poco superiore ai 20’000 franchi. E in ultimo parliamo di BYD (Build Your Dream). In questo caso abbiamo avuto modo di testare la Han. Si tratta di un’ammiraglia lunga 5 metri con oltre 500 cavalli dove il lusso e la sicurezza sono di serie. Il prezzo? Intorno ai 70’000 franchi. E anche in questo caso ci rendiamo conto che il prezzo fa la differenza. Diverse decine di migliaia di franchi in meno rispetto ai concorrenti tedeschi. Ed ecco allora che le conseguenze per i costruttori europei si fanno sentire.

«Il contesto economico è diventato ancora più difficile e nuovi concorrenti stanno entrando nel mercato europeo», ha dichiarato l’amministratore delegato del gruppo Volkswagen Oliver Blume in un comunicato. Il marchio VW, il più grande del gruppo in termini di vendite, ha contribuito a meno di un decimo dell’utile operativo totale nel primo semestre. Il suo margine è stato solo del 2,3%, o del 3,6% escludendo i costi di un piano di licenziamento – ha scritto il «Wall Street Journal». In particolare, la casa automobilistica di Wolfsburg ha bisogno di tagliare dieci miliardi di euro di spese entro il 2026. Per farlo, il gruppo starebbe valutando la chiusura di una grande fabbrica di automobili e di un impianto di produzione di componenti (gli analisti indicano come papabili gli stabilimenti di Osnabrück, in Bassa Sassonia, e di Dresda, in Sassonia) e la rottura del patto ormai trentennale con i sindacati: siglato nel 1994, esso prevedeva il congelamento dei licenziamenti fino al 2029. Per il gruppo, proprietario anche di Audi, Seat, Cupra, Škoda Auto, Bentley, Lamborghini e Porsche, l’azienda di Wolfsburg rappresenta la principale fonte di vendite. Ora sarà anche il primo marchio a subire una riduzione dei costi finalizzata alla razionalizzazione delle spese da affrontare per sostenere la transizione verso l’elettrico. Tirando le somme, si deduce che il mercato dell’auto sia in una fase di transizione, non soltanto tecnologica ma anche a livello di brand. Non siamo così certi che tra dieci anni sui cofani delle auto ci saranno ancora i loghi che siamo abituati a vedere oggi. Quindi conviene forse abituarsi a questi nuovi Brand che oggi sono al debutto ma che tra 10 anni potrebbero essere più che consolidati.

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