Teatro Forum: la Compagnia Uht porta in scuole, aziende e altri gruppi di persone spettacoli su temi importanti,in cui il pubblico può intervenire per imparare a comunicare meglio
La questione del consenso; le nostre fragilità; alzare la voce; indebitarsi; come curare al meglio una persona anziana affetta da demenza… Di tutto si può parlare, di tutto si può chiedere, provare a capire, confrontando le proprie idee con quelle degli altri. Questo ce lo permette una tecnica che si chiama Teatro Forum, che arriva da un metodo nato negli anni Settanta in America Latina, il «Teatro dell’Oppresso», ideato da Augusto Boal. Ancora oggi è considerato uno dei modi più efficaci di metterci in questione. Lo scopo non è tanto trovare risposte o capire tutto, bensì insinuare domande nei nostri cervelli, fare giardinaggio fra le nostre convinzioni, provare a metterci in una situazione conflittuale per vedere come ci si sente e come si potrebbe affrontarla.
Funziona così: c’è uno spettacolo, piuttosto corto, con alcuni personaggi che interagiscono e poi quando lo spettacolo è finito gli attori riprendono il copione da capo ma questa volta il pubblico può fermarli e intervenire per dire che cosa si potrebbe fare di diverso.
Ho assistito a un pomeriggio di Teatro Forum alle Scuole Medie di Acquarossa, in cui la Compagnia ticinese Uht portava un progetto che praticamente in ogni scuola del Cantone viene proposto a tutte le classi di adolescenti. Il tema è l’utilizzo consapevole dei dispositivi digitali e i rischi che possono derivarne; il titolo dello spettacolo è Per un pugno di like.
Tre attori in scena, tre giovani che con i telefonini combinano un casino: uno manda alla sua amica una foto piccante e le chiede qualcosa di simile in cambio. «Perché siamo amici», le dice. Lei non vuole, ma alla fine cede; «Solo a te», si raccomanda. Poi però il suo amico la tradisce e manda la foto intima a un altro compagno che ha l’ossessione dei like e che divulga l’immagine a tutta la scuola. La ragazza sarà così sui telefonini di tutti i suoi compagni, in un modo in cui lei non avrebbe mai voluto mostrarsi in pubblico. I ragazzi e le ragazze di Acquarossa ridono in vari momenti dello spettacolo, perché il tono resta spesso giocoso e divertente, ma mormorano quasi in coro «Oh nooooo», quando succede il disastro finale. Gli attori impersonificano vari altri personaggi, anche adulti, come i genitori e gli insegnanti, ognuno con i suoi pregi e i suoi difetti.
Gli attori si fermano, c’è l’applauso e poi un’attrice si presenta come «Joker», cioè la persona che ha un ruolo di coordinamento: «Adesso rifaremo questa storia ma d’ora in avanti voi potete alzare la mano ogni volta che qualcosa vi sembrerà sbagliato nel comportamento dei personaggi».
Rimango sbalordita dalla voglia di partecipare a cui assisto; prima alzano la mano solo i più coraggiosi, che comunque sono un bel gruppetto. Poi piano piano la alzano tutti almeno una volta. L’attrice che fa il Joker se li ricorda e sta attenta a chiamarli tutti prima o poi. Non giudica mai ciò che viene detto, non obbliga mai a salire sul palco, ma prova a fare esprimere lo studente e poi propone di prendere il posto di uno dei personaggi per provare a vedere se quell’idea funziona. In generale ci si deve mettere al posto di quello che subisce, per vedere come si può rispondere a un prepotente, a qualcuno che insiste quando tu non vuoi, qualcuno che ti dà fastidio, che ti denigra e così via.
Ne escono spunti interessanti di discussione: ho il diritto di dire di no a un amico che mi domanda qualcosa gentilmente? Quali parole posso usare? Quando posto una fotografia metto quello che piace di più a me o quello che piace di più agli altri? Cosa faccio se qualcuno mi manda la foto intima di un’amica? Di chi è la foto: della persona che l’ha scattata, di quella che vi è raffigurata o di quella a cui la si manda? Cosa faccio se vedo un amico in difficoltà? E soprattutto: c’è modo e modo per dire le cose. Ci sono parole più efficaci e parole, toni o atteggiamenti che invece non portano a nulla. Il progetto è promosso e accompagnato dal Centro risorse didattiche e digitali del Decs che prepara gli insegnanti a elaborare in classe quello che è avvenuto durante il Forum.
La Compagnia Uht è un’associazione nata nel 2009 da una costola dei Giullari di Gulliver proprio per portare in Ticino i primi spettacoli di Teatro Forum. Gli attori sono Antonello Cecchinato, Piera Gianotti, Claudio Riva, Alessandra Ardia, Gaby Lüthi, Giancarlo Sonzogni, Daniele Stanga e Prisca Mornaghini. Ora hanno una decina di spettacoli già pronti, che le sono stati commissionati da vari enti. Alcune sono proposte dedicate ai giovani, altre al mondo della cura, un’altra ancora affronta la questione dell’indebitamento e uno spettacolo parla di «come invecchiare bene». Sono progetti più che altro finanziati dal Cantone, per cui chi li propone non deve pagarli di tasca propria.
Gli attori si sono formati con la regista Sissi Lou Mordasini, allieva di Augusto Boal, inventore di questo metodo. «Cerchiamo di mantenere una certa leggerezza nonostante la delicatezza dei temi, per rilassare il pubblico e indurlo a partecipare di più dopo. È il nostro stile, l’impronta che a noi piace dare», racconta Prisca Mornaghini, che ha quasi sempre il ruolo di Joker, cioè guida l’incontro tra la scena e il pubblico. «Proviamo a spingere la riflessione lontano, incoraggiamo a prendersi una responsabilità nei confronti di una sopraffazione, una violenza, un’ingiustizia che ci riguarda, più o meno direttamente. Tocchiamo poi tanti temi trasversali: per i giovani per esempio il rapporto con sé stessi, con i genitori e con gli insegnanti; per gli over sessanta a cui è dedicato il Teatro Forum sull’invecchiamento, c’è il tema della qualità di vita, la solitudine, l’abuso di alcol. Potremmo inventare spettacoli su molti argomenti conflittuali dei nostri tempi, credo però che l’aspetto fondamentale giri sempre intorno alla comunicazione non violenta: si fa esperienza di come si possano esprimere le proprie idee, con convinzione ma senza aggressività. A volte è bene aprire un dialogo, altre volte basta un no, e non bisogna per forza argomentare. Ci sono modi per dire qualcosa di negativo a qualcuno senza attaccarlo, c’è la chiarezza e il rispetto di sé stessi e dell’interlocutore, che sono molto importanti da conoscere: sono tutti aspetti di un buon modo di comunicare». Prisca racconta un aneddoto: «Una volta, una figura professionale di una casa anziani che non si occupava direttamente degli utenti, ma che svolgeva una mansione amministrativa ci ha detto: “Dopo il Teatro Forum ho cominciato a salutare le persone anziane che mi passavano davanti al lavoro; prima non rivolgevo mai loro la parola, perché pensavo non fosse mio compito. Adesso le vedo più umane e mi viene naturale guardarle negli occhi e salutarle”. Il Teatro Forum ha anche questa conseguenza: umanizza».
«Sperimentando sulla propria pelle – raccontano ancora gli attori di Uht – anche solo da spettatrice, tu vivi le situazioni e le possibili soluzioni meglio che se hai solo letto un manuale con scritte le regole da seguire; ti aiuta a ricordare meglio, diventa più concreto. A volte sai benissimo cosa fare, ma quando ti trovi sulla scena, capisci che non è facile, insomma è un po’ più simile alla vita vera. Magari puoi comprendere meglio anche gli altri: spesso c’è una zona grigia tra il giusto e lo sbagliato e fa bene confrontarsi con le sensibilità delle altre persone. Crediamo che sia questo il potere delle storie: immedesimarsi. E noi proviamo a dare il nostro contributo con il teatro, come sappiamo fare noi, nella lotta alla violenza, alle dipendenze o ai soprusi».