Tra musica e scena

Tra i fondatori della Compagnia Finzi Pasca, compositrice e coreografa, Maria Bonzanigo ci racconta le musiche create e composte per Titizé – A Venetian Dream.

Partiamo dall’inizio…
Ho letto la storia di Venezia, mi sono documentata su tanti aspetti. Mi sono posta il problema di come richiamare una tradizione senza banalizzarla. Per prima cosa ho scritto le musiche, che successivamente ho registrato con l’Orchestra di Padova e del Veneto diretta da Pasquale Corrado. Poi, però, sulla scena arriva anche il momento di vestire un interprete con la musica, e allora, durante le prove, prendo le misure. Che sia un musicista professionista o qualcuno che magari fa qualcosa di semplice musicalmente: il mio obiettivo è riuscire a dar spazio all’interprete perché possa esprimersi al meglio nel suo colore. Questo è come mi piace lavorare con chi sta sulla scena. Bisogna trovare una specie di aggiustamento, far sì che uno si senta a suo agio. Sono aperta a costruire la musica anche sulla scena.

Nello spettacolo ascoltiamomusica dal vivo e brani registrati.Quali strumenti ha scelto di mettere in risalto nelle musiche incise con l’orchestra?
Tra gli strumenti dell’orchestra ho messo in risalto gli archi, certi loro particolari colori musicali. Gli archi sono stati per Venezia importantissimi. Per me l’orchestra aveva il compito di restituire l’effetto dell’acqua in continuo movimento, senza un punto fermo, quest’acqua che si alza che si abbassa. Poi c’è anche il coro Città di Piazzola sul Brenta del maestro Paolo Piana, mentre in scena è presente un controtenore, che fa pensare a Farinelli, a un certo uso della voce e di certi abbellimenti che si sono sviluppati proprio a Venezia.

La Serenissima porta con sé un immaginario ben codificato: come valorizzare la tradizione musicale senza scadere in stereotipi?
Titizé, nel titolo, nasce da una frase in dialetto veneziano: ti ti zé, «tu sei». Parole che aprono alle domande: chi sei? Com’è questa Venezia? Chi sei tu? Domande che abbiamo voluto rivolgere anche al pubblico, con l’idea che ciascuno possa ritrovare il proprio sogno veneziano.

L’atmosfera è onirica, ci sonodelle sonorità che ci riportanoai giorni nostri?
C’è un momento più vicino al jazz, l’ho pensato per raccontare una Venezia anacronistica: nello spettacolo ci sono accostamenti musicali tra quello che uno s’immagina della Venezia del Settecento, del Seicento, insomma del momento in cui Venezia era al suo massimo splendore e poi anche una Venezia più vicina a noi, magari anche più moderna, all’epoca dell’apertura del Lido, della Mostra del Cinema. Questi abbinamenti anacronistici ci restituiscono una Venezia a tutto tondo. Ma comunque per me, al centro di tutto, c’è il desiderio di rappresentare il suono dell’acqua, attraverso i colori orchestrali che ho usato in certi momenti, che sono più dei passaggi che dei brani veri e propri, oppure attraverso sonorizzazioni che ho registrato in giro per Venezia e che poi ho utilizzato nello spettacolo.

La parola in questo spettacolo si fa rarefatta e allora la musica diventa protagonista insieme alla scenografia e agli interpreti.
Per Titizé mi sono ispirata a certi proverbi e alla loro musicalità. Ogni brano ha un titolo che corrisponde a un proverbio veneziano, come ad esempio: «Se no ghe fosse el ponte el mondo sarìa un’isoea» (se non ci fosse il ponte, il mondo sarebbe un’isola). Per me i proverbi racchiudono tanto di un luogo, racchiudono il sentire della gente. Intenzionalmente c’è poco testo per proporre lo spettacolo a un pubblico internazionale, però c’è anche un po’ di veneziano: ci sono due interpreti, artisti multidisciplinari, che in una scena recitano in veneto e lì il testo diventa quasi suono; i veneziani lo capiranno, ne saranno felici e divertiti, ma anche chi non lo capisce resterà affascinato dalla sonorità delle parole.

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