Con l’Albergo diffuso Corippo guarda al futuro

Corippo è morto, viva Corippo. Il paese è quasi disabitato, ma l’Albergo diffuso rappresenta il futuro: una sfida esemplare per una valle discosta come la Verzasca. Era il comune con meno abitanti della Svizzera fino al 2020, anno in cui è diventato frazione di Verzasca, frutto dell’aggregazione. Nel 1850 aveva quasi trecento abitanti, nel duemila 22 e oggi tredici. Il paesino abbarbicato sul lato destro della valle si è salvato dalla decadenza annunciata grazie all’intervento di Cantone e Confederazione che, con il Comune, nel 1975 hanno costituito una Fondazione, nata grazie allo stimolo dell’Anno europeo del patrimonio architettonico, indetto dal Consiglio d’Europa. Già nel 1980, il presidente della Fondazione, l’allora consigliere di Stato Fulvio Caccia, spiegava che l’obiettivo dell’«esperimento Corippo» non era di creare un paese museo, «un pericolo presente alla Fondazione fin dall’inizio», ma di garantire investimenti per opere infrastrutturali, fra le quali l’acquedotto e i posteggi, che potessero permettere a famiglie di tornare a vivere nel comune.

Quell’obiettivo è fallito. Ripopolare Corippo non è stato possibile. Quindi la Fondazione ha impiegato qualche decennio per rimettersi in moto, finché nel 2006 è partita l’idea di Albergo diffuso e nel 2014 il Gran Consiglio ha approvato il nuovo credito per sostenere l’operazione di rilancio del comune.

Dalla Carnia alla Verzasca

Vale la pena di accennare alle origini del concetto di Albergo diffuso perché riguarda una personalità che è stata attiva in Svizzera per tanti anni: Leonardo Zanier, sindacalista, educatore, poeta in dialetto friulano e intellettuale prolifico. Zanier fu promotore in Carnia, sua terra d’origine, fin dal 1978, dell’Albergo diffuso che aveva l’obiettivo di recuperare a fini turistici case e borghi ristrutturati a seguito del terremoto del 1975. Al programma di riconversione e sviluppo delle abitazioni partecipò anche la compagna di vita di Leo, Flora Ruchat, una delle intelligenze più vive dell’architettura ticinese e svizzera.

Finalmente nel 2022 l’Albergo diffuso di Corippo è diventato realtà. Due giovani, Jeremy Gehring e Désirée Voitle, hanno accettato la sfida di vivere a Corippo per gestire l’albergo e il ristorante di qualità che rappresenta il centro vitale della struttura. La piazza del villaggio è la hall dell’hotel, le stradine i corridoi; le camere, una decina, sono distribuite in diversi rustici riattati con cura minimalista. Jeremy ha lavorato in ristoranti stellati prima di approdare a Corippo per «trasformare ciò che la natura ci offre in una cucina generosa e gourmet che va dritta al cuore». Désirée ha un diploma in gestione alberghiera e si occupa della ricezione e delle camere.

Rilancio come sfida culturale

È pensabile e fattibile rilanciare Corippo a scopi turistici? Non c’è il rischio di musealizzare? «Più che di rilancio, mi sembra si debba parlare di uso, di quale uso o nuovo uso fare di patrimoni della civiltà rurale ormai tramontata come quello di Corippo», ci spiega il filosofo Raffaele Scolari. «Il turismo costituisce senz’altro un’opportunità, anzi, in termini economici appare come l’unica possibilità di sviluppo, ma cela alcune insidie, fra cui la museificazione o, peggio, la disneylandizzazione e quindi la cancellazione della “storia viva”, ossia della storia che può ancora parlarci e interrogarci a prescindere dalle nostre origini. L’Albergo diffuso è da considerare come un primo passo, come un mezzo in vista di un fine, che non è solo economico ma anche o soprattutto culturale. Rendere fruibili località come Corippo è un processo che richiede molta attenzione e impegno. Occorre creare occasioni “intelligenti” per andare a Corippo, ossia momenti di approfondimento e di conoscenza del passato, ma pure di riflessione sul presente, sull’inarrestabile consumo e banalizzazione dei territori in cui viviamo. In questo non vi è niente di elitario: il consiglio di fondazione ha elaborato un piano di attività che comprende eventi rivolti al cosiddetto grande pubblico, programmi di attività per le scuole e incontri di approfondimento, gli “Incontri di Corippo”. Altre attività sono pensabili, per esempio seminari e giornate di ricerca concordate con scuole superiori e università».

«Non credo che ci sia il rischio di musealizzare – ci dice l’architetto Edy Quaglia, progettista dell’Albergo diffuso – lo scopo turistico si deve allargare a proposte concrete. L’esecuzione della prima fase ha posto l’obiettivo di valorizzare l’esistente nella sua integrità evitando di creare un museo. Una strada percorribile, oltre a quella del soggiorno, può essere quella seminariale legata alle diverse forme dell’arte, come fotografia, ceramica, letteratura, eccetera, valorizzando gli spazi abitati e il territorio circonstante. Non bisogna dimenticare che al centro del progetto vi è il paesaggio».

Una nuova utopia del territorio

«Che cosa cerchiamo quando andiamo in luoghi come Corippo?», si chiede Scolari. «La nostalgia esprime un anelito per qualcosa che è andato perduto, il dolore per qualcosa di cui sentiamo la mancanza; ma facilmente si trasforma in un sentimento regressivo, in una idealizzazione di un passato che in realtà era tutt’altro che idilliaco. Chi va a Corippo vede un grumo di edifici aggrappati a una gobba della montagna, realizzati con materiali poveri, ma aventi una qualità urbana che non troviamo mai o quasi mai negli insediamenti realizzati ai nostri giorni. Non che le “soluzioni urbane” di Corippo possano e debbano essere riprodotte oggi, nondimeno dai modi di stare assieme, di fare comunità di cui essi danno prova, qualcosa possiamo imparare o quantomeno da essi possiamo trarre ispirazione per riflettere sui territori del presente e impegnarci per riqualificarli. In questo senso luoghi come Corippo potrebbero essere assunti come luoghi della nuova utopia del territorio».

Che fare del patrimonio architettonico della nostra tramontata civiltà rurale? «Vorrei citare – precisa Quaglia – un passaggio della relazione del progetto: “oggi di fronte alla bellezza dei nostri luoghi, può darsi che nessuno si chieda come sia stato possibile per la nostra contemporaneità aver perso con essi ogni rapporto? Per ricominciare bisogna realizzare nuove condizioni in cui il passato può di nuovo diventare materiale per il vostro presente”. In aggiunta a questa riflessione, non bisogna dimenticare che l’essere contemporanei del proprio tempo è condizione primaria e irrinunciabile del nostro mestiere e che il passato ne rappresenta invece l’eredità culturale. Un passato che custodisce tutto quello che possediamo e che ci appartiene, al punto da diventare la nostra vera pietra di paragone».

Samantha Bourgoin, portavoce della Fondazione Corippo, vice presidente dei Verdi Svizzeri, è stata direttrice del progetto di Parco Naturale del Locarnese. In base a queste esperienze, quale ritiene che sia il fattore più importante per garantire un futuro alle valli periferiche? «Le nostre valli sono apprezzate per il loro paesaggio, la bellezza del patrimonio costruito caratteristico, la biodiversità, la calma e il clima ancora piacevole d’estate. Lontano dalla frenesia dei centri urbani ma comunque accessibili, esse ci permettono di immergerci in un mondo più autentico e vicino alla natura. Lo Stato dovrebbe fornire maggiori mezzi ai Comuni e agli agricoltori di montagna per prendersi cura di queste testimonianze del passato che sono veri gioielli che ci collegano all’essenziale, all’anima che ha modellato il nostro territorio. Anima che ancora oggi è capace di esercitare il suo fascino come dimostra l’esempio di Corippo. Oggi, la metà dei suoi abitanti è costituita dalla famiglia che gestisce l’albergo diffuso. Ieri sera, l’albergo era completo, e accoglieva persone provenienti da tutto il mondo. Un parco, come lo dimostrano le varie realtà che ho visitato, offrirebbe certamente i mezzi ideali per valorizzare questi territori offrendo posti di lavoro, in chiave naturalistica, nella catena del valore aggiunto dei prodotti locali, nell’offerta di turismo dolce, però devono essere gli abitanti a volerlo».

Le valli hanno un potenziale che va liberato

L’Albergo diffuso è un esperimento che rientra nei progetti di sviluppo della valle, promossi dalla Fondazione Verzasca, coordinata da Alessandro Speziali, presidente del partito liberale radicale. Si è occupato intensamente in questi ultimi anni del rilancio e della promozione della valle. «Il bilancio è molto buono, – ci dice – soprattutto se guardo ai progetti messi in cantiere e a quelli realizzati, che sono circa una trentina. Un nuovo sistema di mobilità, il rilancio del marchio d’origine, spazi coworking, eventi e rassegne sulle quattro stagioni, supporti digitali per gli allevatori, l’arrivo di un punto vendita e, naturalmente, l’Albergo diffuso di Corippo, per citarne alcuni. Ogni progetto che promuoviamo è molto ancorato al territorio, coinvolgendo i Comuni, i Patriziati, le associazioni e la cittadinanza per calibrare al meglio le iniziative. È così che il Masterplan diventa uno strumento condiviso, capace di essere permeabile agli stimoli e alle critiche costruttive. Inoltre, curando l’equilibrio tra progetti turistici e progetti per residenti, il grado di accettazione sale».

Il coinvolgimento della popolazione è un aspetto qualificante delle politiche che riguardano le nostre periferie. Abbiamo assistito, ancora recentemente, dopo i disastri dovuti al maltempo, a voci che propongono di lasciar morire alcune zone nelle periferie alpine, perché costerebbe troppo salvarle. Cosa si aspetta Alessandro Speziali dalle istituzioni politiche? «Quanto al Cantone e alla Confederazione, gli strumenti di sostegno finanziario ai progetti non mancano: occorre però poter contare su una collaborazione più fluida e coerente, meno burocratica e rigida. Le valli hanno un vero e concreto potenziale: va liberato».

Negli anni 80 il progetto di ripopolare Corippo non ha funzionato. Si è puntato sulle opere infrastrutturali, ma non è bastato. Fulvio Caccia, allora presidente della Fondazione, affermava nel 1980: «L’operazione Corippo è un esperimento dal quale trarre indicazioni importanti e utili per una politica che riguarda le regioni di montagna. Ma non possiamo assolutamente prendere in considerazione in questo momento la ripetizione dell’esperimento in altri comuni ticinesi». A quasi 50 anni di distanza, la scommessa è stata vinta, anche se con un’altra destinazione per il villaggio. C’è da augurarsi che la ripetizione dell’esperimento di Albergo diffuso possa diventare realtà anche in altri comuni periferici.

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