Riti e officianti

Ci sono ben poche cose più rassicuranti dei riti, e non solo per le anime semplici. A maggior ragione se anche l’officiante è percepito – per inveterata consuetudine – come un parente, un amico. Discovery, volendo scardinare l’egemonia Rai, ha arruolato anche il mite e placido Amadeus; segue Fazio e Crozza, protagonisti di un successo che è figlio di format e di officianti senza eguali in Italia, oltre che per la presenza di un pubblico fedele.

Anche con un celebrante stranoto, e con un format collaudato (qui Chissà chi è – in Rai era I soliti ignoti – LaNove, prime time, quotidiana), vincere la battaglia degli ascolti è arduo, ma non impossibile se si riscoprono le virtù rare della pazienza e della tenacia; Amadeus (nella foto) ci prova anche rinnovando la mitologica Corrida. Eroe minimo dell’universo nazional popolare, è il genero che tutte le ottantenni vorrebbero, un po’ limitato ma tanto cortese e prevedibile; tutto gli si perdona, anche un pizzico di ipocrisia; il personaggio è stato costruito negli anni con sapienza e perfetta conoscenza delle attese del pubblico di riferimento. La conduzione TV è in Italia un affare riservato a pochi, se ne accorgono coloro (mal gliene incolse a Insegno, al netto di un pregiudizio negativo su certe sue frequentazioni, e a Cattelan, tra gli altri) che tentano di rompere l’oligopolio della sacra triade Scotti-Conti-Amadeus.

Sembra però che, almeno tra il pubblico generalista, il rito dominante rimanga piuttosto quello dell’accesso automatico alla rete amica e mamma; e qui Rai1 sembra ancora avere davanti a sé qualche tempo di requie, non certo per meriti suoi e del suo palinsesto, ma appunto per l’inerzia del pubblico che alla fine conta, perché è quello che ancora guarda il mondo attraverso lo schermo della televisione, più interessato a qualche chiacchiera fatua, alla vita del vip, alle soap e a qualche quiz. (L’informazione è altra cosa, e qui la Rai fatica parecchio, non solo per la concorrenza diretta (La7 e la solita Nove) ma per le modalità ormai diverse con le quali il pubblico del TG conosce la cronaca e l’attualità.) Guardare i ricchi e famosi, tifare per coloro che aspirano a diventarlo per interposto concorso a premi, lacrimare su sanguinosi fatti di cronaca o sulle vicende di famiglie; la televisione serve, ora come allora, anche a guardare attraverso il buco della serratura la vita degli altri, vip o vittime che siano.

Quindi, il rito che sembra funzionare davvero non è né quello del format né quello dell’officiante, ma quello dell’inerzia del pubblico nella scelta della rete. Vediamo se LaNove saprà vincere la sua scommessa, quella di educare il pubblico a una visione alternativa alla Rai.

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