Personaggi: intervista a Zeno Gabaglio che, con il suo trio Niton, sta per pubblicare un nuovo album di musica elettronicamentre si appresta a partecipare in modo originale al centenario pucciniano
Musica elettronica: un concetto forse fuori moda, superato dai tempi. Quale tra le note che ascoltiamo oggi nei più vari contesti (persino dalla tastiera di un animatore alla tombola per anziani) non ci arriva attraverso una sofisticata sintesi elettroacustica? Il termine, comunque, per come lo si intende generalmente, si àncora a una tradizione di sperimentazione novecentesca. Tutta una serie di celebri compositori «moderni» si sono misurati con le possibilità di creazione sonora mediata da onde elettromagnetiche (pensiamo al laboratorio di Gravesano, gestito da Hermann Scherchen) e persino una corrente del pop progressivo tedesco, negli anni Settanta, aveva attinto idee e atmosfere da quell’ispirazione sperimentale. «Far suonare le macchine» è un’attitudine che comporta anche una sua componente ludica: mille cavetti di collegamento uniscono tra loro apparati pieni di pulsanti e lucine, e spesso fare musica elettronica significa avventurarsi in un percorso di scoperta. Forse per questo le atmosfere che se ne ricavano sono spesso sognanti, sospese, rarefatte, quasi esoteriche.
Il lungo preambolo serve a introdurre e a inquadrare la cornice in cui lavora una delle formazioni più interessanti sulla nostra scena musicale. Niton è un trio dedito alla sperimentazione elettronica costruito attorno a tre musicisti: il violoncellista Zeno Gabaglio, il tastierista Luca Xelius Martegani e il «rumorista» che si nasconde dietro allo pseudonimo di El Toxyque. Il gruppo ha festeggiato lo scorso anno il decennale dalla sua nascita e, in un settore musicale così di nicchia, la ricorrenza merita di essere sottolineata. Si tratta in effetti di un’esperienza il cui valore artistico è stato confermato da vari riconoscimenti, anche internazionali. I Niton hanno al loro attivo tre dischi, di cui l’ultimo, Cemento, è stato pubblicato dalla casa discografica di Berlino Shameless Records, mentre è di imminente uscita il loro nuovo album, intitolato semplicemente 11.
Alla componente elettronica, i tre di Niton hanno fin dall’inizio associato un’importante componente improvvisativa. «Eravamo nati undici anni fa come gruppo di improvvisazione», ci racconta Gabaglio «poi ci siamo accorti, col passare del tempo, che adottare delle strutture (anche se non ci diamo mai delle partiture completamente scritte) può essere più interessante, più divertente e il risultato può essere anche più soddisfacente per chi ascolta. Quelle strutture prestabilite possono essere degli schemi formali (in cui comprendere anche la pura improvvisazione) oppure idee di arrangiamento, centri tonali di riferimento, eventuali scansioni ritmiche. È una cosa che ci piace fare». Questi elementi vengono definiti nel corso delle prove: «Capita che ci si incontri, in previsione di qualche concerto, e ci si scambi spunti e idee, sia concreti sia astratti. Da lì si parte con il lavoro di prova, attorno a materiali armonici, melodici o ritmici».
Si può dire che la musica di Niton nasca come output di un processo di ricerca che ognuno dei tre componenti svolge singolarmente. «Quando ci incontriamo è un po’ come se portassimo il meglio di quello che abbiamo scoperto individualmente e ci interessa. Per esempio: nel resto della mia attività lavoro spesso su colonne sonore cinematografiche o teatrali, ma non le vivo come compartimenti stagni. Si crea anzi un interessante scambio bidirezionale, ed è particolarmente fertile portare in una determinata esperienza materiali che magari sono nati e maturati da un’altra parte. Anche se si tratta di contesti molto diversi – situazioni o ambientazioni assai lontane – le relative musiche possono avere un destino comune. È bello poter pensare che la propria musica non sia qualcosa di granitico o unidirezionale, ma che possa percorrere più strade dell’esperienza».
Parlando del sound dei Niton è inevitabile accostarlo alla corrente della musica elettronica tedesca degli anni Settanta. «Quell’esperienza ci piace molto, ma non abbiamo nessun intento di emularne i gruppi. Un collegamento è dato dal fatto che Luca Xelius Martegani suona esclusivamente sintetizzatori analogici: inevitabilmente quel tipo di suono rimanda ai fasti che furono della kosmische Musik, come anche una grammatica dello sviluppo musicale per fasce lineari – quindi meno verticale, meno armonica, meno ritmica – che si prende i tempi per un’evoluzione più lenta degli elementi dell’onda».
Per quello che riguarda invece gli altri componenti del gruppo? «Io uso un violoncello elettrico, passato attraverso vari effetti, che gestisco tramite una pedaliera piuttosto complessa e in continua evoluzione. El Toxyque, invece, il nostro “musicista mascherato”, usa oggetti amplificati o strumenti utilizzati in modo improprio. Per esempio un banjo “preparato” che diventa una percussione, la ruota di una bicicletta sopra un microfono, le molle degli ammortizzatori di una vecchia Opel. La sua è una parte che potremmo definire rumoristica, ma che in certi punti può anche diventare intonata, quindi melodica o armonica. In generale, cerchiamo di dare agli strumenti una definizione di suono che non si limiti all’estetica di certe musiche cosiddette contemporanee, e che spesso appaiono come pericolosamente esoteriche. Cerchiamo anche di evitare etichette come “ricerca” e “sperimentazione”, perché mettono una distanza artificiosa tra ascoltatore ed esperienza: ci aspettiamo di sentirci dire “fammi sentire quello che suoni, e che sia frutto di ricerca o meno, poco importa!”».
Nell’equilibrio delle parti possiamo forse dire che a El Toxyque spetti un ruolo ritmico, a Gabaglio un ruolo melodico e a Martegani un ruolo armonico: «In nuce è così! A volte siamo però piacevolmente sorpresi di noi stessi quando – riascoltando quello che abbiamo fatto – fatichiamo a capire chi ha prodotto determinati suoni. A volte le nostre rispettive parti e sonorità si sovrappongono, si confondono. Questo è forse il miglior sintomo dell’esistenza di quello che potremmo definire “suono del gruppo”».
Alla dimensione sonora di Niton, si affianca anche una importante dimensione «visiva». Da un lato una cura estrema nelle pubblicazioni discografiche, che rendono i dischi dei veri oggetti d’arte. Dall’altro, nelle esibizioni dal vivo, la presenza delle proiezioni curate da Roberto Mucchiut. «Possiamo dire che Roberto sia il quarto membro di Niton. Quello che lui fa con noi dal vivo ha un approccio simile al nostro: una parte estemporanea, improvvisata, e un’altra preparata».
Per quello che riguarda i dischi, gli album di Niton sono originalissimi, straordinari. «Quando abbiamo iniziato a pubblicare dischi si stavano affermando le piattaforme di streaming, per cui aveva senso dare un valore aggiunto all’oggettualità degli album, quindi degli LP in vinile con delle grafiche e un’esperienza tattile fuori dal comune. Il disco a 33 giri presuppone anche un rapporto diverso con l’ascolto, perché già solo lo sforzo di andare a metterlo sul piatto in qualche modo ti invita pure a sederti ad ascoltarne senza interruzioni almeno un lato. La particolarità dei nostri vinili nasce dal rapporto che ci lega all’etichetta con cui abbiamo sempre pubblicato, Pulver und Asche, che ha nel suo nucleo fondatore Alfio Mazzei, grafico ticinese tra i più visionari della sua generazione. Alfio è un creativo puro, e più la sfida si alza, maggiori sono per lui gli stimoli. Si tratta inevitabilmente di tirature limitate, ma questo rende ancor di più i dischi degli oggetti di prestigio. Dei veri e propri pezzi unici».
In conclusione, oltre all’uscita del nuovo album, ci sembra utile sottolineare la prossima apparizione live del gruppo: Niton si esibirà a Vacallo domenica 24 novembre per la prima dello spettacolo Manon.recomposed, ideato in onore di Giacomo Puccini, di cui quest’anno si celebra il centenario della morte. L’accostamento non è casuale, visto che la Manon Lescaut era stata composta da Puccini proprio a Vacallo, a poche centinaia di metri dalla casa di Zeno Gabaglio. Una di quelle coincidenze che, a volte, sono proprio suggestive…