Unione europea: la stretta sui migranti

by Claudia

L’avanzata delle formazioni di estrema destra ha delle conseguenze precise. Qual è l’atteggiamento della Svizzera?

Un nuovo corso, caratterizzato da una serie di misure restrittive in materia migratoria, sta diffondendosi in Europa. Numerosi Paesi tentano di far fronte ai problemi che pone la migrazione facendo scelte che ancora ieri trovavano ben poco spazio sulla scena politica. L’Italia, per esempio, ha concluso un accordo con l’Albania che le consente di svolgere le procedure d’asilo sul suolo albanese per le persone intercettate e soccorse nel Mediterraneo. L’applicazione dell’accordo è però stata subito fermata dall’intervento della giustizia italiana. Con la nuova intesa, il Governo di Roma tenta di bloccare, o perlomeno di rallentare, l’accesso all’Europa a vari cittadini. In Olanda l’Esecutivo ha promesso di varare severe misure per contenere il diritto d’asilo e sta negoziando con l’Uganda un centro che accolga i richiedenti l’asilo la cui domanda è stata respinta. La creazione di un centro analogo vien tentata anche dalla Danimarca, che ha aperto un negoziato con il Kosovo. La Finlandia ha chiuso le sue frontiere con la Russia. Il primo ministro polacco, il liberale Donald Tusk, ha chiesto ed ottenuto dall’Ue la possibilità di sospendere temporalmente il diritto d’asilo, per bloccare il flusso di irregolari inviati dalla Russia e dalla Bielorussia. La Germania del cancelliere Olaf Scholz ha introdotto di nuovo il controllo delle sue frontiere nazionali. Il nuovo Governo francese, presieduto da poche settimane da Michel Barnier, ha già promesso di varare a breve una nuova legge sull’immigrazione che sarà ricca di misure restrittive come, per esempio, la punizione del soggiorno illegale, o una serie di barriere destinate a frenare il ricongiungimento familiare, a rendere difficile l’accesso alle prestazioni sociali e perfino a contenere l’afflusso di studenti stranieri nelle università francesi.

Il nuovo corso ha una matrice politica dettata in gran parte dalle formazioni dell’estrema destra e dalla loro avanzata elettorale. Un’avanzata che si è manifestata alle ultime elezioni europee di giugno e in parecchie consultazioni nazionali. In diversi Paesi la destra radicale è ormai parte integrante del Governo, o lo sostiene, condizionando le sue principali scelte. È così in Ungheria, in Slovacchia, in Italia o in Svezia. In altri Paesi, come per esempio in Francia, l’estrema destra, dopo un lungo processo di normalizzazione, è giunta alla soglia del potere e presto potrebbe dare un colpo mortale alla tradizione umanitaria francese e alla costruzione europea. I vertici dell’Unione europea non sono estranei al nuovo corso. Nel maggio scorso il Consiglio europeo ha adottato il Patto europeo sulla migrazione e l’asilo. Il testo tende a facilitare l’espulsione di immigrati che non hanno diritto all’asilo e ad accelerare le procedure d’asilo. Entrerà in vigore nel 2026. Lo stesso mese di maggio, 15 ministri dell’interno hanno scritto una lettera alla Commissione europea nella quale hanno chiesto di agevolare il trasferimento delle procedure d’asilo in Stati fuori dall’Ue. Poco prima dell’ultimo vertice europeo del 17 e 18 ottobre, la presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha inviato una lettera agli Stati membri sulla politica migratoria, nella quale ha definito innovativo l’accordo concluso tra l’Italia e l’Albania. E poche ore prima dell’incontro di Bruxelles, la stessa von der Leyen ha partecipato ad una riunione convocata da Giorgia Meloni e comprendente una decina di capi di Stato e di Governo favorevoli ad un inasprimento della politica d’asilo. Forse più per opportunità politica e non tanto perché pienamente convinta, la presidente della Commissione europea segue e asseconda i tentativi di cambiamento in corso. Lo fa anche perché è agevolata dall’attuale vuoto di potere ai vertici dell’Ue. Un vuoto che le consente di prendere da sola importanti decisioni. La nuova Commissione non è ancora entrata in vigore e la vecchia Commissione limita il suo lavoro al disbrigo degli affari correnti.

I cambiamenti in atto in Europa non mancheranno di ripercuotersi anche sulla Svizzera. Fino a poco tempo fa, le critiche contro l’immigrazione incontrollata venivano principalmente dall’UDC, che non esitava a ritenere la questione la causa principale di tutti i mali della società elvetica, anche dell’aumento delle pigioni e dei premi delle casse malati. Adesso le richieste di interventi più energici sulla migrazione provengono anche dal PLR e da una parte del Centro. Di recente i liberali radicali hanno adottato un «cahier des charges» per il Segretario di Stato della migrazione Vincenzo Mascioli, entrato in carica da poco. Chiedono che venga inasprita la politica d’asilo con più interventi mirati alle frontiere, con il rimpatrio immediato dei richiedenti respinti, con la sospensione dell’aiuto allo sviluppo per i Paesi che non accettano di riprendere i richiedenti la cui domanda è stata respinta e con nuove limitazioni per il diritto al ricongiungimento familiare. Sono richieste che indicano la direzione che si vuol seguire e che mostrano quanto delicato sia il compito del responsabile del dossier, il consigliere federale Beat Jans. E sullo sfondo campeggia la domanda che il Consiglio federale ha rivolto all’Ue nell’ambito del negoziato bilaterale in corso. L’Esecutivo federale chiede di poter usufruire di una clausola che, in determinati casi, consenta alla Svizzera di limitare l’immigrazione proveniente dall’Unione.

Dal nuovo vertice europeo previsto in dicembre sono attese misure concrete sulla migrazione e sul diritto d’asilo. Misure che consentano ai Governi nazionali di coordinare meglio la loro azione in questo settore e di rendere più efficace la lotta contro l’immigrazione irregolare. L’Europa è alle prese con i gravi problemi che pone la migrazione, problemi che rischiano di aggravarsi con i cambiamenti climatici e le sfide geopolitiche. Intanto l’evoluzione demografica del Vecchio Continente dimostra che il buon livello dell’economia e dello stato sociale possono essere conservati solo con l’afflusso di immigrati. Rinunciare al loro arrivo sarebbe dunque un’utopia che non ha solidi riscontri nel passato. Gestire correttamente il loro afflusso, tenendo conto dei suoi aspetti positivi e negativi, senza dimenticare la componente umana, così centrale nella nostra storia e nella nostra tradizione, permetterebbe invece di evitare dolorosi conflitti sociali e l’arrivo al potere degli estremismi politici.

ABBONAMENTI
INSERZIONI PUBBLICITARIE
REDAZIONE
IMPRESSUM
UGC
INFORMAZIONI LEGALI

MIGROS TICINO
MIGROS
SCUOLA CLUB
PERCENTO CULTURALE
MIGROS TICINO
ACTIV FITNESS TICINO