I corpi dei fratelli de Witt

Nel XVII secolo i Paesi Bassi vivono il loro periodo migliore. Lo sviluppo economico, una repubblica decentralizzata, il pluralismo religioso e la migliore compagnia navale – le navi olandesi fanno rotta verso l’Asia, l’Africa, l’America – ne fanno uno dei Paesi più ricchi al mondo. Libertà, uguaglianza, benessere, tramite il commercio e la navigazione, prosperano anche fra la gente comune. Un «laboratorio intellettuale», è stato scritto.

L’arte si sviluppa in ogni luogo creando ricchezza e paradossalmente, mediante l’enorme concorrenza, doppi lavori. A parte Rembrandt, alla fine travolto da un fallimento, tutti gli artisti fanno un altro mestiere. Jan Vermeer gestisce una locanda, Jan Steen fa il mastro birraio, Jan van Goyen coltiva tulipani, Meindert Hobbema lascia la pittura per fare il sommelier. In ogni casa si trovavano dei dipinti; sia in quelle dei ricchi sia in quelle più umili di panettieri e macellai. In questo «Secolo d’oro» vengono dipinti cinque milioni di quadri. Fino al 1672, quando Luigi XIV invade l’Olanda.

Questa storia si può leggere attraverso gli oggetti e le tele presenti al Rijksmuseum di Amsterdam. Dal gigantesco Banchetto di celebrazione della firma del trattato di pace di Munster a opera di Bartholomeus van der Helst del 1648 all’imperdibile Compagnia del capitano Frans Banning Cocq nota come La ronda di notte di Rembrandt van Rijn del 1642. Un ritratto delle guardie civiche della compagnia degli archibugieri in movimento, emozionante e spettacolare. Un capolavoro.

Ma è un altro il dipinto di cui vorrei argomentare. Si tratta de I corpi dei fratelli De Witt del 1672-1675 attribuito a Jan de Baen. Un dipinto vertiginosamente sanguinario, al limite dell’inguardabile.

Vediamo chi sono i protagonisti. Jan de Baen, o Johannes de Baan, (1633-1702) nasce ad Haarlem; all’età di tre anni, dopo la morte dei genitori, viene affidato allo zio Piemans, pittore. Alla morte di quest’ultimo a 13 anni va ad Amsterdam per lavorare nello studio di Jacobus de Backer. Si trasferisce all’Aia e diviene membro della Corporazione dei pittori di San Luca. De Baen è conosciuto soprattutto come ritrattista e per questo viene invitato in Inghilterra e nel Lussemburgo. Suoi i ritratti di Henri de la Trémoille, dell’ammiraglio Tromp, di Thaddeus de Lantmann, dei principali esponenti della casata di Nassau e vari ritratti dei fratelli Johan e Cornelis de Witt.

Johan nasce nel 1625 a Dordrecht dove diventa pensionario, una carica pari a quella di primo ministro. Studia giurisprudenza e matematica. Prima va a Leida e in seguito ottiene un dottorato all’università francese di Angers. Viene considerato il capo del partito dei reggenti olandesi antiorangisti. Un uomo politico brillante ed eloquente, uno dei pochi a non far parte di una monarchia. Una vita infaticabile di mediazione. La pace di Breda del 1667, da lui negoziata e che pone fine alla seconda guerra anglo-olandese, ne è un esempio. Nel 1655 riesce ad abbassare il tasso di interesse del Paese dal 5 al 4%.

Cornelis nasce nel 1623, anche lui studia giurisprudenza. Nel 1654 viene nominato governatore dell’isola di Putten. Personaggio molto superbo è odiato dal popolo perché antiorangista. Nel 1672 viene accusato di incitare all’attentato contro la vita di Guglielmo III, già proclamato statolder, una sorta di governatore, e per questo incarcerato.

Nel 1672 Francia, Inghilterra, Münster e Colonia invadono l’Olanda. Il popolo ritiene che solo Guglielmo d’Orange possa salvare la patria. Il 20 agosto Johan visita il fratello in carcere. Una folla inferocita entra nella prigione, i De Witt vengono condotti in strada e uccisi. I corpi sono mutilati, appesi a testa in giù e fatti a pezzi. La scena è terribile. Hendrik Verhoeff scrive che vengono tagliati le mani, le dita, i nasi e le orecchie. Il poeta Joachim Oudaen, testimone oculare, sostiene che parte dei loro intestini viene mangiata e altra data ai cani. Sembra uso comune dopo i linciaggi portarsi a casa pezzi delle persone uccise.

Alexandre Dumas padre ne Il tulipano nero del 1850 scrive nella traduzione di Sara Arena: «Del resto rimaneva poco da vedere perché un terzo assassino gli tirò a bruciapelo un colpo di pistola che stavolta partì e gli fece saltare il cranio. Johan de Witt cadde per non rialzarsi più. Allora ognuno di quei miserabili, ringalluzziti dalla sua caduta, volle scaricare la sua arma sul cadavere. Ognuno voleva dare un colpo di mazza, di spada o di coltello, ognuno voleva far versare la sua goccia di sangue, strappare un lembo di abiti.

Poi, quando furono tutti e due dilaniati, straziati, depredati, la folla li trascinò nudi e sanguinanti a una forca improvvisata dove boia improvvisati li appesero per i piedi. Allora si fecero avanti i più vigliacchi che, non avendo osato colpire la carne viva, fecero a pezzi la carne morta e se ne andarono a vendere in giro per la città dei pezzetti di Johan e di Cornelis a dieci soldi l’uno».

Il dipinto rappresenta la scena terminale del drammatico teatro dell’orrore, quando oramai tutto è finito. Siamo in piena notte, il cielo è cupo e dall’ombra fuoriescono i corpi dei due fratelli appena rischiarati dalla luce di una torcia. Appesi a testa in giù con gli evidenti segni degli smembramenti e quant’altro. La composizione è prettamente verticale e la risoluzione dell’immagine particolarmente curata. De Baen ha quarant’anni ed è nel pieno della maturità.

Guardatelo attentamente questo dipinto; dopo gli sfarzi e l’opulenza dei decenni precedenti ora la vita si trasforma in devastazione e orrore.

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