I primi quattromila anni di Gerusalemme

Un fumetto per raccontare i quattromila anni di una città antica e mitica, ma anche reale e moderna, ad adulti e ragazzi, a gente di tutte le nazionalità, di qualsiasi credo religioso, o non credente, che forse la sogna, la brama, ma la vorrebbe diversa da com’è, s’intitola: Storia di Gerusalemme di Vincent Lemire e Christophe Gaultier, edito da Einaudi.

È un «albo» coloratissimo, grandioso e avvincente, risultato di cinque anni di lavoro che, con stile semplice e diretto in duecentocinquanta pagine di vignette e di balloon, ripercorre le varie età di questa «città–mondo» come la chiama l’autore, il professor Vincent Lemire, importante storico francese che si serve anche di fonti archeologiche e documenti inediti per ricostruirne le vicissitudini, i molteplici protagonisti, le casualità del destino e i progetti, i sentimenti di chi l’ha abitata.

Una storia che inizia quando Gerusalemme era una piccola città sperduta sulle montagne, tra il Mediterraneo e il deserto, e arriva sino a oggi, che è diventata «l’ombelico del mondo», culla comune delle tre religioni monoteiste e capitale spirituale del sessanta per cento degli abitanti del pianeta. E tutto questo dopo essere stata nel tempo: egiziana, persiana, ebraica, greca, romana, bizantina, mamelucca, ottomana, inglese, giordana, israeliana, palestinese; e avere attirato: conquistatori, idealisti, profeti, commercianti, scrittori, poeti e politici più o meno illuminati. Una lunga sfilata di personaggi, i più importanti dei quali rivivono nelle vignette di Christophe Gaultier, noto fumettista francese capace di sfumare la serietà e a volte la crudeltà degli eventi di questa storia epica, con la leggerezza venata d’ironia dei suoi disegni spesso accompagnati da note a piè di pagina che rimandano a testi, lettere ed epigrafi.

Narratore delle traversie di Gerusalemme, è un ulivo secolare, «Zeitun», che ricorda quando quattromila anni prima era un nocciolo di oliva sputato da un pastore di passaggio sul terreno brullo, non lontano da una sorgente, quella stessa che permise anche alla città di nascere. Da allora, dal Monte degli Ulivi ha osservato Gerusalemme svilupparsi, ha visto guerre, distruzioni, mattanze, riconquiste, esodi, terremoti terribili e incendi, ma anche sprazzi di pace in cui genti diverse hanno popolato la città, l’hanno abbellita e fatta diventare una babele di lingue e di usanze, rendendola unica e famosa al di là dei suoi confini.

Nei dieci capitoli della rievocazione che ne fa Lemire, concisa, ma esauriente, seducente e struggente, incontriamo tra gli altri: Abramo, David, Re Salomone al quale si deve la costruzione del tempio dove si conservava l’Arca dell’Alleanza; Alessandro il Grande, che portò la città al centro dell’influenza greca; Pompeo, Tito e gli eserciti romani; Erode, e poi Gesù, che a Gerusalemme per festeggiare la Pasqua ebraica secondo i Vangeli, ne annunciò la distruzione: «…non sarà lasciata qui pietra su pietra che non venga distrutta». Una profezia che da sempre pesa sulla città e che ciclicamente pare avverarsi, seguita da una rinascita che sembra avere in sé ogni volta i semi dell’odio, della guerra e della distruzione che verrà.

Ecco i Crociati che per liberare il Santo Sepolcro la misero a ferro e a fuoco, tanto che dei trentamila abitanti, a Gerusalemme ne rimasero solo alcune centinaia. Anni dopo la riconquistò il «feroce Saladino», ben più saggio che sanguinario, che la riprese quasi senza colpo ferire, e altrettanto fece Federico II, Imperatore del Sacro Romano Impero, ma non i cavalieri tartari che, nel 1244 la invasero e la devastarono. La lista è lunga e comprende Napoleone, Theodor Herzl, Arafat, Saddam, Sharon sino ad arrivare ai nostri giorni attraverso altre guerre, distruzioni, occupazioni, accordi internazionali e speranze andate in fumo.

Lemire e Gaultier sfatano antichi miti, elencano fatti, svelano episodi storici poco noti, e regalano al lettore la magia di «vedere» l’evolversi degli eventi che hanno trasformato Gerusalemme ogni duecento, trecento anni, nel volgere di poche pagine, lasciando sempre allo spettatore ammirato e angosciato l’ultimo giudizio sul passato e, fatalmente, sull’attuale tormentata situazione di Gerusalemme.

Non mancano episodi divertenti come le descrizioni dei cambiamenti della Città Santa sotto l’influsso del turismo religioso iniziato già nel 520 a.C.; o l’arrivo – nel 1601 nella pacifica Gerusalemme Ottomana (1516-1799), abitata da cattolici, ebrei, ortodossi e musulmani di varie nazionalità – di due commercianti inglesi: Timberlake e Sanderson, in visita ai luoghi santi senza il permesso papale, forti solo di quello della Regina Elisabetta. Scambiati per ebrei e poi per greci e alla fine bollati come spie, i due protestanti britannici finirono in prigione. Liberati, seppur con una certa diffidenza, dovettero girare per la città con un cero in mano per essere sempre identificati.

L’ultimo capitolo di Storia di Gerusalemme è intitolato La capitale impossibile e si chiude su una domanda emblematica che l’ulivo millenario lancia attraverso i suoi rami: «Che aspetto avrà la mia amata Gerusalemme tra cinquanta o cinquecento anni?» E subito aggiunge «Sono sufficientemente disilluso da non avere alcuna certezza…»

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