Pérez e il Pallone d’oro: l’arroganza del potere

by Claudia

Non sempre si può vincere. In amore, nella vita, nello sport. Nevvero, signor Florentino Pérez? Quello di cui parliamo può sembrare il banale capriccio di un uomo viziato e abituato a ottenere tutto ciò che desidera. In realtà, il gesto del presidente del Real Madrid, ha una portata più ampia.

Lo scorso 28 ottobre, all’Aeroporto Adolfo Suárez Madrid-Barajas, un velivolo privato era pronto al decollo per trasportare a Parigi una delegazione dei Blancos per la consegna del Pallone d’oro. È bastata una fuga di notizie per indurre il focoso imprenditore edilizio a imporre il dietrofront ai «suoi» passeggeri. Il prestigioso riconoscimento, creato nel 1956 dalla rivista «France Football», non sarebbe stato attribuito a Vinícius Júnior, funambolico attaccante brasiliano del Real Madrid, vincitore del campionato iberico e della Champions League, bensì a Rodrigo Hernández Cascante, in arte «Rodri», geniale metronomo del Manchester City, con la cui maglia ha vinto la Premier League, e della Nazionale spagnola, che ha guidato alla conquista del titolo europeo.

La giuria, formata da cento giornalisti rappresentanti i primi cento Paesi del Ranking FIFA, ha optato per un cambiamento di paradigma. Dopo anni in cui a sollevare il Pallone d’oro erano stati i bomber e i rifinitori – pensate che negli ultimi quindici, per tredici volte il riconoscimento se lo erano conteso Lionel Messi e Cristiano Ronaldo – la scelta è caduta su un calciatore a tutto campo, uno che sa recuperare palloni, li sa gestire, uno che detta e cambia tempi e ritmi, che sa difendere, servire, lanciare, tirare da fuori area.

Rodri è l’emblema della nuova Spagna, guidata dal basco Luis de la Fuente. Un gruppo coeso in cui stelle e stelline danzano in sintonia e in simbiosi. Ma tutto ciò non è bastato al presidente dei Los Merengues, che si è sentito vittima di lesa maestà. Per giunta da parte di un calciatore che in passato ha vestito la casacca dei rivali cittadini dell’Atletico. Quindi, viaggio annullato. Tutti a terra, il presidente in testa.

Alla cerimonia non ci è andato Vinícius, che si è piazzato al 2° posto nella classifica dei migliori 30 artisti del pallone, e nemmeno Jude Bellingham, 3°; Daniel Carvajal, 4°; Kylian Mbappé, 6°; Toni Kroos, 8°; Federico Santiago Valverde, 17°; e Antonio Rüdiger, 22°. Insomma, con mezza squadra nell’alta classifica, a Madrid avrebbero avuto di che essere fieri. Oltre ai calciatori, ha dovuto rinunciare alla trasferta anche Carlo Ancelotti, il Mister, che avrebbe dovuto ritirare il premio riservato al miglior allenatore dell’anno.

La decisione del presidente mortifica chi a Madrid stava organizzando una diretta dell’evento di circa cinque ore. Ma questa è una questione che Perez si deve smazzare in casa. Umilia chi a Parigi in pochi minuti ha dovuto stravolgere la scaletta della serata di gala. Avvilisce, oltre ai rivali giunti da mezzo mondo al Théâtre du Châtelet, tutti i suoi calciatori e il suo tecnico, che avrebbero avuto diritto alla prestigiosa passerella. Ma soprattutto manca di rispetto nei confronti del popolo del calcio. Fatto da VIP, ma anche, e soprattutto, da comuni mortali che fanno fatica a campare, che investono nel pallone i loro esigui risparmi. Ammesso che ne abbiano. I tifosi hanno diritto allo spettacolo. Parimenti hanno bisogno di valori. E questi valori vengono veicolati dai loro modelli: i calciatori.

Quanto è accaduto sull’asse Madrid-Parigi è eticamente insostenibile. È un chiaro esempio di arroganza del potere e del denaro. Da parte di chi, per ruolo, dovrebbe invece contribuire a diffondere un codice di comportamento che sappia creare distensione, amicizia, rispetto delle regole.

Javier Tebas, presidente della Liga spagnola, ha pubblicamente condannato la decisione di Florentino Pérez. Anche la stampa, compresa quella madrilena, non è stata tenera. Tuttavia, quando si vive una sorta di delirio di onnipotenza, non ci si rende conto dei propri errori. In questo caso, la robusta lavata di capo avrebbe dovuto essere accompagnata da un’altrettanto robusta sanzione. Che sia pecuniaria o che vada a togliere punti in Campionato o in Champions, lo lascerei decidere agli addetti ai lavori.

Nel frattempo però, il fatto è stato scaraventato lontano dalle prima pagine, messo in ombra dal dramma climatico ed esistenziale che la regione di Valencia sta vivendo. Di fronte a tutto ciò, i capricci di Florentino diventano una pinzillacchera.

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