L’impianto di depurazione delle acque di Giubiasco (amb.ch)

Depurazione delle acque: le nuove sfide

by Claudia

Una prima, ovvia ma fondamentale, constatazione: l’acqua è parte integrante della vita e del nostro patrimonio, per cui necessita di una protezione costante per garantirne la disponibilità nel medio-lungo termine e salvaguardarne la quantità e la qualità. Sul piano istituzionale, a livello cantonale, nel luglio 2014 è nato Ufficio protezione delle acque e approvvigionamento idrico (UPAAI), che in seno al Dipartimento del territorio fa parte della Sezione della protezione dell’aria, dell’acqua e del suolo (SPAAS): il campo di azione ingloba acque superficiali e sotterranee, approvvigionamento idrico, smaltimento delle acque, impianti di depurazione (IDA), industrie ed artigianato, e serbatoi (tank). Il tutto per una gestione qualitativa delle acque il più possibile integrata dell’intero ciclo dell’acqua, dall’approvvigionamento allo smaltimento passando per la protezione (www.ti.ch/acqua). In totale, una ventina di funzionari diretti dal dott. Mauro Veronesi.

Una trentina di depuratori dislocati nel Cantone

Nel settore della depurazione, l’evoluzione è importante e significativa, siccome la filiera di trattamento risulta vieppiù complessa e performante. Alla fase meccanica di sgrigliatura, dissabbiatura, disoleatura e decantazione si è aggiunto uno step di trattamento biologico (solitamente fanghi attivi) e chimico (flocculazione del fosforo). Gli impianti di maggiori dimensioni sono più sofisticati di quelli piccoli, dovendo soddisfare esigenze depurative più severe.

Oggi, abbiamo 9 IDA consortili: Barbengo, Biasca, Bioggio (per Lugano), Croglio, Foce Maggia, Foce Ticino, Giubiasco, Rancate (per Mendrisio) e Vacallo (per Chiasso). Gli impianti comunali sono 21, così dislocati: Airolo, Altanca (Quinto), Auressio (Onsernone), Berzona, Broglio (Lavizzara), Campo Blenio (Blenio), Campra (Blenio), Carì (Faido), Cornon (Dalpe), Dalpe, Isone, Loco (Onsernone), Medeglia (Monteceneri), Mergoscia, Morcote, Mosogno (Onsernone), Olivone (Blenio), Palagnedra (Centovalli), Prato Leventina, Rodi (Prato Leventina) e Varenzo (Quinto).

La piaga dei microinquinanti a bassissime concentrazioni

La depurazione convenzionale tratta le acque luride domestiche (feci, urine, acque di scarico da docce, lavastoviglie e lavatrici) e quelle industriali facilmente degradabili (da caseifici). Ma non basta. In funzione dello sviluppo sostenibile delle attività umane – per garantire il giusto equilibrio fra necessità economiche, ambientali e sociali – negli ultimi decenni ci si è focalizzati, grazie a modifiche di norme introdotte nel 2016, sull’abbattimento dei microinquinanti nelle acque di scarico addotte ai depuratori. L’obiettivo è di abbattere il carico di microinquinanti riversati nell’ambiente, almeno del 50% su scala nazionale.

Ma che cosa sono i microinquinanti? Sostanze contenute in prodotti di uso quotidiano (medicinali, detergenti, cosmetici, ecc.), nonché in prodotti fitosanitari e per la protezione dei materiali. Tali sostanze finiscono nelle acque attraverso lo smaltimento delle acque urbane o per immissioni diffuse (dilavamento di superfici agricole). Sono microinquinanti presenti a bassissime concentrazioni (da un miliardesimo a un milionesino di grammo al litro), ma dagli effetti negativi sugli organismi acquatici o compromettenti sulle risorse di acqua potabile. In Svizzera abbiamo oltre 300’000 sostanze del genere in prodotti di uso quotidiano: provengono da industria e artigianato, economie domestiche e agricoltura. Usiamo prodotti come medicinali e per il corpo, mezzi di contrasto radiologici, detergenti, prodotti fitosanitari e per la protezione di materiali (per proteggere il legno o pitture per le facciate): le sostanze inquinanti in essi contenute finiscono nelle acque. Ma alcune di tali sostanze fanno durare il più a lungo possibile l’effetto desiderato, sono poco o nulla degradabili, per cui non sono eliminabili dagli impianti di depurazione tradizionali, sicché si disperdono inalterate nell’ambiente: le ritroviamo, in tracce, nei piccoli fiumi e nei ruscelli, e in aree densamente popolate.

Quattro impianti per combattere i microinquinanti

Eppure, negli ultimi 50 anni disponendo di IDA vieppiù performanti, la qualità dell’acqua è sensibilmente migliorata. Con l’alto livello dei depuratori, le immissioni di sostanze nutritive (azoto e fosforo) e di sostanze organiche disciolte nonché di metalli pesanti nell’ambiente sono nettamente diminuite. Ma buona parte dei microinquinanti finisce nelle acque attraverso gli IDA: è qui che si impongono misure incisive di riduzione. Date le conoscenze attuali, si prestano l’ozonizzazione e/o l’assorbimento su carbone attivo, due metodi applicati con successo per trattare l’acqua potabile. Per il dott. Mauro Veronesi dell’UPAAI, le modifiche normative del 2016 consentiranno di trattare in modo mirato i microinquinanti in circa 120 IDA sugli 800 presenti in Svizzera, applicando un modulo supplementare (quinta fase). Gli impianti sono stati selezionati in base a tre criteri: dimensione (> 80’000 abitanti allacciati), presenza di laghi utilizzati a scopo potabile a valle di impianti con oltre 24’000 abitanti allacciati, insufficiente diluizione nel ricettore delle acque trattate.

La «strategia cantonale», in funzione di un modulo supplementare per abbattere i microinquinanti, ha individuato quattro impianti da potenziare, di cui 3 nel bacino del Ceresio (Bioggio, Barbengo e Rancate) e Vacallo per il comprensorio di Chiasso; gli IDA di Giubiasco, Foce Maggia, Foce Ticino, Biasca e Croglio non sono per ora prioritari, mancando criticità qualitative a livello dei ricettori (fiume Ticino e Verbano), siccome la forte diluizione delle loro acque minimizza gli impatti delle immissioni dei reflui depurati su ecosistemi acquatici, ambiente e biodiversità.

Applicata la tecnica dei «carboni attivi»

Gli IDA consortili di Bioggio e Chiasso, in avanzata fase di progettazione, prevedono l’impiego di carboni attivi, in quanto – rileva il capo dell’UPAAI – «il ricorso all’ozono non si dimostra opportuno, siccome nei test preliminari in laboratorio si sono avuti prodotti secondari indesiderati, come bromati e nitrosammine».

Per il depuratore di Lugano sul Piano del Vedeggio si prevedono rifacimento e potenziamento della linea acque, inclusa la quarta fase, e ciò entro un lustro. L’onere è di 75 milioni (una decina per abbattere i microinquinanti con sussidio federale del 75% e il resto per potenziare ed ammodernare l’IDA); entro il medesimo periodo, anche l’impianto di Chiasso dovrebbe pure essere una realtà, con una spesa di 45 milioni.

Per gli impianti di Barbengo e Rancate si è ancora in fase preliminare di progettazione, ma si ricorrerà alla tecnica dei carboni attivi, con messa in funzione fra 10-15 anni.

Obiettivo prioritario: la rimozione dell’azoto

Aggiunge il dott. Mauro Veronesi: «Per monitorare gli effetti positivi del potenziamento dell’IDA di Bioggio, dal 2018 è attivo un campionatore automatico sull’argine sinistro del Vedeggio, 400 metri a valle del punto di immissione delle acque depurate. L’apparecchio raccoglie in continuo aliquote d’acqua dal fiume, con un campione quindicinale da sottoporre ad analisi. Si verifica così la presenza dei microinquinanti, accertando se essi sono presenti in concentrazioni elevate, non da ultimo a causa dell’esigua diluizione del fiume. Una volta disponibili i quattro nuovi impianti, si beneficerà di un miglioramento della qualità delle acque, ma residui di cosmetici, medicamenti, pesticidi, detergenti, ecc., provenienti da altri IDA minori, continueranno ad impattare le acque». Non a caso, su piano federale si discute di estendere la lotta ai microinquinanti ad altri IDA in funzione, con nuove soglie di depurazione a beneficio dell’ambiente.

Con altri interventi sui depuratori si punta a un abbattimento elevato, magari sostanziale o decisivo, dell’azoto, non solo per ossidarlo (nitrificazione) ma pure per eliminarlo, come si fa per il fosforo, ridotto, e non di poco, nel Ceresio. La rimozione dell’azoto – che, come il fosforo, è elemento nutritivo indispensabile per il fitoplancton – è già un traguardo in vari depuratori oltre San Gottardo e anche da noi è realtà negli IDA di Foce Ticino e di Bioggio. Ma, vista la presenza di cianobatteri sul lago di Lugano con clamorose fioriture tossiche a riprova del ruolo giocato dall’azoto e considerato l’effetto cromatico del fenomeno, occorre accelerare nel rimuovere l’azoto.

Sottolinea il capo dell’UPAAI: «Ci si aspetta un più deciso intervento a livello di legge, ma Berna è irremovibile nel negare ogni tipo di sussidio per abbattere l’azoto, diversamente da quanto fa per i microinquinanti. Per il Ticino l’onere finanziario sarebbe consistente, tanto più che in svariati Cantoni della Svizzera tedesca il problema dell’azoto è già stato risolto con massicci aiuti federali, mentre adesso per Ticino e Romandia si rimane a bocca asciutta».

In quali altri ambiti si può ancora intervenire per minimizzare gli impatti ambientali? La misura principale consiste nel ridurre l’apporto di sostanze nutrienti nel lago e nei fiumi, in primis fosforo e azoto, separando a livello di canalizzazioni le acque luride da quelle meteoriche. Ciò però spetta ai Comuni, attraverso il Piano Generale di Smaltimento delle Acque (PGS).

Le nanoplastiche nei nostri laghi

Altra seria faccenda. Secondo uno studio di fine anni Venti circa (2014 EPFL e 2018 Dipartimento del territorio), le concentrazioni di microplastiche nel Ceresio sono – come nel Verbano e nel Lemano – il doppio rispetto agli altri laghi svizzeri. Sono le nanoplastiche a suscitare i maggiori grattacapi poiché esse oltrepassano alcune barriere fisiologiche, anche se si cerca di eliminarle attraverso appositi filtri e metodi di pulizia. «Un IDA con la filiera più avanzata di trattamento, secondo Mauro Veronesi, arriva a trattenere il 93% delle microplastiche, con alcune piccole “fughe”. Si imporrebbe un “cambiamento di mentalità”, sia prediligendo abiti ecosostenibili, privi di fibre di plastica, sia attraverso un solido rispetto per la natura, evitando di gettare rifiuti nell’ambiente (littering)». Questione di educazione, prima di tutto.

L’acqua che sgorga dai rubinetti proviene anche dal Ceresio, con quattro punti di prelievo. Grazie a una filiera di trattamento delle acque molto sofisticata, sono eliminate microplastiche, microinquinanti disciolti e microorganismi presenti. L’acquedotto a lago in fase di realizzazione a Riva San Vitale prevede varie fasi di trattamento: ozono, filtro a carbone attivo granulare, ultrafiltrazione e trattamento UV.

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