I «Magistri Antelami» che forgiarono Genova

by Claudia

Il sole è sorto da diversi minuti, ma neanche oggi riuscirà a colpire le finestre dei palazzi del centro storico di Genova, addossati l’uno sull’altro. La luce nei carruggi è tenue e restituisce un’atmosfera particolare: lieve e rilassata nonostante il fermento di questi vicoli. Bisogna salire lungo una di queste stradine per arrivare a Via Garibaldi. La «Strada Nuova» che con Via Balbi e la «Strada Nuovissima» ospitano la gran parte dei 42 «Palazzi del Rolli», edifici inseriti nella Lista del Patrimonio Mondiale dell’Unesco per la loro straordinaria bellezza e unicità.

Questi palazzi nobiliari al tempo della Repubblica erano obbligati, sulla base di un sorteggio dalle liste degli alloggiamenti pubblici (dette «rolli»), a ospitare le alte personalità che si trovavano a Genova in visita di Stato. Per questo motivo ognuno di quei palazzi è un’opera d’arte. Non tutti sanno che a firmare quelle opere d’arte furono per lo più architetti ticinesi.

Sebbene in tutte le più importanti città italiane ed europee sia possibile scoprire qualche palazzo a firma ticinese, qui a Genova gli architetti e gli stuccatori provenienti dalla zona dei Laghi arrivarono prima che in qualunque altra città e imposero più che altrove l’egemonia artistica e imprenditoriale.

Dalla stazione dei treni di Piazza Principe, uno dei primi Palazzi dei Rolli che si incontrano è Palazzo Reale. Oggi polo museale, il palazzo è stato realizzato nella prima metà del 1600 da Pier Francesco Cantone, Michele Moncino e Carlo Fontana (quest’ultimo era l’archistar ticinese del tempo che fece la sua grande fortuna nella Roma papale).

Sono solo alcuni dei nomi dei tanti «Magistri Antelami», l’appellativo con cui furono conosciuti gli architetti del tempo. Letteralmente significa «i maestri che provengono dalla zona della Valle d’Intelvi» ma nel giro di pochi decenni «Magister Antelami» diventerà sinonimo di architetto. Ciò a dimostrazione dell’assoluta egemonia dei ticinesi in questo campo. Il motivo? Erano in grado di gestire non solo la parte artistica ma anche la parte imprenditoriale e commerciale del processo costruttivo.

Dal Palazzo Reale basta fare pochi passi per giungere alle strade Nuova e Nuovissima. Qui ognuno delle decine di palazzi che costeggiano i due lati portano la firma ticinese. E dunque anche Palazzo Lomellino che fu costruito tra il 1559 e il 1565 da Giovan Battista Castello detto il «Bergamasco» e da Bernardino Cantone preveniente da Balerna. I due sono tra i Magistri Antelami genovesi più noti perché troviamo la loro firma in molti dei Palazzi nobiliari ancora in piedi. Ma la storia degli architetti ticinesi a Genova parte ben prima del loro arrivo qui.

«A Genova le prime testimonianze documentarie della presenza dei ticinesi risalgono alla fine del Decimo e l’inizio dell’Undicesimo secolo», spiega ad «Azione» Clario Di Fabio, professore ordinario di Storia dell’Arte Medievale all’Università di Genova.

«Genova è stata la prima tra le città della Penisola in cui si stanziarono gli architetti ticinesi ed è stata quella in cui più che altrove gli artisti dei Laghi decisero di rimanere», spiega ancora il professore. La migrazione dei maestri delle arti murarie dal Ticino a Genova scemò a inizio Ottocento e terminò del tutto alla metà di quel secolo. Otto secoli durante i quali i ticinesi disegnarono la faccia della città.

Da Palazzo Lamellino proseguiamo in direzione Est e arriviamo davanti Palazzo Doria Spinola. Oggi sede della Prefettura, il palazzo fu costruito nel 1543 e firmato, come il Lamellino, da Castello e Cantone, questa volta accompagnati da Bartolomeo Bianco, nato a Coldrerio e trasferitosi prestissimo nella Superba dove è ricordato come il principale interprete del barocco genovese.

Ma cos’è che attirava qui a Genova Castello, Cantone, Bianco e tutti gli altri Magistri Antelami? La risposta semplice è «i soldi». Quella più complessa è «il mare».

La Repubblica di Genova partecipò alla Prima Crociata nel 1096. «Quando terminò, nel 1099, tanti genovesi che partirono via mare con quattro soldi in tasca tornarono qui con una quantità di oro, di ricchezze e di capitali senza precedenti», afferma il professor Di Fabio.

Nel giro di poco tempo Genova divenne una delle città più ricche d’Europa. E quella che fino a poco fa era una necessità di pochi (avere una casa in pietra che resistesse alle intemperie) divenne una necessità di molti.

Grazie al porto, Genova cominciò ad attirare sempre maggiori capitali. E i genovesi sentirono il bisogno di «rifare il look» alla città. Furono riaperte le cave di marmo a Carrara e fu chiesto ai ticinesi di occuparsi del riassetto architettonico della città.

Un riassetto che partì, come sempre, dalle chiese. La facciata della Cattedrale di San Lorenzo si staglia nell’omonima piazza. Una prima Basilica in quel luogo fu costruita tra il VI e il VII secolo. Ma i fondi provenienti dalle Crociate e la necessità di dare maggior prestigio alla neonata sede vescovile, spinsero gli ecclesiastici dell’epoca ad affidare a diverse imprese ticinesi il compito della realizzazione di una nuova Cattedrale.

La Basilica è disseminata di opere di ticinesi, tra i quali spicca Domenico Gaggini di Bissone. A lui si devono tra le altre cose, la Cappella di San Giovanni Battista, una delle opere d’arte che valgono la visita nella Cattedrale.

Il nostro tour sulle tracce degli architetti ticinesi che fecero bella Genova continua verso la Chiesa di San Pietro in Banchi. Un esempio non solo della competenza artistica dei ticinesi, ma anche di quella ingegneristica.

A Bernardino Cantone, che in quel momento era responsabile degli interventi di rinnovamento urbanistico della città, fu chiesto di concepire un progetto di massima in cui la chiesa doveva nascere sulle spoglie di una precedente chiesa collocata su una terrazza. Cantone riuscì quindi a progettare la nuova chiesa facendola rimanere sopraelevata rispetto al livello della strada e con la facciata orientata in direzione nord in modo che il prospetto principale si affacciasse sulla nuova piazza appena costruita e non verso ponente come la precedente struttura.

A pochi passi da qui sorge il monumentale Palazzo Ducale a firma di Andrea Ceresola di Lanzo d’Intelvi e di Simone Cantoni di Muggio. Il palazzo ha avuto una storia architettonica travagliata con diversi lavori e diversi rimaneggiamenti, molti dei quali a firma ticinese.

Nel corso degli anni, quando la locuzione «Magister Antelami» divenne un sinonimo di architetto, cessò la distinzione tra coloro che arrivavano dalla zona dei laghi di Como e di Lugano e coloro che invece erano i discendenti dei primi ticinesi giunti da queste parti.

Sia i primi sia i secondi lavoravano allo stesso modo coniugando competenze trasversali di tipo artistico, ingegneristico, commerciale e imprenditoriale. Con l’inizio dell’Ottocento gli arrivi dai Laghi cominciarono a scemare, complici anche le tumultuose questioni politiche che portarono da lì a poco alla nascita del Regno d’Italia e allo spostamento della Capitale dalla vicina Torino alla assai più lontana Roma.

Le Residenze
l rapporto artistico tra Genova e la Svizzera continua ancora oggi. Se fino a qualche secolo fa a farla da padroni erano gli artisti ticinesi dell’architettura e dello stucco, oggi tra i carruggi di Genova passeggiano e trovano ispirazione artiste e artisti di ogni campo provenienti da 33 città elvetiche.

Sono quelle e quelli ospitati nelle due residenze artistiche messe a disposizione dalla Conferenza delle Città svizzere in materia culturale. Gli inquilini e le inquiline cambiano ogni tre mesi per dare la possibilità agli artisti di tutte le città che prendono parte all’iniziativa di poter inviare i propri rappresentanti.

Funziona così: le 33 città che fanno parte della Conferenza (tra cui anche Lugano) pubblicano un bando aperto ai giovani che fanno arte in città. Qualsiasi tipo di arte: dalla pittura alla scultura passando per l’arte tessile o le arti sceniche. Due dei partecipanti avranno la possibilità di trascorrere 90 giorni all’ombra della Lanterna.

Qui potranno fare ricerca, produrre la loro arte, entrare in contatto con gli artisti locali o anche solo cercare ispirazione.

La Conferenza delle Città Svizzere per la Cultura gestisce, oltre ai due atelier di Genova, anche quelli di Belgrado in Serbia, de Il Cairo in Egitto e di Buenos Aires in Argentina.

Fondata nel 1970, la Conferenza ha lo scopo principale di favorire la collaborazione tra le città svizzere e promuovere una visione comune della cultura come motore di sviluppo sociale, economico e civico. In questo contesto, le residenze d’artista svolgono un ruolo fondamentale.

Gli artisti e le artiste che arrivano a Genova per il loro periodo di tre mesi di lavoro e ricerca non solo usufruiscono gratuitamente dell’alloggio, ma ricevono anche una borsa di studio di 4500 franchi per coprire le spese.

Nel corso degli anni, molti degli artisti che hanno preso parte al programma delle residenze hanno poi deciso di tornare in città saldando un legame artistico e personale che è stato possibile evincere in una mostra dal titolo Presenze dell’arte svizzera nella collezione del Museo di Villa Croce, organizzata lo scorso agosto dal Museo di Arte Contemporanea di Villa Croce, uno dei più importanti della città, dove sono state esposte le opere d’arte, tra quelle possedute dal museo, che sono state prodotte da artisti e artiste rossocrociate. Alcune di queste frutto di doni che gli artisti passati da Genova hanno deciso di fare al museo.

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