Quella del dolore del bambino, nello specifico del neonato, è una questione con cui la scienza e la medicina hanno imparato a misurarsi solo di recente. È infatti solo a partire dagli anni 80 che si comincia a riconoscere l’importanza di occuparsi del dolore nel neonato. Sino a pochi anni fa si pensava che il neonato non provasse dolore con la stessa intensità dell’adulto, anche perché la letteratura scientifica al riguardo era estremamente povera. Oggi si è compreso che, nato a termine o prematuro, egli possa percepirlo come sensazioni dolorose più o meno importanti che, senza un adeguato controllo e se non trattate, potrebbero addirittura avere ripercussioni sul suo sviluppo neuro-comportamentale. A questo proposito, la neonatologa Chiara Giovannettoni (dell’Unità di Rho della squadra eParWelB dell’Università Bicocca di Milano) parla di nuove evidenze scientifiche degli studi anatomo-fisiologici e comportamentali per indicare che: «Nel feto, nel neonato e nel bambino fino a 12 – 18 mesi di età vi è una ridotta funzione delle vie nervose che inibiscono il dolore». Ciò significa che, a parità di stimolo doloroso, in età neonatale la percezione del dolore è maggiore rispetto alle età successive: «Nei prematuri la percezione del dolore si manifesta già con uno stimolo di intensità del 30 – 50% inferiore rispetto all’adulto».
Ne abbiamo parlato con la dottoressa infermiera pediatrica Colette Balice, dalla cui tesi di dottorato in Scienze infermieristiche svolto all’Università di Losanna è scaturito il progetto NEODOL (Neonato-Dolore), il cui scopo è quello di migliorare la presa in carico delle procedure dolorose in neonatologia attraverso lo sviluppo di un intervento interprofessionale e la valutazione della sua fattibilità per professionisti e genitori. Balice conferma: «Contrariamente a quanto si pensava in passato, ora sappiamo che neonati e prematuri provano tanto dolore quanto gli adulti o forse ancora di più. Questo perché già a partire dal secondo trimestre di gravidanza il sistema nervoso è anatomicamente funzionante e competente per la percezione del dolore, ma la modulazione è ancora deficitaria e immatura anche dopo la nascita a termine». Ma a complicare le cose sta la definizione della percezione del dolore che appartiene di più all’esperienza dell’adulto, poiché evidenzia le componenti di tipo emotivo e sensoriale che nel neonato non possono essere facilmente valutate: «Se si fa male, l’adulto può verbalizzare la propria reazione di dolore della quale ha il controllo. Ad esempio, se picchio il gomito su uno spigolo, sento dolore e posso massaggiare la parte che mi fa male, ma il neonato non saprà dirlo e non lo potrà fare».
Rispetto a bambini più grandi o agli adulti, i neonati pagano il prezzo di una fragilità aggiunta di fronte alla sofferenza. A maggior ragione, è importante capire i segnali con cui esprimono il loro dolore attraverso il loro comportamento: «Il neonato può corrugare le sopracciglia o la fronte, chiudere gli occhi molto forte, avere mani e piedi tesi o braccia e gambe rigide. E potrebbe presentare un aumento della frequenza cardiaca, di quella respiratoria e della pressione sanguigna con una diminuzione della saturazione (ndr.: questi ultimi parametri sono misurabili nel bambino ospedalizzato). Non da ultimo, può esprimere dolore attraverso il pianto che però non è riconoscibile in quanto pianto da dolore, se non in un rapporto di causa-effetto (quando ad esempio è sottoposto a una procedura come una puntura o altro, e di conseguenza esprime dolore piangendo). Questo, perché il pianto è il suo modo universale di comunicare qualcosa, sia essa fame, pannolino bagnato, coliche o altro ancora».
Le consapevolezze scaturite dalle evidenze scientifiche sul prematuro e sul neonato che prova dolore impongono una presa in carico adeguata, sottolinea Balice: «Anche per il fatto che oggi sappiamo che il dolore non alleviato potrebbe avere delle conseguenze sullo sviluppo del bambino». Fra le cause, le procedure a cui talvolta è necessario sottoporlo: «Per il monitoraggio e gli esami, potrebbe essere necessario prelevare del sangue eseguendo una puntura del tallone o mettendo una via venosa. Un bambino prematuro potrebbe avere bisogno di aiuto per l’alimentazione (sonda nel naso o nella bocca) o la respirazione (dispositivo o ossigenazione attraverso un piccolo tubo). Ricordiamo che, per i controlli e per i vaccini consigliati, un bambino che non presenta altre problematiche di salute potrebbe essere punto almeno 12 volte solo nel suo primo anno di vita». È perciò importante aiutarlo a sentirsi a suo agio e alleviare il suo dolore: «Ad esempio, quando bisogna fare un vaccino o un prelievo basterebbe per altro banalmente mettere un’ora prima una crema anestetica sulla pelle, in modo che il piccolo non registri quella sensazione dolorosa della puntura».
In generale, è consigliato un approccio globale comprensivo di un appropriato uso di tecniche farmacologiche e non farmacologiche, associate a interventi ambientali come, ad esempio, diminuire il rumore e la luce. Per quanto attiene alle tecniche non farmacologiche: «Il “pelle a pelle” o metodo Canguru, l’allattamento o un succhiotto con glucosio da ciucciare possono rendere più facile superare “piccoli dolori”, momenti frequenti nei reparti di neonatologia e ambulatori». La nostra interlocutrice sottolinea l’importanza di un approccio integrato laddove le procedure necessarie non sono solo lievi, specie per i prematuri. «Sappiamo che il dolore acuto e ripetuto, soprattutto nel neonato pretermine, causa alterazioni fisiologiche, comportamentali e ormonali che possono generare problemi a breve e lungo termine». Ed ecco l’importanza di ricorrere a tutte le soluzioni disponibili, integrando tecniche dolci e farmaci se necessari, per ottenere «un effetto sinergico sul controllo di dolore e saturazione sensoriale (ndr: stress)».
Infine, ai genitori qualche dritta per aiutare il proprio bambino a sentirsi più a suo agio e alleviare il suo dolore: «Mamma e papà conoscono bene il proprio bambino e possono aiutare medici e infermieri descrivendo le sue risposte durante le procedure; possono creare un ambiente tranquillo, parlare a voce bassa soprattutto quando dorme o allontanarsi quando si parla al telefono o con qualcuno; possono essere presenti durante le procedure e le cure, sostenendolo, toccandolo con delicatezza, ma con fermezza. Possono inoltre parlargli con una voce rilassante che lo rassicurerà. Poi, i momenti di riposo consentono al bambino di recuperare». Tutto questo permette di capire che il controllo del dolore deve essere una priorità nella cura dei neonati, siano essi prematuri o nati a termine. Mentre sono sempre raccomandati gli interventi non farmacologici, soprattutto quelli che coinvolgono i genitori.