L’Oratorio di Natale di J.S. Bach è suddiviso in sei parti, rappresentanti ognuna un momento delle festività
Secondo quanto riferiva il famoso pianista russo Sviatoslav Richter il solo sentire l’attacco incisivo dei timpani cui fanno eco i trilli celesti dei fiati, e le voluttuose cascate dei fiati nello svettare del giubilo delle trombe, era come se di colpo lo spirito del Natale avesse fatto irruzione nella sua abitazione, portando quella gioia e quella calda luce di speranza che gli inverni sovietici negavano.
Per Richter e i suoi amici ascoltare il giorno della Natività di Gesù, l’Oratorio di Natale che J. S. Bach scrisse nel 1735, era un rito a cui non avrebbero mai più rinunciato. E come dargli torto: la sferzata di energia gioiosa con cui si apre la prima delle sei parti in cui è suddiviso l’originale Oratorio bachiano è irresistibile, e per questo l’invito a ripetere l’esperienza in tutte le case degli uomini di buona volontà è sempre valido.
In Russia (sovietica e post) come in ogni angolo del mondo e soprattutto a casa dei «nemici» americani, il Natale musicale è associato alle rappresentazioni del balletto-capolavoro di Cjaikovskij, Lo schiaccianoci, che si apre proprio la sera della vigilia, davanti a un albero dove poi si intrecceranno lo scambio dei doni, i giochi e le marachelle dei fanciulli, i sortilegi incantati della battaglia fra i topi e i soldatini, gli incantesimi del mondo dei confetti e dei dolci. La visione magari serale del balletto non preclude l’ascolto meridiano di Bach, perché non c’è funzione o messa che possa raccontare l’annuncio e il mistero del Natale con maggior gioia e dolcezza della musica di Bach.
L’Oratorio di Bach è suddiviso in sei parti che non possono essere considerate come sei cantate tradizionali a sé stanti, anche se furono eseguite in giorni diversi nell’arco di tredici giorni: ognuna forma con le seguenti un tutt’uno narrativo, aperto da un grande coro o da una sinfonia, come la sublime contemplazione degli angeli e dei pastori che apre la seconda parte, un cullante ritmo di 12/8 che sembra muovere la culla con carezze angeliche. Il racconto musicale include momenti dialogati e narrativi, e come capita nelle celebri Passioni il tenore ha il ruolo dell’Evangelista, cioè di colui che cita il testo evangelico, tratto da soprattutto da Luca e Matteo. Ogni parte fu eseguita per sei differenti festività del tempo natalizio: il giorno di Natale, dove si narra l’avvento e la nascita di Gesù; l’indomani, Santo Stefano, l’annuncio ai pastori; e il 27 l’adorazione dei pastori. Poi si salta al Primo dell’anno con la quarta parte, che racconta la circoncisione; il giorno seguente, la quinta parte è dedicata all’arrivo dei Magi a Gerusalemme, concludendosi con l’adorazione dei Magi il giorno dell’Epifania.
Accanto al soffio altissimo dei corali luterani e al nerbo narrativo dei Vangeli, cori e arie sono quasi tutti provenienti da composizioni, spesso profane, precedenti, senza che il genio bachiano lasci all’ascoltatore il dubbio della loro origine diversa. Potere del genio onnipotente e trasformatore di Bach.
Al tempo degli ascolti natalizi di Richter nella Russia sovietica, il verbo bachiano era ancora saldamente nelle mani dei gruppi tedeschi, eredi della tradizione post-romantica, caratterizzata da organici strumentali e corali poderosi. L’avvento della pratica degli strumenti «originali» poi storicamente informati, era solo agli albori. Magari Richter ascoltava la fortunata versione del suo omonimo tedesco, il grande organista e direttore, Karl Richter, fondatore dell’Orchestra Bach di München e autore di storiche incisioni con voci educate da lungo studio alla duttilità bachiana e rutilanti falangi di ottoni. Oggi se nella cattedrale o nella basilica cittadina si eseguono carole e pive di più modesti dimensioni, grazie alle piattaforme streaming, è possibile ascoltare esecuzioni illuminanti provenienti dai quattro angoli del mondo.
Le piattaforme ci permettono di saltare dalla Baviera, dove un gran maestro del coro, Peter Dijkstra, ha inciso con il Coro della Radio Bavarese e l’Akademie für Alte Musik di Berlino la sua versione (BR Klassik), oppure volare in Catalonia da Jordi Savall per ascoltare il suo celebre Concerts des Nations e la Capella Real de Catalonya (AliaVox), oppure, varcati oceani e continenti, approdare al Giappone del Bach Collegium Japan di Maasaki Suzuki (Bis).
Questi suggerimenti d’ascolto possono essere mantenuti ogni anno o variati; il risultato con Bach è sempre garantito: gioia ed elevazione – in questi tempi di guerre e desolazione necessità ancor più vitale.