Clarice Lispector e la città del sogno infranto

by Claudia

Un romanzo allegorico tra smarrimento e modernità, dove parole e immagini raccontano la ricerca del proprio destino

La città assediata edito da Adelphi con la traduzione di Roberto Francavilla ed Elena Manzato è il terzo romanzo di una delle autrici più importanti del Novecento: Clarice Lispector. La scrittrice nata in Ucraina nel 1920 e trasferitasi quando era ancora una bambina in Brasile è conosciuta soprattutto per il romanzo pietra miliare della letteratura contemporanea: La passione secondo GH (Feltrinelli 2019; prima edizione, 1949), un testo in cui Lispector ricerca insistentemente il senso stesso dell’esistenza, dando prova di quello che la letteratura può fare quando diventa uno strumento per la ricerca matta e disperata della verità.

La città assediata fu composto in Svizzera, in particolare a Berna, mentre Lispector si trovava in Europa a seguito del marito, un diplomatico brasiliano che per lavoro era costretto a cambiare spesso città e continente. E lo spaesamento che dal Brasile l’autrice deve avere provato trovandosi nel cuore dell’Europa, di fronte allo spettacolo prima delle Alpi e poi dell’efficienza della città elvetica, viene reso nel romanzo attraverso un confronto onirico tra São Geraldo, il borgo in cui la protagonista della storia Lucrécia nasce, e «la città», il luogo che tutti gli abitanti del paesino sembrano desiderare, Lucrécia compresa, per quella fame indefinita di modernità che si rivela spesso molto meglio della modernità stessa.

Il romanzo è ambientato negli anni Venti, «192…» scrive Lispector per dare un’indicazione temporale che da una parte è molto precisa e dall’altra insiste sull’indefinitezza, esattamente come tutta la storia raccontata in questo testo allegorico. La vicenda è all’apparenza molto semplice: è quella di una ragazza che vive con la madre vedova in un luogo a cui è affezionata, ma dal quale vorrebbe anche potersi emancipare, che ha diversi spasimanti e che sceglie poi di sposare fra questi colui che le può garantire una vita più agiata, nonché il trasferimento nella tanto desiderata città.

Il matrimonio tra Lucrécia e Mateus si svolge nella totale armonia: la donna serve suo marito, lo adula e ottiene in cambio da lui tutto ciò che vuole, da parte sua il marito chiede alla moglie di mangiare di più, di ingrassare un po’, esige con una certa dolcezza che lei accetti come va il mondo, quindi che lui possa avere delle altre donne, mentre lei non può desiderare altri uomini, seppur poi risulterà che per Mateus è molto più facile restare fedele alla moglie di quanto non sia per Lucrécia resistere all’amore che prova per il medico Lucas.

D’altra parte, fornire una descrizione della trama di La città assediata è in qualche modo assurdo, visto che poi i fatti in questo romanzo non contano assolutamente nulla. Soprattutto nella prima metà, quella ambientata nel paesino di São Geraldo, a essere importanti sono le immagini, più precisamente il modo in cui le parole di Lispector si sovrappongono, si intrecciano per creare poi delle allegorie, delle suggestioni che non corrispondono affatto alla realtà. Almeno non a quella tangibile.

Attraverso questo testo sembra che Lispector abbia cercato, più che di raccontare una storia, di tratteggiare uno stato d’animo, una condizione di vita, quella di una donna che aspetta durante la sua giovinezza il compiersi del suo destino attraverso il matrimonio e che poi si ritrova nella coppia, anche se in armonia, a vivere con un uomo che non conosce. Lucrécia ignora, infatti, che cosa significhi il fatto che Mateus sia un intermediario, che cosa faccia tutto il giorno e tutti i giorni dopo che lei lo ha aiutato a prepararsi per uscire di casa, e allo stesso tempo non è consapevole neanche di ciò che desidera lei stessa. Nei primi anni di matrimonio sicuramente gode della ricchezza di cui può usufruire, ma poi quando a seguito di un piccolo litigio propone al marito di tornare a vivere a São Geraldo e lui accetta, prevale lo smarrimento di trovarsi straniera nel luogo di appartenenza, esattamente come lo era stata in città.

Chi conosce l’opera di Lispector non si stupirà leggendo che i veri protagonisti di questo romanzo sono i cavalli, che tornano costantemente nel testo come simbolo di un’epoca, di una vitalità, di una naturalezza destinata a estinguersi: prima i cavalli che occupano le strade e che rallentano le auto che compaiono a São Geraldo e poi il cavallo come animale totem, immagine della giovinezza di Lucrécia che da ragazza è capace di scalciare come una cavalla, appunto, e poi dopo aver ceduto alla smania di modernità e ricchezza, lei stessa «è rimasta incastrata in uno degli ingranaggi del sistema perfetto».

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