Spigolature urbane dal Ghana

by Claudia

«Saluta Madre Teresa». Alì mi spinge gentilmente oltre la soglia dell’antro oscuro all’ingresso del mercato di Wa, la capitale della regione del Nordovest del Ghana. Alì è un amico che mi fa da guida e da autista del triciclo che usiamo per gli spostamenti nei villaggi delle mie ricerche. Alì mi porta sì dove gli chiedo, ma lo fa secondo una logistica mentale tutta sua. Il suo lignaggio sta in un villaggio fuori mano e non è sposato. Dunque la sua vita dipende da un fittissimo network di relazioni sociali: ogni spostamento comporta lunghe deviazioni per andare a salutare questo o quella – conoscenti e amici tutti rigorosamente «on the road», ovvero là dove si svolge il 90 per cento della vita da queste parti. Il problema sono io: per Alì presentarmi ad amici e patroni vuol dire costruire, rinnovare e mantenere quotidianamente un capitale sociale altamente competitivo da spendere poi nelle migliaia di complesse e per me sempre misteriose transazioni che gli permettono di mantenere un tenore di vita non dei peggiori da queste parti. Oggi dunque è il turno di Madre Teresa. Dopo un attimo di smarrimento dovuto al contrasto fra il bagliore esterno e l’oscurità della caverna-magazzino intravedo la Signora in questione e procedo alla lunga cerimonia di scambio di saluti e cortesie. Chissà perché mi viene in mente il protocollo dei saluti nelle regge rinascimentali…

Madre Teresa è una di quelle donne commercianti che qui chiamano Regine del Mercato. Commercia in granaglie e dintorni, a seconda delle stagioni e dell’andamento dei mercati. Siede come l’Ape Regina in un angolo strategico del suo magazzino. Su due sgabelli, vista la stazza e gli strati numerosi di stole e sottane multicolori che finiscono per oscurarne ulteriormente il viso nella penombra. Spiccano invece gli occhi: due pupille appuntite come spilli, mobili e vivaci, all’erta e tuttavia cordiali ad accompagnare un sorriso che sempre torna ad incorniciare un volto pacioso ed amichevole… fra un versaccio e un ordine perentorio agli innumerevoli commessi che si affannano nel caos apparente conduce con me una civilissima conversazione di consumata cortesia. È originaria del centro del Paese. Etnia Asante, il potente impero che tanto fece tribolare gli Inglesi nell’800. Mercanti nati, gli Asante: prima commercianti d’oro verso il Mali e le rotte transahariane, poi con gli Europei sulla costa a Sud. Il mitico oro degli Asante indusse i Portoghesi a costruire il primo forte sulla costa del Ghana attuale un decennio prima che Colombo credesse di essere arrivato in India. Lo chiamarono Fuerte El Mina – la Miniera – perché si illudevano che l’oro fosse estratto sulla costa, proprio lì sotto i piedi… Un corno: veniva dal cuore dell’allora Akkinia, almeno trecento chilometri di dura marcia nella foresta.

Madre Teresa si stabilì col marito al Nord, a Wa, cinquant’anni fa. Il marito commerciava in akpeteshie, un micidiale distillato di vino di palma che i ghanesi impararono presto a produrre come versione economica del gin d’importazione. Gradazione devastante e vendite alle stelle in un tempo di crisi economica che vedeva i mercati vuoti e il contrabbando fiorire… Morto il marito, Madre Teresa decise di tenere duro e restare: gli Asante calcolano la discendenza matrilinearmente, e dunque le donne, pur non gestendo il potere politico, godono di uno status molto alto. L’intero commercio degli alimentari è nelle loro mani ed ora che l’economia del Ghana è fra le più floride dell’Africa gli affari vanno bene. «Grazie a Dio – Inshallah Obroni (Uomo Bianco)», chiosa con uno sguardo soddisfatto stringendomi la mano con vigore. Improvvisamente il dramma: una delle pile di sacchi di riso vietnamita da cinquanta chili che si perdono nel soffitto della caverna-magazzino è crollata. E con lei un ragazzino di non più di dieci anni – uno dei tanti (quanti?) che hanno il compito di arrampicarsi in cima al mucchio e passare in basso i sacchi di riso. Urla, versi, improperi – il caos. Sacchi spaccati e montagne di riso in libertà… poi dalla massa dei grani spunta sbuffando il ragazzino in questione: stralunato squote il riso impigliato nei capelli e scoppia a piangere, un commesso lo prende per un braccio, lo tira fuori dalla massa del riso senza tante cerimonie e gli allunga in successione un ceffone e un calcio nel sedere: il ragazzino schiva il calcio, il commesso si sbilancia e finisce a sua volta a gambe per aria nel riso. Risata generale, applausi e sghignazzi. Il commesso si rassetta e sparisce imbarazzato nell’oscurità del magazzino. Mi congratulo con Madre Teresa. Ultima stretta di mano. Ora di bere una birra.

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