Kate DiCamillo, La Profezia di Beatrice, San Paolo (Da 11 anni)
«Qualunque cosa DiCamillo scriva, brilla»: non è enfatica la citazione da «The Times» riportata nella quarta di copertina. Ogni romanzo della scrittrice americana Kate DiCamillo ha una luminosa forza che arriva dritta al cuore dei lettori e questo non fa eccezione. Anche stavolta ci conduce dentro una storia avventurosa e potente, al fianco di personaggi che hanno conosciuto il buio della disperazione ma continuano a credere che l’amore possa guarire anche le ferite più profonde, e lo fa con una scrittura perfetta: leggera e compassionevole, sia nei confronti di chi sta leggendo, sia di chi viene messo in scena. Una scrittura che non arretra di fronte al dolore che la vita può infliggere, ma che non arretra nemmeno di fronte alla necessità di raccontare il coraggio e la fiducia nel bene dei suoi eroi, i quali, pur compiendo le imprese più audaci, restano dei mirabili antieroi, piccoli, variamente malconci, o reietti. Come il topino Despereaux, protagonista di una sua opera precedente, dall’animo puro e cavalleresco, che non esita a scendere nelle terribili segrete del castello per salvare una principessa ragazzina. Anche qui, nel contesto medievale de La Profezia di Beatrice, abbiamo una ragazzina, e anche qui abbiamo un animale temerario, in questo caso una capra. Ad essi si uniscono, in questa bellissima storia (ben tradotta da Anna Patrucco Becchi), un monaco miniatore dall’occhio sinistro invalido e ballerino, un orfano analfabeta, e un vecchio eremita dal passato misterioso. Ognuno ha una sofferenza alle spalle e ognuno troverà il suo conforto e la sua «strada verso la luce», tra fughe, rapimenti, rifugi nella foresta, per salvare Beatrice e trovare se stessi, animati dalla forza dell’amore, che li sorregge anche quando tutto sembra perduto: «andremo e faremo quel che potremo fare» dice con limpida semplicità Jack Dory, il ragazzo, alla fedele capra. Jack Dory impara a leggere grazie a Beatrice, Fratello Edik minia i manoscritti e ispira una storia a Beatrice, la splendida storia di una sirena, Beatrice racconta quella storia a un re (per prendere tempo, come Sherazade), e altre storie ancora rievoca Beatrice. Questo è anche un romanzo sul potere salvifico delle storie, tema molto caro all’autrice, e sull’importanza di credere nella propria luce (quando la sirena è prigioniera e triste, i gioielli sulla sua coda diventano volgari pietre; quando il lupo non crede nella sua corona, perde ogni fiducia nel suo destino). Perché è vero che nel romanzo si parla di una profezia, ma, come leggiamo nella chiusa, «quel che conta alla fine non sono le profezie», ma «Amore. Amore e anche le storie.»
Julia Donaldson-Catherine Rayner, L’uccellino e il fiore, Emme Edizioni Emme Edizioni (Da 4 anni)
L’uccello giardiniere, che vive in Australia e in Nuova Guinea, è un vero artista: nel suo elaborato rituale di corteggiamento arreda il nido decorandolo accuratamente con tutti gli oggetti che riesce a procurarsi, e che espone in strutture costruite con ramoscelli e altri materiali (delle vere e proprie installazioni), in cui addirittura le pareti possono essere colorate grazie all’utilizzo di una sostanza premasticata. «Sono straordinari perché sono artisti, scultori e pittori, e i maschi usano le loro creazioni e i tesori che collezionano per fare colpo sulle femmine» ha affermato David Attemborough in un episodio di Natural World: questo documentario ha dato a Julia Donaldson l’ispirazione per la sua storia (dal titolo originale The Bowerbird, nome che indica in inglese l’uccello giardiniere). In italiano è uscita con il titolo più narrativo L’uccellino e il fiore, e nella bella copertina vediamo l’ingenuo uccellino Gino con un fiore nel becco: ingenuo, Gino, perché pensa che basti un piccolo fiore viola a conquistare l’alata del suo cuore, la sprezzante uccella Aurora. «Ma Aurora esclama con una certa arroganza: “Questo fiore, mio caro, non è abbastanza!”». In realtà nulla sarà abbastanza per Aurora, che umilierà Gino persino quando il poveraccio le arrederà un nido con una sfilza innumerevole di oggetti (e sappiamo quanto i piccoli lettori amino ripetere gli elenchi): «Un pettine rosa, uno gnomo e un seme, una fragola, una pietra, una cerniera, delle creme…». Per fortuna il vero amore è in serbo per Gino dietro l’angolo, in questo tenero albo della notissima Donaldson stavolta non in coppia con Axel Scheffler ma con Catherine Rayner, dallo stile molto diverso ma altrettanto efficace.