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Omaggio al grafico che creò lo «stile Olivetti»

by Claudia

Quando nel 1930, appena diciottenne, Giovanni Pintori lasciava il mondo ancora rurale della sua Sardegna per approdare a Monza, in molti avevano già intravisto in quell’adolescente determinato un talento promettente. Erano stati difatti i suoi primi maestri di pittura e di fotografia a suggerirgli di concorrere alla borsa di studio promossa dal Consiglio dell’Economia di Nuoro per frequentare l’ISIA, l’Istituto Superiore per le Industrie Artistiche di Monza, scuola prestigiosa considerata il «Bauhaus italiano». Il giovane Pintori partecipa e vince, ed è qui che ha inizio la lunga storia di un grande professionista della comunicazione visiva del Novecento.

A imprimere un carattere peculiare alla produzione di Pintori (che va dai manifesti alle locandine, dal corporate identity ai logotipi per imprese) è uno stile capace di coniugare creatività e rigore, due concetti apparentemente contrastanti ma che nei lavori del grafico italiano convivono in modo fluido e inatteso. La ricerca di Pintori si basa su un linguaggio essenziale, sintetico, in grado però di incarnare un messaggio nella sua pienezza, con eleganza, freschezza e precisione.

Pintori, abile nell’architettare il racconto in una sola immagine, elabora così un vocabolario espressivo minimalista che riesce a trovare, pur nell’estrema diligenza della composizione, sbocchi sorprendenti e poetici. E ciò è ancor più singolare se si pensa che, avendo sposato per trent’anni la causa di una sola azienda, la Olivetti di Ivrea, ai tempi una delle punte di diamante dell’imprenditoria italiana, Pintori si sia occupato quasi esclusivamente di tematiche legate alla computeristica e alla scrittura, di certo non facili da comunicare in maniera coinvolgente.

Convinto assertore della grafica pubblicitaria come vera e propria arte autonoma, Pintori aveva ben compreso che proprio attraverso di essa poteva tradurre in forme più popolari e immediate le indagini estetiche del suo tempo. Per lui, che era anche pittore, questo significava diffondere il gusto moderno arrivando a un pubblico più vasto.

Il lavoro di Pintori si avvale di una solida base edificata nel tempo con tenacia e diligenza: c’è lo studio dei classici, ci sono le lezioni di nudo dal vero, c’è l’esercizio costante nel disegno e poi ci sono i grandi maestri da cui trarre ispirazione. Questi sono Paul Klee, ad esempio, di cui Pintori ammira il ritmo compositivo e l’uso del colore; i futuristi, da cui apprende l’importanza del dinamismo; Paul Cézanne, mirabile modello di sintesi geometrica e, ancora, i protagonisti del neoplasticismo olandese, da cui acquisisce le logiche formali avanguardistiche.

Tutto ciò contribuisce a dar vita a una grafica giocata sulla raffinata interazione tra linea, parola e colore, dove quest’ultimo elemento, centrale per Pintori, viene ogni volta ponderato con cura per potenziare il contenuto e trasmetterlo con efficace immediatezza. Fin dagli esordi della sua carriera, Pintori ha dato prova di un innato talento comunicativo e di grandi doti di disegnatore e di grafico che gli hanno permesso di conquistare la stima dei colleghi e di entrare nel novero delle figure più apprezzate in questo ambito.

L’iter creativo del designer italiano viene documentato in una mostra ospitata al m.a.x. museo di Chiasso attraverso un ricco allestimento, tematico e cronologico insieme, che racconta la modernità della sua produzione, sempre capace di farsi vivida espressione delle tendenze più aggiornate, rielaborandole però in maniera originale e fuori da schemi predefiniti. La rassegna, che ha il merito di presentare molti materiali esposti per la prima volta al pubblico, nasce come progetto integrato con il Museo d’Arte Provincia di Nuoro, istituzione a cui alla fine degli anni Ottanta la famiglia Pintori ha donato parte dell’archivio del graphic designer.

Che la cifra stilistica di Pintori avesse fin da subito un suo preciso carattere lo dimostrano i lavori a inizio percorso, forieri, appunto, della direzione che in seguito avrebbe preso il suo linguaggio. Durante gli anni di studio all’ISIA di Monza, dove insegnano maestri del calibro di Arturo Martini, Marino Marini, Edoardo Persico e Marcello Nizzoli, Pintori edifica la propria arte nel segno del rinnovamento dei canoni tradizionali della comunicazione pubblicitaria. La sua indole aperta alla sperimentazione è quindi già evidente nelle opere realizzate a partire dal 1936, anno in cui, insieme al conterraneo Costantino Nivola, approda all’Ufficio sviluppo e pubblicità della Olivetti.

L’intesa tra Pintori e Adriano Olivetti, uomo dal temperamento energico sempre alla ricerca di menti brillanti da inserire nel proprio staff, è fondamentale sia per il grafico italiano, per esprimere al meglio le sue potenzialità creative, sia per l’azienda di Ivrea, che grazie al lavoro di Pintori svilupperà il proprio stile identitario conosciuto in tutto il mondo.

Diventato responsabile del settore pubblicitario nel 1940, Pintori imprime difatti un segno indelebile alla comunicazione visiva della Olivetti con opere dalla forte presenza cromatica, intrise di lirismo e ironia. Da questa prolifica collaborazione, durata un trentennio, nascono gli iconici manifesti dei prodotti di maggior successo dell’azienda (come le macchine per scrivere Lexikon 80 e Lettera 22 o le calcolatrici Divisumma 24 e Tetractys), grazie ai quali la comunicazione d’impresa diventa arte. Ciò che colpisce di questi materiali in mostra è che nelle composizioni di Pintori l’elemento meccanico si sposa spesso a quello naturale, in una geniale sintesi di linee, numeri, lettere, simboli e colori, al fine di rappresentare un’idea che vada oltre la promozione dell’oggetto e che seduca il consumatore facendolo sentire al passo con i tempi.

Dopo la lunga parentesi olivettiana, conclusasi nel 1967, Pintori lavora per altri committenti in qualità di libero professionista, fino a che, negli anni Ottanta, abbandona definitivamente la grafica per dedicarsi al suo primo amore, la pittura. La rassegna non manca di esporre alcune opere che testimoniano questa nuova fase in cui l’artista riprende temi a lui cari già trattati in gioventù nonché soggetti legati alla sua terra d’origine.

Ci piace concludere con una frase di Pintori che trasmette con chiarezza il suo modo di intendere il proprio lavoro: «Il messaggio grafico, quando riesce a diventare una forma d’arte, è il solo che raggiunga la totalità del suo pubblico potenziale. L’artista grafico, perciò, ha una responsabilità verso questo pubblico immenso e sconosciuto». Non solo un doveroso riconoscimento del valore della grafica pubblicitaria ma anche la piena consapevolezza, che appartiene solo ai grandi, di avere una precisa missione da compiere.

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