La cover del podcast di Daniele Bernardi

Il nostro amico Albi

by Claudia

Me lo ricordo bene, Albi. Anzi: «l’Albi» , con quell’articolo determinativo, come lo chiamavamo noi. E come lo ricorderà sicuramente chiunque sia cresciuto nella Lugano «alternativa» della fine degli anni 90 e dei primi anni Duemila: quella dell’occupazione dei Molini Bernasconi, dei Goa Party e dei canapai.

Una presenza costante, una figura quasi mitica, che potevi incrociare al parco del Tassino o al Ciani, a volte in piazza Dante – o meglio: sulle panchine di «Piazza Inno» – o al limite «al Pedro», la mitica birreria in Via al Forte. Età indefinibile, sicuramente oltre i quaranta, forse quasi cinquanta: «Appariva a tutti come giovane e vecchio al contempo».

Magro come uno stecco, con guance incavate e capelli scuri. Addosso portava sempre un persistente profumo di patchouli e di incenso, accompagnato da un grande sorriso. Sulla sua immancabile giacca di jeans spiccava una vistosa spilla di Madre Meera – la mistica indiana dall’aria serena. Albi accennava a un passato a Milano, fatto di eroina, comunità e di militanza politica. Sbarcato a Lugano per ragioni familiari la sua omosessualità vissuta liberamente non passò certo inosservata, «Scandalizzammo la città, perché andavamo sempre in giro abbracciati o mano nella mano. Ci facemmo pure sbattere fuori da alcuni locali e caffè, baciandoci impunemente in pubblico».

Quando lo conoscemmo noi era single e già non si faceva più. Era stato a «Le Patriarche», la mitica e contestata comunità di recupero, rollava canne a tutto spiano, e parlava senza sosta di musica e letteratura. Fu lui a introdurmi alla fantascienza, alle sonorità degli anni 70 e agli autori della Beat Generation. Albi aveva un modo tutto suo di prendersi cura di noi: era una presenza rassicurante e quasi paterna per molti di noi «regaz», perduti nella placida e borghese Lugano pre-aggregazione.

Oggi Daniele Bernardi, classe 1981, attore, poeta e collaboratore di «Azione», e anch’egli parte di quella generazione profondamente segnata da Albi, dedica a questa storia iperlocale un toccante podcast in cinque puntate, Droga Yoga ed Hiv. Storia del mio amico Albi. Pubblicato in occasione della Giornata mondiale contro l’AIDS, è già disponibile sulle principali piattaforme.

La produzione è firmata da Francesca Giorzi che, con Audiofiction RSI, sta svolgendo un prezioso lavoro di valorizzazione di frammenti dimenticati della storia recente del nostro territorio; la sonorizzazione è curata da Yuri Ruspini. Il racconto di Daniele prende avvio dal suo primo incontro con Albi: «Quando, quell’autunno, (…) Albi mi si avvicinò per conoscermi meglio, io lo sapevo da un pezzo che aveva l’HIV. Lo sapevano tutti, in piazza. Non faceva nulla per tenerlo nascosto, anzi: nel presentarsi, fra le prime cose ti diceva: “Sono omosessuale, sieropositivo ed ebreo”. Allora nessuno di noi aveva mai incontrato né un omosessuale né un sieropositivo né un ebreo e un simile biglietto da visita faceva subito colpo».

Il podcast ci conduce anche alla scoperta di un blog scritto da Albi stesso negli ultimi anni della sua vita. Un diario virtuale che viene fatto emergere da strati di sedimenti informatici, quasi fosse archeologia digitale. Daniele racconta: «Era venticinque anni che volevo raccontare questa storia. Quando trovai questo blog, ebbi davvero la sensazione di aprire lo sportello di un’astronave». E con quell’astronave, che viaggia attraverso spazi interstellari, l’autore ci guida in quello che, in altri periodi, sarebbe stato definito un romanzo di formazione. «Piazza Dante, allora, era un luogo di ritrovo ma pure di perdizione: non pochi dei ragazzi che lì si radunavano se ne sono andati presto, perché, come Albi e il suo compagno, troppo sbandati e fragili per vivere». Nelle cinque puntate del podcast scopriamo non solo la storia di Albi, ma anche quella di una generazione di sopravvissuti che ha dovuto destreggiarsi tra le lusinghe delle droghe, la fine degli ideali, gli scompensi psicotici e le derive mistiche.

Concepito come un viaggio sonoro, il podcast riscrive memorie personali e collettive raccolte tramite incontri e interviste a decine di persone che, per motivi diversi, hanno conosciuto Albi, inserendole poi in un immaginario a metà strada tra il racconto storico-letterario e quello fantascientifico. Una solida voce si intreccia con scene finzionali che, a tratti, rischiano di incrinare la credibilità del racconto.

Un percorso narrativo che intreccia ricordi autobiografici con continui riferimenti filosofici e cyberpunk: da Alien 4 a Majakovskij, dal pensiero di Michel Foucault (anch’egli morto di AIDS) alla visionarietà mainstream di Matrix; e ancora, dal mistico indiano Śri Aurobindo allo scrittore Isaac Asimov (ennesima vittima della stessa malattia). Proprio quell’immaginario fantastico, tanto amato da Albi, capace di portarci fuori dal sistema solare, nello spazio e nel tempo, diventa metafora del suo percorso spirituale e della sua malattia. Gli spietati xenomorfi della saga di Alien, con la loro invasiva capacità di annidarsi nei corpi umani, diventano una potente metafora dell’epidemia che ha segnato una generazione.

La fantascienza diventa però anche metafora politica, racconta infatti lo stesso Albi nel suo blog: «…mi è servita per rifugiarmi in quei mondi fantastici che non trovavo nella mia vita e mi ha aiutato ad acquisire una certa elasticità mentale che poi in seguito mi ha aiutato a penetrare nei mondi dello yoga; l’anarchia mi ha fatto capire che quel mondo ideale andava creato, che c’erano altre persone al mondo che ci credevano, che lottavano e addirittura ci lasciavano la vita lottando per realizzarlo».

Albi poi è morto, il sangue sulfureo di Alien ha avuto la meglio. Come Daniele Bernardi, anche io pensavo che fosse eterno e invece ci sbagliavamo. Lascia un vuoto.

In occasione della presentazione del podcast, Zonaprotetta, il servizio che a Lugano si occupa di diritti, salute e sessualità, ci ricorda che oggi in Svizzera, grazie alle terapie antiretrovirali, di AIDS non si muore quasi più. Se adeguatamente trattato, il virus dell’HIV può diventare non rilevabile nel sangue, riducendo il rischio di trasmissione a zero. Sono oltre 17’000 le persone che in Svizzera convivono con l’HIV. Oltre a prevenire nuovi contagi, è fondamentale combattere stigma e pregiudizi, ancora troppo diffusi. È anche questo il senso di questo podcast in cui, i ricordi di Albi – e della sua malattia – riaffiorano dalla nebbia del tempo come files riportati alla luce da un server dimenticato. La sua voce squillante risuona ancora, diffondendo radiazioni cosmiche e vibrazioni mistiche lungo le strade della Gotham City sulle rive del Ceresio.

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