Un’immagine tratta dal film M – Il figlio del secolo (Sky Atlantic)

Il ritratto oscuro di un dittatore

by Claudia

È un’opera ambiziosa dal respiro internazionale, che si rivolge anche a un pubblico che poco conosce la storia italiana, con qualche ammiccamento e una esplicita citazione di Donald Trump. Stiamo parlando di M – Il figlio del secolo, la novità decisamente più interessante di inizio anno tra le serie televisive, ora disponibile su Sky Atlantic dopo essere stata presentata fuori concorso alla Mostra di Venezia lo scorso settembre. Sono otto gli episodi ricavati dall’omonimo romanzo storico di Antonio Scurati, per la regia dell’inglese Joe Wright, noto soprattutto per L’ora più buia del 2017, ispirata, quest’ultima, alle vicende dell’allora Primo ministro britannico Winston Churchill.

Nel ruolo di Benito Mussolini c’è Luca Marinelli – attore affermatosi con La solitudine dei numeri primi, Lo chiamavano Jeeg Robot, Diabolik o Le otto montagne – reso molto somigliante grazie a un trucco accurato. Il rapido prologo è un sunto del Ventennio fascista e si conclude con l’inquietante dichiarazione «Siamo ancora tra voi»: da una parte è come se la narrazione avvenisse in un lungo flash-back, dall’altra è come se mettesse lo spettatore davanti all’epilogo della sua parabola.

L’uomo che si rivolge direttamente al pubblico è tanto seducente quanto tragico è il destino verso cui porterà il suo Paese e non solo. Il protagonista parla spesso rivolto alla cinepresa, rendendo chiara la manipolazione attuata da Mussolini e chiamando in causa lo spettatore. Si crea così l’ambiguità che è uno dei punti di forza, ma pure un rischio, dell’operazione, perché mettere sul banco errori e malefatte forse non toglie la fascinazione del personaggio. M, scritto da Stefano Bises e Davide Serino, inizia a Milano il 23 marzo 1919, quando in piazza San Sepolcro furono fondati i Fasci di combattimento, per terminare il 3 gennaio 1925, dopo l’assassinio di Giacomo Matteotti, che segnò una svolta senza ritorno del regime.

Dallo squadrismo (il futuro Duce incita, sfrutta o giustifica la violenza fin dagli inizi) agli equilibrismi politici (dall’intenzione di riscattare i reduci della Grande guerra per passare presto a ricambiare i possidenti per i generosi finanziamenti) si corre veloci verso la marcia su Roma nell’ottobre 1922, poi l’ingresso al Governo e una presa del potere sempre più ferrea.

La narrazione è coinvolgente e ritmata, su un montaggio spesso veloce e con accostamenti stimolanti e sulle musiche di Tom Rowlands dei The Chemical Brothers. L’impianto è fedele al romanzo di Scurati, che da poco ha pubblicato il quarto della serie, M. L’ora del destino, dedicato ai primi tempi della guerra.

Se ne L’ora più buia, Churchill bollava Mussolini come «lacchè di Hitler» (sui loro rapporti, c’è l’interessante documentario del ticinese Villi Hermann Mussolini, Churchill e cartoline), qui Wright approfondisce la figura del fondatore del fascismo. Ne esce un personaggio complesso e, per questi otto episodi, affascinante e vincente. Un opportunista favorito da avvenimenti quasi casuali, in un misto di sfacciataggine, arroganza, coraggio, carisma, nonché debolezza e divisioni degli avversari e forse qualcuno che, da dietro, sta a guardare e lascia fare.

Il bravo Marinelli è protagonista assoluto, presente in quasi tutte le inquadrature, nei panni di un politico che sembra procedere da solo, senza nessuno al suo fianco, spinto avanti dalla propria protervia. Un manipolatore, abile nello sfruttare i mezzi di comunicazione e deciso ad avere sempre l’ultima parola: soltanto Margherita Sarfatti (cruciale il suo contributo iniziale), Matteotti e la vedova di lui Velia Titta sanno rispondergli a tono.

M – L’uomo del secolo è il resoconto di ciò che accadde in Italia, ma punta a esplorare come nascano le dittature e come queste possano proporsi in tutte le epoche. Il fatto che il Duce si assuma con sfacciataggine le responsabilità politiche del delitto Matteotti senza pagarne le conseguenze, andando avanti senza perdere la presa sui cittadini, crea una strana prospettiva e getta una luce minacciosa anche sul presente.

I tanti spunti di riflessione sono contenuti dentro una confezione cinematografica sontuosa, dalla regia a tutti i singoli reparti. Nel nutrito e azzeccato cast che affianca Marinelli figurano Barbara Chichiarelli, Elena Lietti e Claudio Bigagli, mentre Paolo Pierobon (visto anche in Rapito) è Gabriele D’Annunzio proprio come in Qui rido io di Mario Martone.

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