Per curare le infezioni, nell’antico Egitto e in Grecia venivano impiegate muffe e piante che, col senno di poi, sappiamo essere state in qualche modo efficaci perché producevano sostanze antibiotiche. In Occidente, la svolta consapevole avvenne nel 1929, quando il batteriologo Alexander Fleming scoprì che una muffa conteneva una sostanza capace di bloccare la crescita di alcuni batteri: era la penicillina e fu il primo farmaco efficace contro le infezioni. Alla penicillina hanno poi fatto seguito altri principi attivi per un totale di una trentina di classi composte da una grande varietà di molecole. In un centennio da questa rivoluzionaria scoperta, gli antibiotici sono stati impiegati massicciamente in diversi settori: dalla medicina umana a quella veterinaria fino all’agricoltura. «I batteri infettivi sono tra le minacce più toste per il corpo umano. Da un secolo a questa parte siamo diventati bravi a difenderci da questi microrganismi grazie a questi farmaci molto efficaci», si legge sul dettagliato rapporto dedicato al tema dall’Ufficio federale della salute pubblica (UFSP) che pure pone una domanda oramai doverosa: «Cosa succederebbe se in futuro ci trovassimo di nuovo disarmati?», reputando la questione molto seria. Anche perché: «Potrebbero aprirsi scenari da incubo, il cui nome è antibiotico-resistenza». Come dire: se gli antibiotici smettono di funzionare, torneremo a morire per inezie e l’UFSP lancia l’allarme: «Già se ne vedono i primi segnali».
Il problema della resistenza dei batteri agli antibiotici è preoccupante, anche perché ancora non sufficientemente noto nella popolazione. Un classico esempio è riportato sempre dall’UFSP: «Chi, svegliandosi la mattina infiacchito, indolenzito e influenzato, non apre il cassetto dei medicinali nella speranza di trovarci un benedetto farmaco che possa alleviare il malessere? A qualcuno, forse, è già capitato non solo di aprire il cassetto, ma di scovarci anche una vecchia scatola di antibiotici, quelli che il medico aveva prescritto qualche mese prima per debellare una fastidiosa otite». Un comportamento da non adottare assolutamente, anche se induce a pensare: «Ha funzionato per le orecchie, funzionerà anche per questo raffreddore, e se non funzionasse che male potrà fare?». Errore gravido di conseguenze perché, invece: «L’uso inappropriato degli antibiotici (che mai vanno assunti senza puntuale prescrizione medica) contribuisce per una serie di ragioni alla creazione e alla proliferazione di batteri ad essi resistenti».
Il problema della resistenza batterica agli antibiotici è allarmante e denota ancora troppo poca consapevolezza delle persone a tal punto che, lo scorso mese di novembre, l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) aveva aperto la Settimana mondiale di sensibilizzazione sull’uso consapevole degli antimicrobici.
Nel contempo è stato presentato in tutta la Svizzera un sondaggio condotto a livello federale dalla Strategia di resistenza agli antibiotici (Star) che ha coinvolto più di tremila quattrocento persone, dimostrando la perfetta ignoranza che regna tra noi svizzeri riguardo alla natura e al funzionamento degli antibiotici. Parallelamente, il World AMR Awareness Week (WAAW) ha promosso una settimana dedicata sempre allo stesso tema: «L’antibiotico-resistenza riguarda l’uomo, gli animali e l’ambiente e, per questo, deve essere affrontata con un approccio moderno e globale sulla base del concetto One Healt», a sottolineare che la salute di ciascun essere vivente dipende da quella degli altri e dall’ambiente in cui essi vivono. Il messaggio è chiaro e univoco: «Per limitare lo sviluppo di nuove resistenze e per contrastare le difficoltà di approvvigionamento, è importante utilizzare gli antibiotici solo quando prescritti da un medico, seguendo alla lettera le istruzioni fornite sulla quantità e sulla durata della cura. Inoltre, è bene informarsi presso la propria farmacia di fiducia sulla dispensazione di antibiotici sfusi per ricevere solo il numero di pastiglie necessarie a portare a termine la cura prescritta dal medico». No all’automedicazione, quindi, che non porterebbe ad altro che aumentare la resistenza dei batteri agli antibiotici usati senza indicazione, rendendo inefficaci anche future cure appropriate.
Sempre a novembre dello scorso anno, anche in Ticino il DSS ha presentato i risultati di un sondaggio locale che ha evidenziato una serie di comportamenti corretti, ma anche alcune lacune significative, come hanno spiegato il consigliere di Stato Raffaele De Rosa, il medico cantonale Giorgio Merlani e il farmacista cantonale Giovan Maria Zanini: «Il 73% degli interrogati ha dichiarato di seguire la durata della terapia antibiotica prescritta dal medico e il 66% smaltisce correttamente gli antibiotici inutilizzati, riportandoli in farmacia». Dati positivi, secondo Zanini, ma che indicano che «dobbiamo essere più ambiziosi perché bastano piccoli accorgimenti per migliorare». Bene ma non benissimo, dunque, anche se fra i ticinesi il sondaggio dimostra che l’interesse sull’argomento è alto e se i dati del sondaggio mostrano che, nell’ultimo anno, il 29% dei ticinesi ha assunto antibiotici. «Il che denota una diminuzione rispetto al 32% del 2022, che avrà un impatto positivo». L’UFSP suggerisce che per limitare le resistenze dei batteri ai così preziosi antibiotici si possono fare alcune cose, a cominciare dalla distribuzione degli antibiotici sfusi in numero strettamente sufficiente alla terapia prescritta. Inoltre, «le dosi inutilizzate devono essere riconsegnate in farmacia e non conservate come scorta in caso che qualcuno in famiglia ne abbia bisogno: la cura è individuale e solo il medico può prescriverla». Si ribadisce perciò a chiare lettere che l’assunzione di antibiotici non necessaria contribuisce allo sviluppo delle resistenze: «Se non si cambierà strada, la minaccia microbica potrà dilagare. È l’abuso degli antibiotici a favorire l’antibiotico-resistenza: i batteri resistenti sopravvivono e si moltiplicano ed ecco perché è assolutamente necessario utilizzarli correttamente».
L’UFSP puntualizza infine un altro concetto assolutamente importante relativo alle differenze di cura per infezioni causate da batteri o da virus: «Gli antibiotici non sono efficaci contro i virus! E se abusati, possono eliminare batteri utili al nostro organismo (ve ne sono) e favorire quelli resistenti». Queste le tante ragioni che indicano come, per prevenire il problema, la popolazione va informata e sensibilizzata, così come i medici sono invitati a fare la loro parte «non prescrivendo troppo facilmente antibiotici». La nota positiva è che in Svizzera negli ultimi decenni si sono fatti grandi passi avanti. «Dal 2014 l’uso di antibiotici in medicina umana è diminuito del 26% e addirittura del 72% nella medicina veterinaria». Vi sono altri fronti su cui lavorare: «Se oggi solo il 15% delle acque di scarico in Svizzera viene sottoposto a una fase di depurazione per ridurre l’immissione di antibiotici nell’ambiente, entro il 2040 questa quota vuol essere portata al 70%». Infine, per l’UFSP vi sarà spazio di crescita anche per l’impegno della nostra nazione nella ricerca di nuovi farmaci.