Swiss Paralympic, Para Snowboard WM 2023. (Buchli Fotografie; Sam Buchli)

La traccia di un grande snowboarder paralimpico

by Claudia

La cabina teleferica rallenta progressivamente la sua velocità per fermarsi alla stazione di arrivo, in quota. L’addetto all’impianto apre le porte. C’è chi scalpita, chi esce canticchiando, chi è ancora rinchiuso nel suo mondo, chi inavvertitamente spintona gli altri per essere il primo. C’è chi, invece, più in là con gli anni, sorride e, osservando la scena, lascia uscire indisturbati i giovani sciatori e snowboarder, impazienti di tracciare la propria scia prima di tutti gli altri.

E poi c’è Aron Fahrni. E anche lui si fa strada, immaginandosi la propria traccia a segnare la neve fresca sul pendio a due passi da noi. Ma questo non accadrà oggi, non ora. Perché oggi abbiamo deciso di darci appuntamento per una chiacchierata in vetta, prima che inizi il suo allenamento. Aron è un atleta paralimpico di snowboard molto conosciuto nel suo ambiente per i risultati ottenuti soprattutto nelle ultime due stagioni. Questi, i suoi risultati principali: primo posto ai Campionati del mondo di Banket slalom nel 2023 e secondo posto nello Snowboard cross; secondo posto in Coppa del mondo generale nello Snowboard cross nella scorsa stagione; terzo posto nel Banked slalom e secondo posto nella Coppa del mondo overall.

Aron è noto nell’ambiente non solo per i suoi risultati, ma anche per essere un personaggio decisamente fuori dagli schemi. Si definisce una persona aperta e che ama le sfide di qualsiasi genere. E di regola si lancia in avventure apparentemente anche non logiche, come ama definirle lui. Adora disegnare e suonare e, quando è a casa sua, nell’Emmental, aiuta la famiglia nei lavori in fattoria.

In questo momento, entrambi puntiamo lo sguardo alla finestra del bar in cui ci troviamo, a oltre 2500 metri. Ci sembra di dominare le montagne a 360 gradi. Davanti a noi, fra le creste innevate filtrano i raggi del sole, che sembrano raggiungerci con tutta la loro forza. E qui, improvvisamente, esce una parte che pochi conoscono di Aron. «Sono molto religioso, o meglio, credente», ci dice Aron. «Quando ho avuto il mio incidente, credo di aver vissuto un’esperienza cosiddetta extracorporea. Almeno questo è il ricordo che ho, anche se sempre più sfocato. Avevo solo sei anni. Per tanto tempo ho chiesto a mia madre se ciò che raccontavo fosse stato un sogno. Alcuni particolari della mia descrizione però lasciavano intendere che fosse reale».

Realtà o immaginazione? Poco importa per Aron. Lui dopo l’incidente e nei molti anni di riabilitazione ha trovato nella fede la ragione per superare i molti ostacoli che la vita gli ha presentato. «Attraverso il mio credo riesco a sentirmi libero e leggero e questo ha degli effetti anche sulle mie prestazioni sportive». In un certo senso Aron sente di aver ricevuto dall’alto un talento sportivo e attraverso il risultato della prestazione è come se ringraziasse un’entità superiore per, appunto, il dono ricevuto. Fa strano sentire parlare in questo modo un giovane ventiseienne snowboarder. Ma casi simili nel mondo sportivo non sono un’eccezione. Non è di questo però che siamo qui a parlare oggi.

Il tempo del caffè è finito. Senza spendere fiato in parole, decidiamo di mettere gli attrezzi ai piedi e di scendere verso la pista in cui è tracciato lo slalom per il suo allenamento giornaliero. In pista non è ancora sceso nessuno. Le tracce pettinate dal gatto delle nevi sono intatte. Mi fermo a osservare la discesa di Aron. «Vedi – mi dice una volta raggiunto – non riesco a essere completamente simmetrico nella sciata. Anche se per me è normale e non ho problemi a muovermi con il braccio sinistro paralizzato, a volte nello snowboard compenso una serie di movimenti con il braccio destro e questo si ripercuote nell’efficacia della mia discesa».

Aron, il suo corpo, lo conosce bene. Eccome. Dopo il liceo ha infatti deciso di intraprendere lo studio in scienze motorie. Si è preparato e ha superato con successo gli esami di ammissione, frequentando poi tutti i corsi come il resto degli studenti. «Ho svolto tutti gli esami pratici come gli altri compagni, fatta eccezione per le prove di attrezzistica e di nuoto, discipline nelle quali il mio handicap avrebbe potuto penalizzare fortemente la prestazione».

Durante gli studi decide di frequentare un corso di Gioventù e Sport di snowboard. Qui conosce Silvan Hofer, l’attuale allenatore della nazionale paralimpica di Snowboard. Il talento viene subito riconosciuto da quest’ultimo, che lo invita successivamente a trascorrere qualche giornata di allenamento assieme alla squadra rossocrociata. «È iniziata così la mia carriera sportiva come atleta paralimpico di snowboard», aggiunge Aron.

Poi si gira di colpo, e mi chiede: «Sai che cosa significa Handschuhe Fresser in svizzero tedesco? Avevo sei anni. Subito dopo pranzo non avevo voglia di mettere gli sci ai piedi. Allora mi sono avvicinato al ponylift, ovvero lo skilift per i bambini che ti trasporta afferrandoti forte con le mani alla corda». Handschuhe Fresser tradotto letteralmente significa divoratore di guanti, perché in effetti l’attrito della corda sui guanti consuma il tessuto. «Quel giorno ho deciso di non più rovinare i miei guanti. Sono quindi salito a piedi e ho deciso di aggrapparmi alla corda per farmi trascinare verso il basso, per gioco. Era divertente». Qualcosa però è andato storto. La manica della giacca si è incastrata nella corda e il piccolo Aron è rimasto impigliato nella ruota di partenza dello skilift.

«Ho strappato i nervi del braccio sinistro. Mi sono visto a terra, con gli altri bambini attorno. Ho questo ricordo. Sfuocato». Il percorso riabilitativo è stato lungo, con un trapianto di un muscolo della gamba per guadagnare una minima funzionalità del braccio. «Non voglio mettermi in mostra per la mia disabilità. Io sono così da venti anni e per me è normale. E non so se è per l’incidente che mi sono avvicinato alla fede, allo sport. Non lo so. So di essere qui, felice, dopo una discesa sulla pista. E sono felice e soddisfatto del mio percorso fatto fino a oggi».

Aron volge lo sguardo dall’altra parte, sulla pista, qui, ad Arosa, in cui lo scorso anno allo Swiss Snow Happening ha vinto i campionati svizzeri di maestri di Snowboard, partecipando nella categoria per normodotati. Un esempio di inclusione. E un esempio che potrebbe ispirare altri giovani a lanciarsi nello sport dopo essere stati messi alla prova dalla vita. E dove il risultato sportivo – anche se arriva, come nel caso di Aron – è al secondo posto. Al primo troviamo un esempio di come un incidente può tracciare una nuova via. Buona discesa, Aron.

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