Fabio Andina – Petros Michalopoulos, illustrazioni di Antoine Déprez, L’uomo del bosco che parlava con la capinera, Fontana Edizioni (Da 13 anni)
Forse non era l’intenzione principale degli autori, quella di scrivere per ragazzi, e mi sembra, anche per tono e ritmo narrativo, che il loro libro si rivolga a un pubblico genericamente più esteso, ma il fatto che tra le sue pagine vi sia una cospicua presenza di illustrazioni rende quest’opera, come spesso accade, accostabile automaticamente ai più giovani, e quindi di fatto ospite della nostra rubrica. Del resto al centro c’è un’adolescente, perché l’io narrante di questa storia è un personaggio femminile, ormai anziana al momento dell’istanza enunciativa, che rievoca, a ritroso, una vicenda del suo passato, avvenuta mezzo secolo prima, quando era ancora una ragazza e aveva intrapreso con la mamma una «escursione per valli e montagne», lunga vari giorni. Questo cammino sin dall’inizio si preannuncia come una sorta di viaggio di guarigione, motivato dalla necessità di elaborare una perdita. La figura quasi sciamanica di tramite verso il percorso di guarigione è un vecchio, in cui le due donne si imbattono ai margini del bosco: egli ha, non a caso, degli «occhi da bambino», capaci di vedere con il cuore, di vedere l’Oltre, di vedere l’Altro. Celeste, questo (anche qui forse non a caso) è il nome dell’uomo, ospiterà madre e figlia nella sua casa, dal momento che la capanna verso cui erano dirette è «chiusa», stranamente chiusa in quella stagione, come se fosse un segno del destino, questa sosta forzata misteriosa e salvifica, durante la quale egli fornirà alle sue ospiti un duplice insegnamento. Da un lato molto pratico, fatto di mani, di terra, di stagioni e profumi, condensato nella sapienza del prendersi cura con rispetto del mondo naturale, dall’orto, alla cucina, agli animali; dall’altro lato spirituale, volto a scorgere la possibilità di sentire dentro di sé la presenza di chi ci ha lasciato, vedendolo con gli occhi del cuore. Al netto di qualche incoerenza stilistica, in particolare nel linguaggio dell’io narrante, che ondeggia tra toni alti (l’uso del passato remoto, un lessico a volte ricercato) e un accordo non sempre accurato dei tempi verbali (ad esempio «prima che calava il buio, montavamo la tenda», «dopo esserci sistemate nella tenda, la torcia elettrica si scaricò»), è una storia con degli spunti di riflessione.
Sara Sciuchetti Conti-Giuseppe Ferrario, Le chiavi di Sofia, ESG Edizioni Svizzere per la Gioventù (Da 8 anni)
Si chiama Sofia, la bambina protagonista di questo racconto dell’autrice mesolcinese Sara Sciuchetti Conti: un nome non casuale, Sofia, visto che è il desiderio di conoscere ad animare la piccola, in questa avventura dai toni filosofici, che si apre proprio con una domanda: «Un giorno Sofia chiese a suo padre a cosa servisse quel grande mazzo di chiavi…». Sin dall’incipit siamo quindi proiettati dentro una dimensione simbolica: si parla di chiavi, e dunque di porte da aprire, porte che aprono su mondi da scoprire, da fare propri, dei quali comprendere il valore. «Faremo il giro dei mondi» dice il papà, e non «il giro del mondo», alludendo a questa pluralità di mondi che sarà bagaglio prezioso per il viaggio di formazione della bambina. Il primo mondo è quello della cultura, rappresentata da un’antica biblioteca (certo, la cultura non è solo nei libri, ma la interpretiamo come una licenza poetica di un racconto fantastico); la seconda chiave li porterà poi su una montagna altissima, dove vedranno, sentiranno, gusteranno cose, e questo sarà il mondo dell’esperienza; ci sarà quindi il mondo della libertà; ma è sul quarto mondo che viene messo, ci pare, l’accento, e questo quarto mondo è quello dell’immaginazione, che serve «a rimanere sempre felici». Una bella metafora dell’importanza dell’immaginazione come risorsa interiore, da costruire sin dall’infanzia, per poi affrontare le sfide della vita. E come si costruisce un immaginario? Grazie appunto alle storie, che servono non necessariamente a far diventare i bambini dei forti lettori, ma a farli diventare delle persone felici, che avranno sempre un talismano interiore a cui attingere, come conforto, ma anche come spinta a percorrere strade meno scontate e battute. A raccontare il mondo dell’immaginazione sono delegate soprattutto le illustrazioni di Giuseppe Ferrario (celebre autore, fumettista, illustratore milanese), che con il suo dinamico tratto accompagna tutta la narrazione, fornendole humour e freschezza.