«Mi colpisce il fatto che nello spazio di pochi istanti sono passato a essere ufficialmente colui che si siede dall’altra parte della scrivania del medico, da curante sono diventato paziente colpito da una malattia che per di più è inclusa nel mio campo di specializzazione. Ironia della sorte?».
Inizia così il libro I giorni che verranno scritto dal dottor Filippo Donati affiancato dalla scrittrice Federica Lehner (ed. Dadò). I giorni ai quali il dott. Donati guarda sono quelli in cui dovrà convivere con la malattia di Parkinson. Per anni è stato primario del servizio di neurologia del Centro ospedaliero di Bienne, di Parkinson sa tutto dal punto di vista medico, ma viverlo sulla propria persona, sul proprio corpo cambia la prospettiva, decide così di tenere un diario che racconti «il viaggio nella malattia». Nel tempo il diario è diventato un progetto più articolato, ne è nato un libro con una struttura che si articola su più piani: la parte narrativa, costituita dal diario del protagonista, e la parte «tecnica», costituita da schede scientifiche che trattano in modo chiaro, divulgativo e rigoroso aspetti medici, neurologici e psicologici della malattia. Queste schede tecniche sono, a loro volta, arricchite da disegni di sette artisti contemporanei svizzeri che illustrano con la loro sensibilità il tema medico specificamente trattato.
Il libro ha a tutti gli effetti la forma di un diario ma non si deve credere che la narrazione della malattia sia totalmente lineare, salta a volte anche lunghi periodi, riprende dopo mesi, eppure Donati riesce sempre a coinvolgere il lettore, senza cedere mai all’autocommiserazione. La forza delle pagine, che l’autore stesso definisce come un «romanzo medico», nasce da una grande capacità di introspezione che, come capita normalmente nella vita, lascia spazio agli eventi grandi e piccoli del quotidiano, gli incontri con gli amici e i loro problemi, i brevi e lunghi viaggi, l’uscita al cinema, le riunioni di famiglia, la propensione del protagonista a fare progetti per il futuro, la gioia quasi illogica di comprarsi una moto. Ritorna spesso l’analisi del rapporto con la moglie e con i figli; Donati si domanda quanto parlare in famiglia del decorso della malattia. Sarebbe meglio affrontare l’argomento più spesso, in modo più diretto? In questo campo nessuna risposta è certa, ma il sentire la stabilità degli affetti è essenziale. Più volte poi ritorna il tema dell’importanza del rapporto con il proprio medico, tanto che Donati stesso si chiede fin da subito: «Sono sempre stato all’altezza umanamente, oltre che professionalmente, con tutti i miei pazienti?».
Filippo Donati ci ha donato, è proprio il caso di dirlo, un libro pieno di coraggio e di umanità, capace di coinvolgerci emotivamente, ci rende partecipi dei pensieri personali e delle intime paure di chi un giorno riceve una diagnosi che gli cambierà il resto dell’esistenza. Come sottolinea anche Elmar Zwahlen, presidente di Parkinson Svizzera, nella prefazione, non si può che ammirare la determinazione di Donati nel «continuare a perseguire e realizzare i suoi obiettivi di vita» e la capacità di affrontare le difficoltà anche cercando aiuto nei momenti in cui sente che da solo non ce la farebbe. Il diario è una testimonianza importante e da condividere con chi vive una situazione simile, sia i malati sia chi li accompagna in questo viaggio, compresi i professionisti nel campo della salute.