L’orrore di una morte annunciata in bianco e nero

Per chiunque fosse, al pari di chi scrive, abbastanza cresciuto da comprendere la gravità dei fatti dell’epoca, le morti di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino – avvenute nel 1992, ad appena 57 giorni di distanza l’una dall’altra – conservano la valenza simbolica di uno strappo netto nella coscienza non solo dell’intera penisola italiana e dei suoi abitanti, ma anche di chiunque, in tutto il mondo, avesse a cuore l’integrità della coscienza civile per come espressa nella lotta contro la mafia.

All’interno di una vicenda già di per sé straziante, quella di Paolo Borsellino è infatti una parabola particolarmente tragica, molto simile, negli intenti come nei sentimenti, a un romanzo cavalleresco d’altri tempi, in cui l’eroe si immola in modo consapevole per il bene comune, accettando l’immane e ineluttabile sacrificio come qualcosa di dovuto e naturale. E – dato l’innegabile valore non solo narrativo, ma anche educativo, di una vicenda umana del calibro di quella del magistrato siciliano – non stupisce che la scelta di dedicargli innumerevoli volumi didattici destinati a ogni fascia d’età (tra cui più di una graphic novel) sia apparsa del tutto naturale – soprattutto dal momento che il mezzo espressivo fornito dalla letteratura disegnata rappresenta un modo semplice e immediato di attirare il pubblico giovanile. In effetti, il fumetto di stampo biografico offre quello che può considerarsi come uno sguardo privilegiato sulla vita di un personaggio: romanzandone (ed enfatizzandone, tramite il disegno) l’esperienza a partire da fatti e situazioni reali, permette di avvicinarsi a emozioni, sentimenti e percezioni del protagonista di turno tramite la più autentica identificazione – quella capacità d’immedesimazione e «transfert» emotivo che solo la fiction di qualità può offrire.

Ed ecco che in Paolo Borsellino – Una storia da raccontare, volume firmato da Marco Sonseri ai testi e Gian Luca Doretto alle matite e pubblicato nel 2021 per i tipi di Renoir Comics, quest’anelito è portato al pieno successo narrativo tramite un uso sapiente della narrazione in prima persona, tale da permettere al lettore di camminare a fianco del giudice palermitano fino al tragico epilogo della sua avventura. Il racconto attraversa infatti tutte le fasi dell’esperienza umana di Borsellino, dalla guerra e dall’idealismo politico e militante della gioventù fino alle grandi sfide dell’età matura, esaminando a fondo il sentimento che più ha definito la sua vita – ovvero, la profonda passione per la giustizia e, soprattutto, l’impegno nella lotta contro la mafia a fianco del collega e grande amico Giovanni Falcone, con la morte del quale Borsellino si sarebbe trovato a dover combattere da solo, sapendo benissimo di essere, per molti versi, un morto che camminava.

Avviene così che una delle sequenze più riuscite dell’intera graphic novel sia proprio quella in cui Borsellino, chiamato in ospedale al capezzale dell’amico subito dopo l’attentato di Capaci, assiste impotente alla morte del compagno di tante battaglie per poi fare ritorno a casa nel più pietrificato e sconvolto silenzio – un silenzio nel quale sembra quasi di affogare, e da cui si può essere salvati solo dall’abbraccio comprensivo e salvifico di una moglie. A quel punto, diventa subito chiaro come Borsellino fosse perfettamente consapevole di quanto lo attendeva, e del fatto che presto sarebbe stato chiamato a condividere la sorte dell’amico scomparso; e il fumetto riesce a catturare, in tutta la sua drammaticità, quella sorta di «limbo» all’interno del quale il giudice proseguì nel suo instancabile lavoro, cercando, per quanto possibile, di portare avanti i propri ideali in quelli che sapeva essere i suoi ultimi giorni – fino alla strage di Via D’Amelio, nella quale perderà la vita insieme agli agenti della sua scorta.

All’interno di una traiettoria tanto dolente, che ha le caratteristiche di una tragedia greca, la fusione tra testo e immagine si carica di una responsabilità per certi versi ancor più grande, dovendo trasmettere la drammaticità della vicenda e, allo stesso tempo, l’elemento salvifico fornito dallo spessore umano del giudice, che riscatta con la propria semplicità e dedizione l’orrore di una morte annunciata. I testi di Sonseri, nome ormai collaudato nell’ambito del fumetto d’autore italiano (sua la sceneggiatura dell’unica graphic novel su Bud Spencer, già recensita su queste pagine) mostrano un invidiabile equilibrio tra l’intensità richiesta dall’argomento e la leggerezza di cui Paolo Borsellino era capace nella vita reale; il tutto in perfetta combinazione con il tratto sicuro e pulito di Doretto, il quale, come prevedibile, decide di utilizzare le atmosfere «noir» e malinconiche che solo il monocromatico – nello specifico, il bianco e nero arricchito dalla scala di grigi offerta dall’inchiostrazione a china – può fornire a un fumetto. Una scelta azzeccata, soprattutto nelle molte sequenze ad alto voltaggio emotivo, le quali, nonostante l’uso di una struttura della pagina convenzionale, sono gestite con taglio fortemente cinematografico e inquadrature immersive (si vedano l’ampio uso di primi e primissimi piani e l’alternanza di campo e controcampo); il che, tra splash panel dal notevole impatto visivo e toccanti didascalie introspettive, permette un coinvolgimento pressoché totale nella vicenda.

Tutto ciò fa di Paolo Borsellino – Una storia da raccontare uno sguardo evocativo e toccante sulla quieta battaglia personale di un uomo apparentemente comune, costretto a divenire suo malgrado un eroe soprattutto per spirito di servizio nei riguardi del proprio Paese; e in un certo senso, davanti a un simile dono – a un sacrificio di questa magnitudine – le parole sembrano quasi superflue, a meno che non vengano rivestite di nuova dignità e potenza dai disegni che le accompagnano. E proprio in questo, in fondo, sta la vera, grande forza del fumetto d’autore: nella sua capacità di raccontare una storia «dal di dentro», attraverso gli occhi del protagonista, permettendo al lettore di sperimentare di riflesso tutti i drammi e le gioie dell’esperienza reale. Esperienza che, nel caso dell’opera di Marco Sonseri e Gian Luca Doretto, riesce a schivare la facile trappola della caduta nell’archetipo del cosiddetto «eroe dolente» per dipingere invece un ritratto a tutto tondo di un uomo solo contro il mondo – e che, proprio per questo, rappresenta qualcuno in cui noi tutti vorremmo avere il privilegio di poterci riconoscere.

Related posts

Viale dei ciliegi

Fierezza e inconciliabilità con il mondo borghese

Satira editoriale