Particolare della mostra Alberto Garutti – Orizzonte alla Buchmann Galerie di Lugano (Court. Buchmann Galerie Lugano; foto: Antonio Maniscalco)

Mezzo secolo di passione per l’arte

by Claudia

Cinquant’anni or sono, a San Gallo, nasceva la Galleria Buchmann. A fondarla Elena e Felix, marito e moglie, entrambi grandi appassionati d’arte. Forse nemmeno loro immaginavano che quello spazio espositivo affittato al piano terra dell’edificio in cui Felix aveva la sua agenzia pubblicitaria avrebbe segnato l’incipit della lunga e prolifica storia di un luogo d’arte e di cultura internazionale, apprezzato da artisti, collezionisti e amanti del settore.

Dotati di una profonda sensibilità nei confronti dell’arte così come di un’attitudine innata a riconoscere gli animi e gli ingegni più promettenti, i coniugi Buchmann hanno sempre lavorato con entusiasmo, solerti nel vagliare tutto ciò che accadeva nel panorama artistico mondiale e abili nel coglierne con acume e lungimiranza i risvolti più interessanti.

Lo dimostra, già dagli esordi sangallesi, la scelta di esporre artisti emergenti svizzeri diventati poi grandi nomi, come Matias Spescha, Urs Lüthi e Dieter Roth, e di presentare linguaggi espressivi avanguardistici come la Video Art.   

Con il trasferimento della galleria a Basilea, nel 1983, i Buchmann organizzano grandi mostre dedicate a figure del calibro di Georg Baselitz, Daniel Buren, Lawrence Carroll, Tony Cragg, Wolfgang Laib, Giuseppe Penone e Mario Merz. Proprio di Merz è la rassegna inaugurale della nuova sede basilese, dove vengono accolti gli imponenti lavori che il maestro italiano aveva realizzato al Castello di Rietberg, nel Canton Grigioni, frutto di un innovativo progetto che dava la possibilità agli artisti di operare in un contesto messo a loro completa disposizione e dotato di tutto il necessario per dar vita alle loro creazioni.

Con intraprendenza, Elena e Felix spostano nel 1998 la sede della galleria nel nostro Cantone, ad Agra, in un edificio con un ampio giardino scelto appositamente per ospitare sculture di grandi dimensioni. Questi sono gli anni in cui Felix fa parte del comitato di Art Basel adoperandosi molto per sollecitare un’apertura della fiera verso tale tipo di espressione artistica.

Dopo la scomparsa del marito nel 2008, Elena continua a gestire la galleria con energia e tenacia, accostando nel 2013 alla sede di Agra un’area espositiva in centro a Lugano: «Un luogo di meditazione sull’arte», come lei stessa lo ha sempre definito, aperto con la convinzione che, nel cuore della rumorosa città, potesse favorire, anche solo per un attimo, una condizione di raccoglimento e di riflessione interiore.

Nell’autunno del 2020 chiude la galleria di Agra e tutte le attività vengono concentrate nella sede luganese, che raccoglie così il testimone di decenni di solide e feconde relazioni instaurate con gli artisti. Dopo un lustro, nel 2025 termina anche l’attività espositiva nello spazio cittadino.

Mezzo secolo di vita non è semplice da riassumere in poche parole. Quando però chiediamo a Elena Buchmann che cosa di tutti questi anni ricorda con maggior piacere, non ha alcun dubbio: «È il contatto con gli artisti, il rapporto umano che abbiamo instaurato con loro. Questo rapporto per me ha avuto sempre più valore di ogni altra cosa. Sono tanti i maestri con cui abbiamo avuto a che fare, spesso molto diversi tra loro, e con ciascuno siamo riusciti a entrare in sinergia, a creare un legame autentico che ci ha coinvolti in maniera totale e che ci ha aperto la mente. Per noi gli artisti erano persone di casa. Dieter Roth, ad esempio, a mio parere una delle figure elvetiche più rilevanti, veniva spesso da noi a San Gallo per dipingere in una sala adiacente agli uffici di mio marito: avevamo acquistato un suo quadro non finito e lui si recava qui per portarlo avanti. È un’opera che adesso fa parte della collezione del Museo di Aarau. Quando l’artista arrivava a casa nostra, chiacchierava con Felix e dipingeva. Poi, dopo aver lavorato, si metteva a suonare una piccola fisarmonica per i miei due bambini. Eravamo come una famiglia. Per me essere una gallerista significa proprio costruire un rapporto continuo con gli artisti: è un mestiere che non finisce con una mostra o con la vendita di un quadro, ma che vive di relazioni alimentate costantemente e fondate su una profonda stima e su una crescita reciproca».

Diventata un punto di riferimento importante nel panorama artistico ticinese, elvetico e internazionale, Elena Buchmann, oltre ad aver gestito la galleria e la sua partecipazione alle maggiori fiere d’arte contemporanea (è presente ad Art Basel fin dal 1981), ha collaborato con istituzioni museali e spazi privati a progetti di ampia portata, sempre nel segno della valorizzazione dell’arte.

In merito agli eventi culturali realizzati in anni recenti in Ticino, Buchmann ricorda in particolare Lugano Mostra Bandiera, una rassegna en plein air organizzata nel 2015 dalle gallerie della città come evento celebrativo in vista dell’apertura del LAC, e, soprattutto, l’esposizione allestita al Santuario della Madonna d’Ongero a Carona nel 2018, «un progetto a cui tenevo molto e che ha coinvolto tanti artisti chiamati a confrontarsi con la Via Crucis di quattordici cappelle che conduce all’edificio religioso, in una suggestiva e audace connessione tra arte contemporanea e spiritualità», sottolinea.

Ripercorrendo la storia della galleria, Buchmann non nasconde che negli ultimi anni ci siano stati cambiamenti profondi nella percezione e nella fruizione delle mostre da parte del pubblico. «Oggi molte persone non vedono più le esposizioni come una proposta culturale ma come un evento a cui partecipare solo se vi viene allestita attorno una cornice più “mondana”. Ho notato che si è perso molto dell’autentico valore di una rassegna. Per me l’obiettivo è sempre stato quello di arricchire le persone, di dare loro degli stimoli su cui riflettere».

Ed è così anche per la mostra scelta per concludere l’attività espositiva di Lugano, un prezioso omaggio ad Alberto Garutti, artista scomparso nel 2023 con cui la galleria ha mantenuto per anni uno stretto rapporto. Il lavoro del maestro italiano è sempre stato mosso dall’urgenza di penetrare la realtà del mondo esterno e la vita della collettività, innescando meccanismi di partecipazione e dialogo con il pubblico. Nello spazio luganese (dove è stato anche presentato l’esaustivo volume dedicato all’artista, concepito da Germano Celant) sono state esposte alcune opere della serie Orizzonti, nate alla fine degli anni Ottanta: lastre di vetro dipinte con pittura nera e bianca, ciascuna delle quali esiste in virtù della relazione di Garutti con un suo collezionista o committente.

Dal suo Lugano Office Elena Buchmann continuerà a occuparsi di promozione e consulenza in campo artistico

L’artista trasferisce così in queste creazioni la linea dell’orizzonte della propria carriera, costellata dagli incontri e dalle relazioni con le persone che lo hanno apprezzato e sostenuto. «Il titolo Orizzonte è particolarmente significativo proprio perché incarna il concetto di infinito, di qualcosa che non si conclude ma che anzi si schiude a qualcosa di nuovo», sottolinea Buchmann. «Oltre a questa serie, in rassegna abbiamo voluto presentare un’opera che Garutti ha realizzato appositamente per il progetto di Carona e, negli spazi del nostro Lugano Office, abbiamo esposto alcuni raffinati olii su carta», prosegue.

Sarà proprio da questo ufficio in centro città che Elena Buchmann continuerà a dedicarsi alla promozione dei suoi artisti e a fornire consulenza a collezionisti e istituzioni, proseguendo il lavoro iniziato mezzo secolo fa all’insegna della volontà di trasmettere un’idea di arte come insostituibile strumento di apertura verso il mondo.

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