(Keystone)

Responsabilità ambientale: realismo o utopia?

by Claudia

Il 9 febbraio prossimo Popolo e Cantoni dovranno decidere se ridurre, entro 10 anni, l’impatto ambientale della Svizzera per rispettare i limiti naturali della Terra. È quanto chiede l’iniziativa popolare dei Giovani Verdi «Per un’economia responsabile entro i limiti del pianeta (Iniziativa per la responsabilità ambientale)», riuscita nel febbraio del 2023. Il progetto vuole ancorare nella Costituzione il rispetto dei «limiti del pianeta», superati i quali le risorse naturali della Terra, in determinati settori come il clima o la biodiversità, non sono più in grado di rigenerarsi. Esige che l’economia svizzera, comprese le sue importazioni, rientrino nei citati limiti naturali. Per raggiungere questo obiettivo, la proposta modifica costituzionale non indica tuttavia misure specifiche, quali prescrizioni, divieti e incentivi, ma affida questo arduo compito al legislatore.

L’iniziativa avrebbe troppe ed eccessive conseguenze economiche e sociali, sottolineano Governo e maggioranza parlamentare. Essi respingono dunque il progetto, tra l’altro perché la Costituzione già annovera disposizioni equilibrate per promuovere la sostenibilità. In una fase transitoria comporterebbe un notevole aumento degli oneri a carico di Confederazione e Cantoni. L’iniziativa per la responsabilità ambientale – secondo i promotori – chiede qualcosa che dovrebbe essere ovvio: conservare le basi della vita umana. Per lodevole che sia, questa richiesta appare ai contrari poco realistica, parecchio utopica. Comporterà prescrizioni e divieti che avranno ripercussioni sullo stile di vita della popolazione e che non saranno «socialmente sostenibili». La proposta non convince, tanto che – secondo i sondaggi – ha poche possibilità d’essere accolta in votazione, visto anche lo scarso interesse che suscita. Stando al comitato d’iniziativa, i limiti naturali del pianeta sono punti di riferimento ecologici, definiti da scienziati ed esperti, che l’attività umana è chiamata a non superare per non correre il rischio di sbilanciare irreversibilmente la Terra e raggiungere punti di non ritorno. Se il testo in votazione dovesse essere accolto, la Svizzera sarebbe tenuta a ridurre gli impatti ambientali causati dal consumo nazionale. L’obbligo di diminuire drasticamente il consumo verrebbe applicato in sei settori: il cambiamento climatico, la perdita di biodiversità, il consumo d’acqua, l’utilizzazione del suolo, l’inquinamento atmosferico, nonché le immissioni di azoto e fosforo. Per raggiungere gli obiettivi dell’iniziativa – che rientra negli sforzi volti ad abbandonare le energie fossili come petrolio, gas naturale e carbone – le emissioni di gas serra tra 10 anni dovrebbero essere ridotte di oltre il 90%, la perdita di biodiversità dovrebbe diminuite di circa il 75% e l’immissione di azoto dovrebbe essere dimezzata.

I fautori dell’iniziativa sottolineano che la nostra economia consuma molte più risorse di quelle che la natura riesce a rigenerare. Ricordano le catastrofi naturali estreme che si verificano con sempre più frequenza come inondazioni, siccità e scioglimento dei ghiacciai. Occorre dunque adottare provvedimenti. Per i sostenitori dell’iniziativa non si deve più dare la precedenza ai profitti a scapito dell’ambiente e della popolazione. Per questo motivo difendono un sistema economico che garantisca un’equa ripartizione delle risorse naturali e che dia la precedenza al principio secondo cui «chi inquina paga», poiché non spetta alla collettività assumere i costi dei danni ambientali. La sostenibilità dell’economia e della società deve diventare una priorità collettiva. L’iniziativa è sostenuta a sinistra dai Verdi, dal Partito socialista e dalla Gioventù socialista. È appoggiata anche da organizzazioni ecologiste come Greenpeace, Uniterre (movimento sindacale contadino), l’Associazione dei piccoli contadini e le Anziane per il clima, nonché da 80 scienziati svizzeri e dal Partito evangelico. In Parlamento, i Verdi e il Ps erano i soli a difendere il progetto. Hanno inutilmente cercato di far passare un controprogetto diretto che riprendeva il resto dell’iniziativa ma che non conteneva alcun termine di attuazione.

Dato che è l’unico oggetto in votazione, per la campagna è stato annunciato l’investimento di 684 mila franchi. Per difendere il loro progetto, secondo il Controllo federale delle finanze, i sostenitori hanno preventivato 233’500 franchi, di cui 174’500 messi a disposizione dai Giovani Verdi, promotori dell’iniziativa. Greenpeace ha messo sul piatto 59’000 franchi. A nome dello schieramento opposto, il PLR ha comunicato che si è deciso di sborsare 450’000 franchi, di cui 290’000 messi a disposizione da economiesuisse, 100’000 dall’USAM e 50’000 dai proprietari immobiliari svizzero tedeschi. Ma qual è la posizione degli oppositori? Riconoscendo la necessità di preservare le risorse naturali del pianeta, Governo e Parlamento ricordano che da decenni la Confederazione dà grande importanza alla protezione dell’ambiente e intende proseguire su questa via. «Acqua pulita, aria fresca e un suolo fertile sono la base della vita» e stanno a cuore anche al Consiglio federale, ha sottolineato Albert Rösti, capo del Dipartimento federale dell’ambiente, dei trasporti, dell’energia e delle comunicazioni (Datec). La sostenibilità del nostro Paese si basa su ecologia, economia e socialità. Orbene – ha aggiunto il ministro dell’ambiente – questi elementi hanno portato stabilità e prosperità alla Svizzera. A suo modo di vedere, un «sì» all’iniziativa dei Giovani Verdi metterebbe in pericolo questo modello di successo: per giustificata che sia, la responsabilità ambientale avrebbe il sopravvento sull’economia e il benessere della popolazione.

Inoltre l’iniziativa va troppo lontano: con il suo periodo di attuazione di 10 anni, troppo corto, provocherebbe costi considerevoli per tutti. Questo breve lasso di tempo – per Rösti – imporrebbe alla Svizzera di adottare provvedimenti rigorosi, che avrebbero conseguenze gravi per l’economia e la società. I prodotti e i servizi destinati al mercato elvetico sarebbero sottoposti a esigenze più severe rispetto a quelli destinati al mercato estero. Molte aziende dovrebbero adattare la loro produzione o abbandonare dei prodotti. Di conseguenza il mercato svizzero potrebbe diventare meno attraente, costringendo le aziende ad andarsene. Il consumo subirebbe restrizioni nei settori dell’alimentazione, dell’alloggio, dell’abbigliamento e della mobilità. In sostanza, gli oppositori temono un’esplosione dei prezzi e una diminuzione del tenore di vita. A farne le spese sarebbero soprattutto i ceti meno abbienti, proprio perché molti beni di consumo quotidiano diverrebbero più cari.

Secondo il consigliere federale Albert Rösti, sostenuto dalla netta maggioranza parlamentare, il costo dei provvedimenti per il raggiungimento degli obiettivi fissati dall’iniziativa dei Giovani Verdi sarebbe insopportabile. La Costituzione già annovera disposizioni per incoraggiare lo sviluppo sostenibile e cercare di conservare, nel limite del possibile, le basi naturali della vita, senza minare gli interessi della popolazione. È giusto che il campanello d’allarme degli iniziativisti risvegli le coscienze, ma non deve creare più problemi di quanti ne vuole risolvere.

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