Trump in collegamento streaming con il Forum economico mondiale giovedì scorso (Keystone)

Sei consiglieri federali su sette al Wef di Davos

by Claudia

Ogni anno in gennaio la politica svizzera vive una sospensione di qualche giorno. Partiti, associazioni e sindacati riducono al minimo le loro attività perché una buona parte dell’attenzione si sposta su Davos e sul Forum economico mondiale (Wef). Non per nulla, in quei giorni targati Wef, la località grigionese si trasforma in una sorta di sede d’alta quota del Consiglio federale, visto che i nostri ministri vi si trasferiscono in gran numero per incontrare i loro omologhi in arrivo da tutto il mondo. Quest’anno, nell’edizione che si è svolta la scorsa settimana, ben sei consiglieri federali su sette hanno trascorso qualche giorno al Forum economico mondiale. L’unico a essere rimasto a Berna è stato Albert Rösti. Gli altri suoi colleghi di Governo si sono ritrovati a gestire una quaranta di incontri bilaterali, Davos conferma così di essere un volano diplomatico di primo rango per il nostro Paese.

L’anno scorso, proprio in occasione del Wef, era nata l’idea di una Conferenza internazionale sull’Ucraina, che si era poi svolta all’inizio dell’estate sul Bürgenstock. Anche quest’anno quel conflitto è stato al centro delle attenzioni e, per quanto riguarda la Svizzera, il nostro ministro degli esteri Ignazio Cassis ha incontrato a Davos il suo omologo ucraino Andri Sibiha, mentre la presidente della Confederazione Karin Keller-Sutter ha avuto un colloquio con Volodymyr Zelensky. Su questo fronte, il ritorno alla Casa Bianca di Donald Trump ha di fatto aperto una nuova fase, visto che l’ex e al contempo neo-presidente degli Stati Uniti si è detto in grado di risolvere alla svelta questa guerra. La diplomazia a stelle e strisce è al lavoro, anche per mettere Putin sotto pressione con ulteriori sanzioni e dazi commerciali. Nel suo intervento di giovedì scorso, in collegamento streaming con il Forum economico mondiale, Trump ha messo l’accento anche sul prezzo del petrolio, dicendo di essere pronto a chiedere, o imporre, una sua riduzione ai Paesi dell’Opec (Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio). Con un prezzo del greggio in calo «la guerra in Ucraina si fermerà immediatamente», ha lasciato intendere il presidente degli Stati Uniti, visto che la Russia continua a finanziare i suoi sforzi bellici anche attraverso la vendita di petrolio. In questo contesto – dominato dalla figura di Trump, ma anche dalle tante incertezze che segnano questo cambio della guardia alla Casa Bianca – il nostro Paese non ha al momento un ruolo diplomatico specifico.

Kiev è comunque tornata a chiedere a Berna la disponibilità ad assumere il compito di rappresentare i suoi interessi diplomatici in Russia, più o meno quello che la Svizzera svolge ad esempio tra Stati Uniti e Iran. Un ruolo per facilitare i contatti tra Paesi nemici che Mosca si è finora sempre rifiutata di accordare a Berna, visto che a suo dire la Svizzera ha ormai perso lo statuto di Paese neutrale, per essersi schierata dalla parte di Kiev e dell’Occidente. A Davos Ignazio Cassis ha anche incontrato la ministra degli esteri finlandese Elina Valtonen. La Finlandia al momento presiede l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, ruolo che nel 2026 verrà assunto dalla Svizzera. La nostra diplomazia sarà dunque presto chiamata a dirigere le operazioni di questa organizzazione che già in passato ha avuto un ruolo di primo piano nella ricerca della pace in Ucraina, dopo i primi scontri armati del 2014, e prima ancora nei Paesi dell’ex Jugoslavia.

A Davos comunque non si è parlato solo di Ucraina e dell’invasione russa di questo Paese. C’è stato spazio anche per una delle leve classiche della nostra diplomazia, quella commerciale. Il nostro ministro dell’economia Guy Parmelin ha siglato due accordi di libero scambio, con il Kosovo e con la Thailandia. Due intese non certo di primo rango ma che aumentano il numero di queste convenzioni. Stando alla Seco, la Segreteria di Stato per l’economia, il nostro Paese dispone al momento di 35 accordi di libero scambio, a cui vanno aggiunti quelli con l’Unione europea e quelli con l’Associazione europea di libero scambio. Su questo fronte, a detta dello stesso Parmelin, il 2025 sarà caratterizzato soprattutto dal rinnovo dell’accordo commerciale tra il nostro Paese e la Cina, che è in vigore da oltre dieci anni.

Un dossier che è destinato a suscitare parecchie polemiche interne, tra chi mira a intensificare le relazioni commerciali con Pechino e chi invece mette in guardia sul mancato rispetto dei diritti delle persone da parte del regime cinese. Da marzo Berna riaprirà queste trattative, una sorta di via svizzera verso la Cina, e viceversa. Un rapporto con Pechino che diversi altri Paesi ci invidiano ma che internamente non mancherà certo di far discutere. Accordi commerciali che al momento rappresentano una sorta di contromisura alle minacce statunitensi di imporre dazi e barriere doganali un po’ dappertutto nel mondo. Una strategia del «bastone» che un The Donald decisamente su di giri è tornato a ripetere anche nel suo infuocato collegamento video con Davos, alzando i toni in particolare contro l’Unione europea e le sue pratiche commerciali. Una dinamica in cui anche il nostro Paese potrebbe venir risucchiato.

E qui va detto che gli Stati Uniti sono diventati nel corso del 2023 il mercato al mondo che più importa beni e servizi di origine elvetica. Una bilancia commerciale in attivo per la Svizzera, che rischia di non piacere per nulla alla Casa Bianca. Da notare che gli Stati Uniti sono al momento – così ricorda la Seco – il «partner commerciale più importante con cui la Svizzera non ha ancora concluso un accordo di libero scambio». Tornando al Forum economico mondiale di Davos, va detto che c’è stato spazio pure per le nostre relazioni con l’Unione europea, dopo la conclusione delle trattative per i bilaterali del futuro. Poche le novità al momento su questo fronte, che ha visto Karin Keller Sutter incontrare la presidente della commissione europea Ursula von der Leyen e Ignazio Cassis dialogare nuovamente Maros Sefcovic, l’uomo di Bruxelles in questi negoziati. Il ministro ticinese ha offerto al commissario europeo una fondue al formaggio, in nome di una diplomazia che al Wef si confonde spesso anche con l’arte culinaria, e pure viti-vinicola. E qui, in conclusione, ci sono da segnalare le scelte gastronomiche della presidente della Confederazione. A Davos Karin Keller-Sutter è stata vista più volte al ristorante della Migros, con tanto di vassoio in mano, intenta a scegliere gli ingredienti del suo pasto. Un’immagine di sobrietà, lassù tra i nomi più blasonati, e facoltosi, di questo pianeta.

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