Il corpo come narrazione

by Claudia

Il lettore, anche quello più smaliziato, farebbe fatica a definire il nuovo sorprendente libro di Vittorio Lingiardi, Corpo, umano (Einaudi, 282, 20 euro); lo si potrebbe forse semplicemente concepire come un lungo racconto di forte e coinvolgente presa narrativa, o meglio una esperienza, un viaggio dentro il corpo, le funzioni, i meccanismi, il suo immaginario e i suoi simboli. Una esperienza segnata dalla necessità di entrare in rapporto con qualcosa di umano e troppo umano che riguarda tutti, ciò che siamo, la materia multiforme di cui siamo fatti e con la quale ci relazioniamo con l’altro da sé e le cose del mondo circostante, dove si esercita anche il biopotere, quello che Foucault chiamava «gestione economica e biologica dei corpi». Si vive l’esperienza del piacere, del dolore, la metamorfosi del genere.

Ho detto coinvolgente perché pur trattando questioni di una certa complessità, che l’autore non intende affatto semplificare, riesce a porcele con una scrittura colloquiale da racconto orale, che talvolta è confessione intima, memoriale privato, altre volte osservazione e costatazione dello psicoanalista, dotta bibliografia letteraria, soprattutto testi di narrativa e poesia, frammenti di film, però sempre strettamente al servizio dei ragionamenti, oppure citazioni e spunti presi da una sterminata biblioteca, quella stratificata ed eccentrica di un intellettuale eclettico, psichiatra, psicoanalista, ma anche professore di psicologia dinamica in Italia e all’estero.

Diciamo che assunti medici e umanistici si mescolano, teorie scientifiche e suggestioni letterarie riverberano tra le pagine (i corporali Mishima, Testori, l’elettrico Whitman, moltissimi altri, soprattutto poeti) così come gli elementi iconici della fotografia ma soprattutto della grande arte figurativa (Rembrandt, Manet, Rubens, Goya, tra gli altri), nelle tre parti che compongono il libro: Il corpo ricordato, Il corpo dettagliato, Il corpo ritrovato.

Il corpo come mappa, geografia del sé e della propria memoria vivente, dove «chi ha esperienza della cura psichica riconosce il taglio sulle braccia della sofferenza borderline; l’osso sporgente dell’anoressia e il vomito della bulimia; l’ossessione vigoressica e che gonfia i muscoli; il panico che simula l’infarto e ferma il respiro».

Un organismo pulsante e sensibile dove la Pelle, «il più psichico dei nostri organi» è «involucro e confine, luogo del contatto e della separazione» in un circuito neurale e biochimico complesso dove «anche il corpo è mente, non solo il cervello», e il cibo ingerito «interroga la psiche e il corpo»; ma anche per eccellenza luogo del desiderio sessuale, «un corpo immaginifico e carnale, politico e culturale». Quello che colpisce è il rapporto fortissimo tra vita fisica, psichica e la biografia, perché tutti sappiamo intimamente quanto si riguardano e, come pensava uno dei padri della medicina moderna, William Osler, «le tragedie della vita sono in gran parte arteriose. Il romanzo del cuore non può che essere un racconto di paure, esperimenti, entusiasmi e delusioni», perché come pensava Mallarmé «ogni anima è un nodo ritmico».

Nella seconda parte del libro, Il corpo dettagliato, la più ampia e narrativa, ogni organo è un racconto in un palinsesto affascinante di versi, assunti, citazioni, Lingiardi deraglia abilmente, con acuta intelligenza narrativa infila sequenze godibili e illuminanti, mette insieme questioni etiche, sociali, esistenziali, politiche. Come nel capitolo Pelle, «la superficie dell’amore», dove parte da un ricordo di bambino, i tatuaggi siberiani raccontati da Lilin, per arrivare anche a qualcosa che può alimentare il razzismo perché, come ammonisce Toni Morrison, è un problema dei bianchi se da sempre credono «che sotto ogni pelle scura si nasconde una giungla». Gli occhi sono «finestre dell’anima» e icona fotografica di Man Ray, il naso evoca Pinocchio e Rabelais, e ovviamente Il profumo di Süskind ma anche le Opinioni di un clown di Böll, la bocca «luogo cruciale della psicanalisi» e leucoplachia al palato che colpì Freud, ma disconoscevo il fatto che secondo l’etologo Desmond Morris «il bacio è stato inventato dalle scimmie che premasticano il cibo e imboccano i cuccioli con l’aiuto della lingua».

Questo libro tesse una tramatura fitta di sollecitazioni, visioni, mescola sapientemente conoscenze diverse fino all’Intestino consacrato dalla Merda d’artista di Piero Manzoni, l’immaginario dei Capelli, il Sangue «Padrone del nostro colorito», la sua carica metaforica, «simbolo di tutto: fatica, rabbia, amore, ferocia», i «regni misteriosi» dei Genitali, un altro avvincente capitolo, la vergognosa Prostata dalla forma di «una castagnetta», poi la Mano della chiromanzia ma anche della cura. E, per ultimo, Lingiardi racconta il Cervello, il direttore d’orchestra di tutti gli organi, dove nasce il linguaggio, l’immaginazione e la coscienza, «la sede dei nostri punti di forza e di debolezza», che si nutre di relazioni e può deprimersi, quel «cane nero» di cui hanno scritto Virginia Woolf, la Plath e Foster Wallace: «Come stare sotto una campana di vetro a cui hanno risucchiato tutta l’aria, e tu non puoi respirare nemmeno un briciolo d’aria fresca».

Come scrive l’autore del suo libro aperto, denso di suggestioni ma dalla scrittura elegante e dal tratto sicuro: «A volte, il piacere, l’avventura e la bontà di una rotta sono il risultato dell’incontro di molteplici brezze. Citazioni e bibliografie finiscono per costruire dentro di noi un paesaggio al quale non solo è impossibile sottrarsi, ma in cui è bello naufragare».

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