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La salute del cuore delle donne

by Claudia

Le donne sono state al centro del Congresso europeo di cardiologia – ESC di Londra. Circa 32’000 professionisti della salute, provenienti da 171 Paesi, hanno partecipato all’evento, che ha coperto tutti i campi della medicina cardiovascolare. Il tema principale del congresso è stato «Personalising Cardiovascular Care». Oltre alla presentazione di 4 importanti linee guida per la pratica clinica ESC e di un nuovo documento di consenso sull’obesità, il Congresso ha avuto un numero record di studi e presentazioni scientifiche: ben 4.400. Nuove ricerche, che cambiano la pratica clinica, sono state illustrate con Cina, Stati Uniti e Giappone in testa. Tra le presentazioni più seguite c’è stato lo studio statunitense del dr. Paul M. Ridker, Direttore del Center for Cardiovascular Disease Prevention presso il Brigham and Women’s Hospital di Boston, secondo cui la misurazione di due tipi di grassi nel sangue insieme alla proteina C-reattiva (CRP), un marcatore dell’infiammazione, può predire con 30 anni di anticipo il rischio di malattie cardiovascolari nelle donne. Lo studio è stato inoltre pubblicato sulla rivista «New England Journal of Medicine». I ricercatori hanno raccolto campioni di sangue e informazioni mediche da 27.939 operatori sanitari residenti negli USA. Le donne, che hanno iniziato lo studio tra il 1992 e il 1995 (età media di 55 anni), sono state seguite per 30 anni. I ricercatori hanno scoperto che le donne con i livelli più alti di colesterolo LDL avevano un rischio associato di malattie cardiache aumentato del 36% rispetto a quelle con i livelli più bassi. Per quelle con i livelli più alti di Lipoproteina A Lp(a) era aumentato del 33% e, infine, per quelle con i valori elevati di PCR il rischio associato era +70%. Quando tutte e tre le misure (colesterolo LDL, Lp(a) e PCR) sono state valutate insieme, le partecipanti con i livelli più alti avevano un rischio associato di ictus superiore di 1,5 volte e un rischio associato di malattia coronarica più alto di 3 volte. I ricercatori sottolineano che, sebbene in questo studio siano state valutate solo le donne, ci si aspetterebbe di trovare risultati simili anche negli uomini. Le cellule immunitarie, che aiutano il corpo a ripararsi da ferite o infezioni, possono anche percepire l’accumulo di colesterolo in eccesso nelle cellule o attivarsi in risposta all’accumulo di placca e inviare segnali infiammatori. Ciò crea un ambiente iperinfiammatorio in cui la placca può formarsi, ingrandirsi o persino rompersi, e causare eventi cardiovascolari. «Negli ultimi anni, abbiamo imparato di più su come livelli aumentati di infiammazione possono interagire con i lipidi per aggravare i rischi di malattie cardiovascolari – ha affermato Ahmed AK Hasan, direttore del programma presso il National Heart, Lung, and Blood Institute – questo aiuta a spiegare perché livelli più bassi sono spesso migliori».

Ma accanto a questo si è parlato molto di prevenzione, ad esempio nell’endometriosi, dove le donne hanno un rischio maggiore del 20% di sviluppare esiti cardiaci significativi rispetto a chi non ne soffre. «Per decenni, la malattia cardiovascolare (CVD) è stata considerata una malattia maschile e i fattori di rischio sono stati considerati dalla prospettiva degli uomini – ha spiegato la dott.ssa Eva Havers-Borgersen del Rigshospitalet Copenhagen University Hospital, e autrice della ricerca – tuttavia, una donna su tre muore di CVD e una su dieci soffre di endometriosi. I nostri risultati suggeriscono che potrebbe essere giunto il momento di considerare di routine il rischio di CVD nelle donne con endometriosi». Nello studio sono state coinvolte ben 60’508 donne con endometriosi; nello specifico c’è stato un rischio aumentato del 20% per l’ictus, del 35% di infarto cardiaco. «Suggeriamo che le donne con endometriosi si sottopongano a una valutazione del rischio di malattie cardiovascolari ed è giunto il momento di considerare i fattori di rischio specifici delle donne, aggiungendo anche il diabete gestazionale e la preeclampsia», ha aggiunto l’esperta danese.

Restando in tema, anche le donne a cui viene diagnosticata la depressione perinatale hanno maggiori probabilità di sviluppare malattie cardiovascolari nei successivi 20 anni. Lo studio, pubblicato sull’«European Heart Journal», è il primo del suo genere a esaminare la salute cardiovascolare dopo la depressione perinatale e ha trovato i collegamenti più forti con i rischi di ipertensione, cardiopatia ischemica e insufficienza cardiaca. Tra le donne con depressione perinatale, il 6,4% ha sviluppato malattie cardiovascolari rispetto al 3,7% delle donne che non ne avevano sofferto. Ciò equivale a un rischio maggiore del 36% di sviluppare le patologie del cuore. Il loro rischio di ipertensione era circa il 50% più alto, quello di cardiopatia ischemica maggiore di circa il 37% e il rischio di insufficienza cardiaca superiore di circa il 36%. La ricerca è stata condotta dalla Dott.ssa Emma Bränn, dal Dott. Donghao Lu e dai colleghi del Karolinska Institutet di Stoccolma: «Sappiamo che la depressione perinatale è prevenibile e curabile. I nostri risultati forniscono ulteriori motivi per garantire che l’assistenza materna sia attenta alla salute fisica e mentale».

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