Difficile parlare di Israele o di Palestina andando al di là degli stereotipi o delle proprie convinzioni politiche. Eppure c’è una serie che ci riesce, in modo egregio. Si intitola The Beauty Queen of Jerusalem, è uscita nel 2023 e parla del periodo storico che va dagli anni Venti del secolo scorso fino alla fine della Seconda guerra mondiale, prima dunque della creazione di Israele.
È la saga di tre generazioni degli Hermosa, famiglia sefardita che si trova ad affrontare la transizione fra tradizione e modernità. La serie è costruita su più livelli. Innanzitutto vi è il background storico-politico che tematizza prima la dominazione turca e poi quella britannica, con l’insorgere dei movimenti terroristici separatisti ebraici e il crescere delle tensioni con la comunità araba.
Dal punto di vista sociologico viene inoltre descritto il rapporto non sempre facile fra la comunità sefardita proveniente dalla penisola iberica, insediatasi da secoli a Gerusalemme, che si considerava «originaria», e quella ashkenazita, formata dai «nuovi arrivati» provenienti dall’Europa orientale.
A livello linguistico questa dinamica culturale dà vita a una vera e propria celebrazione della parlata delle varie comunità: scegliendo l’audio della versione originale si passa dall’ebraico infarcito di termini e frasi presi in prestito dal giudeo-spagnolo (di facile comprensione per chi parla italiano), allo yiddish (la lingua della comunità ashkenazita), passando attraverso l’arabo e l’inglese.
Su questo ricchissimo humus storico-culturale si sviluppa la saga familiare degli Hermosa, che narra di amori impossibili e matrimoni sbagliati, di convivenza intergenerazionale in spazi angusti e soffocanti, di tradimenti e violenza, di amicizie profonde dal potere salvifico e catartico e ancora di sentimenti fraterni vissuti fino alle estreme conseguenze.
Tra i temi trattati, spicca quello della condizione femminile all’interno di una società in rapida mutazione, illustrato soprattutto attraverso le vicende della protagonista Luna e di sua sorella Rachelika, entrambe alla ricerca di una propria personale emancipazione.
Luna attraverso la moda e Rachelika per mezzo dello studio, le sorelle riescono così a trascendere il peso della tradizione, incarnata dalla madre Rosa, mirabilmente interpretata da Hila Saada, capace di esprimere con un solo sguardo disagio, amore e dolore.
Saada non è comunque la sola a brillare all’interno di questo fantastico cast, in grado di animare una vicenda che può essere definita anche come uno studio degli archetipi umani. L’amante, l’infedele, la vittima, il traditore, l’innocente, la ribelle, il fallito: tutte queste tipologie vengono descritte con un’empatia e una sensibilità capaci di mostrarci figure complete in tutte le loro sfaccettature.
Realizzata da Yes Studios, la stessa casa di produzione della bellissima e riuscitissima serie Shtisel, The Beauty Queen of Jerusalem è tratta dal romanzo Miss Jerusalem di Sarit Yishai-Levi (Sonzogno, 2015), che racconta una storia alquanto diversa, meno intensa e poetica, con un linguaggio, un intreccio e una drammaticità di livello decisamente inferiore rispetto alla serie.
Per una volta è l’opera originale a non tenere il passo con l’adattamento cinematografico, che ha invece saputo condensare in modo mirabile gli elementi più interessanti del libro esaltandoli, perfezionandoli e creando un prodotto non solo raffinato ed elegante, ma anche ricco di spessore e suggestioni.