Nessuno può stabilire ora come finirà il negoziato che dovrà imporre un cessate-il-fuoco (non la pace) in Ucraina, ma fin d’ora se ne possono intravvedere le due caratteristiche essenziali. Primo, sarà una trattativa diretta fra Russia e Stati Uniti, con gli ucraini in posizione ricevente o poco più. Secondo, gli europei della Nato, che insistono ad essere presi in considerazione, non lo saranno che pro forma. Questo significa che se il negoziato a due fallirà, la guerra continuerà più aspra di prima, almeno finché l’Ucraina avrà la forza di resistere e la Russia voglia di combattere. Ma quel che conta è soprattutto la riduzione del fianco europeo della Nato a comparsa, in un conflitto che si svolge ai suoi confini e nel quale i maggiori Paesi dell’Ue/Nato hanno molto investito sotto il profilo militare e propagandistico. Una lezione da studiare.
Si conferma qui, nella guerra che ci tocca più da vicino, la svolta trumpiana. Ovvero «America First». Con il corollario Europeans distant partners. Gli americani non hanno intenzione di mettere gli stivali sul terreno ucraino per proteggere la tregua eventuale. Sarà quindi molto difficile che ce li possano mettere gli europei della Nato, che senza l’appoggio americano hanno capacità operative molto limitate. E che rischierebbero di essere coinvolti nel conflitto senza copertura statunitense/Nato.
Ma c’è molto di più. Questa guerra ha evidenziato i limiti della potenza militare russa. Per quanto gli europei, soprattutto le avanguardia antirusse scandinave, baltiche e polacche insistano sul pericolo che Mosca voglia tornare a occupare parte del Continente, è evidente che Putin non ne ha né i mezzi né la voglia. Se vuole tenere insieme la Russia deve rimettere in piedi l’economia e riaffermare un grado di sovranità contro il rischio di scadere a junior partner della Cina. Se questa analisi è corretta – e per gli americani lo è – ne derivano importanti conseguenze strategiche. Primo: per Washington scade la necessità di difendere il proprio impero europeo, incardinato nella Nato, contro la Russia. In ogni caso l’opinione pubblica americana non accetterebbe mai di avallare un nuovo sbarco in Normandia. Ne consegue che la Nato non verrà smantellata, ma perderà di senso. Le grandi strutture resistono spesso all’esaurimento della propria missione. Probabilmente questa legge varrà anche per la struttura militare dell’Alleanza atlantica, che sopravvivrà a sé stessa. Da ente inutile, o quasi.
Secondo: per gli europei, come sempre divisi, si tratterà di dotarsi di un minimo di credibilità militare, ovvero deterrenza, che possa surrogare la scaduta cambiale americana. Questo perché in ogni caso continueremo a confinare con la Russia, che significa in buona misura – vista la debolezza russa – assistere alla crescente penetrazione della Cina attorno e dentro il nostro spazio. Compito per il quale siamo culturalmente impreparati, dopo decenni di devoluzione al Grande fratello a stelle e strisce della nostra sicurezza. Terzo: l’Ucraina senza protezione americana sarà sempre esposta all’influenza russa, a meno che la Federazione russa non imploda (nel qual caso fronteggerebbe insieme caos e Cina). Quando Trump osserva che prima o poi l’Ucraina potrebbe tornare tutta sotto Mosca, fotografa questa minaccia con crudo realismo. D’altronde, vista da Washington, la questione ucraina è poco più di una nota a piè di pagina.
Il lettore noterà che nel giro di un paio di settimane tutta la retorica che ha accompagnato l’approccio occidentale alla difesa dell’Ucraina contro l’aggressione russa è scaduta a lontano ricordo. Niente Kiev nella Nato, niente intangibilità dei confini ucraini del 1991, niente battaglia di civiltà, scontro fra democrazia e autocrazia eccetera. Come mai? Gli storici diranno. Noi oggi possiamo solo osservare che la nostra retorica non era sostenuta da una forza né da una volontà credibili. La premessa logica e fattuale del nostro approccio era l’unità dell’Occidente. Già latitante prima, oggi appare una figura dell’irrealtà. Con l’America preoccupata anzitutto di sanare la sua crisi di identità e gli europei strutturalmente divisi, privi di leadership, di forze armate efficienti e di disponibilità a battersi, l’Occidente scade a categoria dello spirito. In termini strategici, non esiste più. Probabilmente ha cessato di esistere con la vittoria sull’Unione sovietica, nel 1991, che però derivava dal suicidio sovietico, non dalla nostra volontà e capacità di gestire lo spazio continentale in assenza di un Nemico unificante. In ogni caso, la guerra di Ucraina, comunque finisca, illustra la fine dell’America europea. Quindi anche dell’Europa americana.
Tutto questo cadrà anzitutto sulle spalle degli ucraini. Due volte vittime: dell’aggressione russa e della nostra ipocrisia. Purtroppo lo scenario che si profila segue un vecchio schema, il cui ultimo esempio è stato quello afghano. Gli occidentali, ovvero l’America più qualche europeo, promettono a un popolo in lotta contro i loro nemici – siano essi jihadisti, imperialisti russi o che altro – che lo sosterranno fino alla fine. Poi le cose si mettono male, sicché scoprono che in fondo per quel popolo non hanno sufficiente passione per rischiare le proprie vite preziose, quindi salutano. Con tanti auguri.