L’anima rurale delle Alpi Albanesi

by Claudia

Përshëndetje! Chi l’avrebbe mai detto che l’albanese fosse una lingua così complicata? Volevo solo imparare il saluto locale: ora mi ritrovo a rileggere le mie note tre volte al giorno per ricordarmi la traduzione di un semplice «salve!». Non ho fortuna neanche con «grazie»: se presa alla sprovvista, mi scappa un banale thank you, perché ci metto troppo a ricordare la parola giusta: faleminderit!

Eppure, l’Albania dista meno di ottanta chilometri dall’Italia nel suo punto più vicino. Alcune somiglianze linguistiche con l’italiano ci sono, tuttavia molte volte per farsi capire bisogna affidarsi all’inglese, ai gesti oppure ad applicazioni online di traduzione.

Proprio con quest’ultimo strumento riusciamo a «conversare» con un uomo del posto: ci troviamo nel nord dell’Albania, nelle cosiddette Alpi Albanesi. Besnik è un pastore di pecore, e ha appena evitato che i suoi cani ci aggredissero mentre passeggiavamo per le montagne. Non è arrabbiato che l’abbiamo distratto dal suo lavoro (chissà dove sono scappate nel frattempo le sue bestiole…), anzi: entusiasta ci mostra alcune foto della sua famiglia e un video di sua figlia mentre canta canzoni popolari durante la festa della scuola.

Con l’aiuto del cellulare ci scambiamo qualche frase: ha cento pecore e di solito passa con loro le notti in montagna. Scende ogni tanto a valle per rifornirsi di provviste, che i suoi due cavalli portano in groppa. Passa molto tempo da solo, per questo siamo i benvenuti nella sua giornata solitaria, anche se durante la nostra «chiacchierata» le pecore si sono date alla fuga.

L’incontro con Besnik rappresenta uno spaccato autentico della vita nelle Alpi Albanesi, una realtà che coesiste con l’arrivo sempre più massiccio di escursionisti. L’Albania si è aperta al turismo già da qualche anno, dopo il lungo isolamento sotto la dittatura di Enver Hoxha. Se dal 1991 a oggi molte città del Paese hanno conosciuto un boom turistico, ci sono ancora luoghi sconosciuti ai più. Non si può dire che il paesino di Valbona, situato nell’omonima valle, sia tra questi: anche se per raggiungerlo ci si mette una giornata intera dalla città più vicina, questo paese nella stagione estiva è visitato (o meglio, transitato, visto che solo in pochi si fermano per più di una notte) da centinaia di turisti ogni giorno. Ciò soprattutto a causa del famoso trekking tra Valbona e Theth, tappa obbligata di molti di coloro che scelgono come meta l’Albania.

La maggior attrazione è certamente la vista mozzafiato sulle cime calcaree della valle! Meglio, tuttavia, sarebbe fermarsi qualche giorno in più per esplorare anche le passeggiate meno famose. Di pensioni per passare la notte, o bujtina in albanese, ce ne sono in abbondanza. Come quella di Dritan e Arjeta che hanno ampliato la loro casa per ospitare dei turisti, offrendo un’accoglienza casalinga. Arjeta è un’abilissima cuoca: in men che non si dica ci troviamo davanti ottimi byrek (torta salata di formaggio, spinaci o carne macinata) fatta in casa, carne e insalata greca. I Paesi vicini hanno influenzato molto la tradizione culinaria albanese: anche qui, come in altri luoghi balcanici, i byrek e le grigliate di carne sono pressoché onnipresenti. Pure l’insalata greca, così come gyros e souvlaki (spiedi e spiedini) si trovano molto spesso sul menù: la Grecia, infatti, non è lontana.

A Valbona, negli ultimi anni le bujtine sono spuntate come funghi: in un Paese dove il salario medio mensile non raggiunge i 100mila lek (circa mille euro), ospitare turisti per un minimo di trenta euro a notte è un buon affare.

Nonostante l’inaccessibilità, dunque Valbona è riuscita a diventare uno dei villaggi albanesi più frequentati dai turisti. Tuttavia, anche con questo viavai, la vita in valle scorre ancora al ritmo lento di una volta: ogni famiglia ha la propria mucca, con il cui latte qualcuno della famiglia produce formaggini simili alla feta. Le mucche pascolano libere per il paese, fornendo un servizio di tagliaerba gratuito a chi dimentica di chiudere il cancello del proprio giardino. Nelle alture troviamo anche veri e propri alpeggi, dove la gente passa l’estate con i propri animali per produrre formaggio, proprio come sugli alpeggi svizzeri.

In Albania, spesso nei ristoranti e negozi dei luoghi turistici troviamo ragazzini a dare una mano con i turisti, anche perché i giovani imparano l’inglese a scuola, mentre le generazioni precedenti molte volte non lo sanno parlare e si trovano in difficoltà con gli stranieri.

Per chi si ferma qualche giorno a Valbona, un salto al negozietto di paese (in realtà una baracca da cantiere a cui si è data una seconda vita) per rifornirsi di provviste è d’obbligo: è gestito da un tredicenne con un caratterino imprevedibile, che decide i prezzi in base al suo umore e alla simpatia per i clienti del momento. Noi abbiamo fortuna: il ragazzino sembra essere di buonumore, ci fa un buon prezzo e ci regala pure un grappolo d’uva.

Solo alcuni dettagli ci riportano alla realtà di questa comunità di montagna: la scuola, che vista dall’esterno sembra cadere a pezzi; o la perenne spazzatura, che, in mancanza di adeguati sistemi di smaltimento, viene semplicemente buttata nei fiumi, per farsi portare via dalla prossima alluvione. Insomma, salvo alcuni dettagli, la valle di Valbona potrebbe assomigliare alla Val Bavona di cent’anni or sono. Tuttavia, alcuni imprenditori hanno già iniziato a fiutare gli affari, costruendo hotel e resort immensi se paragonati alle piccole bujtine familiari. Forse non pensando al fatto che tanti dei turisti sono proprio attratti dall’Albania rurale e tradizionale, che potrebbe scomparire se lo sviluppo continuerà in maniera incontrollata.

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