«Nostro nipote non ci aiuta, siamo disorientati»

by Claudia

Gentile professoressa,
non sono più giovane: ho 82 anni. Sono figlia unica e per tutta l’infanzia ho sofferto di solitudine perché i miei genitori, nonostante avessero fratelli e sorelle, dopo lunghe, penose cause per la suddivisione delle eredità, non sono più riusciti a stabilire rapporti affettuosi, anche se abitiamo tutti nella stessa città. Ho sempre invidiato chi aveva cugini perché tra parenti la relazione può essere più frequente e continua rispetto a quelle con le amiche.
Per molti anni l’affetto di mio marito, di due figli e tre nipoti mi è bastato. Abbiamo trascorso anni felici. D’estate portavamo con noi i nipotini al mare e in montagna, d’inverno sulla neve a sciare. Il pranzo della domenica dai nonni era una sicurezza. Eravamo sempre disponibili, anche per richieste all’ultimo minuto. La nostra casa è piena di foto e ricordi di quella bella stagione della vita.
Ora il nucleo familiare si è un po’ dissolto: nostro figlio abita a Londra con la bambina e ci vediamo solo alle feste comandate. La figlia invece è cambiata e, da affettuosa è diventata sempre più nervosa e preoccupata che graviamo sul nipote, ventenne, che abita nella nostra stessa casa. Tanto che quando abbiamo chiesto al ragazzo di aiutarci a organizzare la festa per gli ottant’anni del nonno ci ha risposto che doveva studiare.
Siamo disorientati e le chiediamo un aiuto per capire. Grazie. /
Enza

Cara Enza,
non sei sola. Siamo molti a essere disorientati. Sono innumerevoli le pubblicazioni che inneggiano alla vecchiaia e alla «nonnità», come fossero una festa. Io stessa ho raccolto testimonianze di nonne e nonni felici (con qualche eccezione) nel mio libro Nuovi nonni per nuovi nipoti: La gioia di un incontro. Ma, come sapevano i nostri antenati, i periodi della vecchiaia sono due: il primo è quello della vecchiaia vissuta in autonomia, attività, donatività. Nell’Ottocento finiva a settant’anni, ora le cose sono cambiate. Uno stile di vita più sano, lo sport, le cure farmacologiche ci permettono di prolungare la nostra autonomia sino agli ottant’anni e oltre.

Ma, ad un certo punto cambia la condizione esistenziale, subentra una sorta di «quanta età» in cui si fa avanti, sempre più rapidamente, un bisogno di attenzione e di accudimento. A questa domanda possono rispondere le istituzioni sanitarie e i supporti privati, come le badanti, ma per quanto la risposta sia efficace, manca sempre qualche cosa: l’affetto dei familiari, la loro riconoscenza. Nel vostro caso avete chiesto al nipote, che abita nella vostra stessa casa, non cure fisiche o materiali, ma di aiutarvi a organizzare la festa per il compleanno del nonno. La sua indisponibilità ha costituito per voi una frustrazione. L’ingratitudine fa male.

Ma, credo, sia diverso il modo di reagire. I nonni, forse perché hanno dato meno, se ne fanno una ragione e si rassegnano, le nonne invece si tormentano e si chiedono «perché?».

Le motivazioni sono tante. Innanzitutto la fretta che caratterizza la nostra società, ma ad essa aggiungerei il narcisismo, un investimento di energie su se stessi. Si tratta di un ripiegamento indotto da rapporti sociali sempre più aridi. Circola poco amore nelle vene della nostra società.

Dopo gli anni magici dell’infanzia, i ragazzi si trovano ad affrontare percorsi di studi sempre più anonimi e impersonali, relazioni di lavoro basate sull’efficienza senza empatia, su una competitività che non prevede affettività. Vostro nipote non vi aiuta, non vi comprende, non perché sia cattivo, ma perché è figlio dei suoi tempi, tempi che richiedono: memoria corta e buona salute.

Non so, cara Enza, se questa analisi possa mitigare il suo disorientamento. Si possono realizzare, in ogni caso, mosse riparative come partecipare ad associazioni, quali Ava Eva, rivolte alla terza nonché alla… quarta età, adatte a condividere gioie e dolori. In fondo la vecchiaia è un privilegio, confermato, nel suo caso, dalla presenza di un marito che ha ancora voglia di festeggiare. Congratulazioni e auguri a entrambi.

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