Gli economisti e il salario minimo

by Claudia

Il nostro articolo di fine anno sull’etica kantiana e la sua possibile applicazione alla scienza economica tradizionale ha suscitato la reazione di alcuni lettori che ringraziamo per l’attenzione che ci dedicano. Commentando la serie di esempi nei quali gli economisti hanno cercato di superare le difficoltà etiche loro imposte dall’ipotesi di assoluta razionalità dell’homo oeconomicus, uno dei lettori ha suggerito di aggiungere alla lista il caso del salario minimo, più precisamente il modo nel quale una larga parte degli economisti, nel corso degli ultimi due decenni, ha cambiato la sua posizione di ferma opposizione nei confronti di questa misura di politica sociale. I rappresentanti della scuola tradizionale combattevano, e combattono, l’introduzione del salario minimo perché per loro non faceva che rincarare il costo del lavoro, obbligando così aziende marginali a chiudere e influendo negativamente sulla domanda di lavoratori. Di conseguenza l’introduzione di un salario minimo di fatto otteneva l’effetto contrario di quello che intendeva raggiungere: faceva crescere la disoccupazione e riduceva il reddito delle fasce di popolazione meno abbienti. Sono questi argomenti di peso che, oggi ancora, impediscono l’introduzione generalizzata del salario minimo. Ricordiamo per esempio che di recente, con argomenti del genere, a Soletta e Basilea Campagna in votazione popolare è stata respinta la proposta di introdurre il salario minimo.

Per quel che riguarda la teoria economica, la svolta nell’interpretazione delle conseguenze dell’introduzione di un salario minimo viene nel 1994 con un articolo pubblicato nell’«American Economic Review», da Alan B. Krueger e David Card. Per i risultati esposti in questo articolo Card ottiene nel 2021 il premio Nobel per l’economia. Krueger era morto qualche anno prima. Utilizzando dati relativi alla situazione in uno dei piccoli Stati degli Stati Uniti, il New Jersey, questi due economisti dimostrano che l’introduzione del salario minimo non determina una diminuzione dell’occupazione. Nel 1995 i due autori raccolgono i risultati delle loro ricerche nel libro Mito e misura che sconfessa l’interpretazione della teoria tradizionale relativamente agli effetti del salario minimo. Rifacendosi a più esempi dimostrano appunto che l’introduzione del salario minimo non ha un’influenza negativa sul livello di occupazione. In secondo luogo Krueger e Carr provano che, contrariamente a quanto ipotizzava la teoria economica tradizionale, le aziende hanno potere di mercato e possono influenzare la formazione dei prezzi, salari compresi. In terzo luogo i risultati delle loro ricerche dimostrano che non è possibile stabilire a priori quali possono essere gli effetti di una misura economica. Bisogna sempre valutarli nel contesto in cui viene applicata. Essi aprono così la porta agli esperimenti dell’economia comportamentale, un ramo della teoria economica che si è sviluppato nel corso dell’ultimo ventennio.

In Svizzera il salario minimo è stato introdotto in cinque Cantoni, tra i quali il Ticino. Il Cantone di Neuchâtel, che è stato tra i pionieri di questa nuova tendenza nella politica dell’occupazione, ha pubblicato lo scorso anno un rapporto stando al quale l’introduzione del salario minimo non ha avuto che effetti positivi. L’economia ticinese conosce il salario minimo dalla fine del 2021. Fino ad oggi l’introduzione di questa misura non ha avuto effetti negativi sull’evoluzione dell’occupazione nel suo insieme. Dopo la flessione nell’effettivo degli occupati del 2020, che deve essere attribuita alla pandemia da Covid, l’occupazione in Ticino ha ripreso a crescere. Nel 2021 il tasso di aumento dell’effettivo delle persone occupate è stato pari all’1,2%; nel 2022 al 2,1% e nel 2023 allo 0,2%. Il salario minimo non sembra aver influito negativamente. Se però confrontiamo i tassi annuali di crescita post-Covid dell’occupazione in Ticino con quelli nazionali ci accorgiamo che, mentre nel 2021, ultimo anno senza salario minimo generalizzato, il tasso di aumento dell’occupazione in Ticino era il doppio di quello realizzato a livello nazionale, nei due anni seguenti (gli ultimi per i quali si dispone attualmente di informazioni statistiche) il rapporto tra il tasso di aumento del Ticino e quello della Svizzera è sceso all’1,4, nel 2022, e allo 0,09 nel 2023. Non possiamo escludere che tra le ragioni di questa decelerazione ci sia anche l’introduzione del salario minimo.