La Svizzera deve ridefinire il suo ruolo

by Claudia

Come si posiziona il nostro Paese in un contesto dominato dal nuovo e imprevedibile «sceriffo di Washington»

«Hoi Alice und grüezi mitenand». Così, in dialetto svizzero-tedesco, inizia il video messaggio inviato all’inizio di febbraio dall’ex consigliere federale Ueli Maurer ad Alice Weidel, co-presidente dell’Alternative für Deutschland e candidata alla Cancelleria tedesca alle elezioni federali che si sono svolte questa domenica in Germania. Un messaggio di auguri in cui l’ex ministro UDC si dice preoccupato dalle notizie in arrivo da Berlino, dove a quanto pare alcuni suoi cari amici «sono all’improvviso diventati degli estremisti». Il suo è un appello alla libertà, che in Germania ma anche altrove in Europa, è sempre più in pericolo, così almeno ritiene l’ex consigliere federale, che dal 1996 al 2008 è stato anche presidente dell’UDC. «Ci vuole un’alternativa», ha poi affermato nel video messaggio, diffuso durante un comizio elettorale dell’AfD, con un chiaro riferimento al partito di Alice Weidel, considerato in Germania un movimento di estrema destra, in particolare nei Länder orientali. Il filmato ha sollevato diverse polemiche, anche all’interno della stessa UDC, partito che si è sempre rifiutato di farsi sentire nelle campagne elettorali di altri Paesi. Una distanza richiesta più volte da Christoph Blocher in persona, che nella sua lunga carriera non si è mai voluto mostrare a fianco di altri leader della destra radicale del Vecchio continente. Una scelta che a ben guardare ha una sua logica, questo tipo di intromissioni si pone in antitesi rispetto alla neutralità «tutta d’un pezzo», che il partito è ora pronto a promuovere anche attraverso un’iniziativa popolare, iniziativa che verrà discussa in Parlamento durante la sessione primaverile delle Camere federali.

Sul caso è intervenuto persino lo stesso Blocher, che si è espresso nei seguenti termini: «Queste cose non si possono vietare, ma io non lo avrei fatto». Non è la prima volta che il pensionato Maurer si prende la libertà di dire la sua, dopo aver lasciato il Governo ormai più di due anni fa. Lo ha fatto di recente anche con un’inserzione a pagamento pubblicata a tutta pagina sulla «NZZ» dello scorso 11 gennaio. Il titolo di questo articolo ricalca quanto dichiarato nel video inviato ad Alice Weidel: La nostra libertà è in pericolo. Per Maurer i rischi si annidano nella nostra vicinanza all’Unione europea e alla Nato. L’ex ministro se l’è poi presa anche con la cultura «woke», la politica in difesa del clima e con Greta Thunberg. E qui val la pena di passare al neo vice-presidente degli Stati Uniti James David Vance. Una decina di giorni fa il numero due della Casa Bianca ha tenuto un discorso a Monaco di Baviera, dicendo su per giù le stesse cose di Ueli Maurer. Anche a detta di Vance la libertà e la democrazia in Europa sono in pericolo, in particolare perché i responsabili politici ascoltano sempre meno la voce della popolazione e cercano di escludere movimenti come quello dell’Alternative für Deutschland. A suo dire i rischi per la democrazia sono maggiori in Europa di quanto non lo possano essere in Cina o in Russia, Paesi che, aggiungiamo noi, fanno pensare a delle dittature.

Pure Vance ha parlato di Greta Thunberg, affermando: «Noi ce la siamo sopportata, voi adesso sopportatevi per qualche mese Elon Musk». Nel suo complesso il discorso del vice di Trump ha raccolto il parere positivo di Karin Keller-Sutter. La presidente della Confederazione era presente a Monaco e in un’intervista al quotidiano romando «Le Temps» ha affermato che le parole di Vance rientrano in una visione liberale del mondo, in sintonia con la democrazia diretta elvetica. I propositi della presidente della Confederazione hanno a loro volta fatto discutere in Svizzera, tra chi ha difeso le sue parole e chi invece le ha criticate aspramente, tra questi anche un altro ex consigliere federale, il vallesano Pascal Couchepin, anche lui esponente del PLR come Keller-Sutter. Ma non è finita qui perché mercoledì scorso la presidente della Confederazione è intervenuta anche durante la trasmissione «Infrarouge» della radio-televisione romanda. Karin Keller-Sutter ha voluto precisare i suoi propositi, affermando di aver commentato soltanto un aspetto del discorso di Vance, quello relativo alla vicinanza tra autorità e popolazione. «Alcuni sviluppi che osserviamo oggi nelle nostre società sono forse dovuti anche a questa mancanza di ascolto», ha fatto notare la ministra delle finanze, che ha voluto commentare pure il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca: «Il suo è un sistema di annunci, un sistema-choc. Si dicono delle cose e poi si guarda l’effetto che fa».

In ogni caso il nostro Paese è chiamato a ridefinire il suo posto nel mondo, ora dominato dal «nuovo sceriffo di Washington», come affermato sempre da JD Vance a Monaco di Baviera. «In questo contesto dobbiamo navigare nel miglior modo possibile per difendere i nostri interessi», ha fatto notare la ministra delle finanze, ricordando che in questi ultimi anni gli Stati Uniti sono diventati il primo mercato di esportazione per l’economia svizzera. Berna ha sicuramente tutto l’interesse a mantenere queste buone relazioni con la «Sister Republic» a stelle e strisce. Anche se su questo punto non è da escludere che Trump prima o poi voglia imporre dazi anche al nostro Paese, visto che la bilancia commerciale è al momento a vantaggio dell’economia svizzera. D’altro canto complessivamente il nostro partner principale è e rimane l’Unione europea, con cui stiamo cercando di portare a termine un nuovo pacchetto di accordi per il rinnovo della via bilaterale. Un’Europa però indebolita, con le due «locomotive» – Germania e Francia – alle prese con parecchi problemi interni e con l’Unione che si è fatta prendere in contropiede dalle mosse di Donald Trump sull’Ucraina e dall’apertura di un dialogo tra Washington e Mosca. Qui Karin Keller-Sutter è stata chiara, una pace si può ottenere solo con il coinvolgimento dell’Ucraina e anche dell’Unione europea. Una visione che in questo momento si pone in contrasto con quella statunitense. Diplomaticamente il Consiglio federale si ritrova dunque lì in bilico, tra le esigenze, del tutto imprevedibili, di Washington, e la necessità di conservare delle buone relazioni con i vicini europei. E con una parte dell’opinione pubblica svizzera che è di certo in sintonia con il pensiero di Maurer e anche con quello di JD Vance. In altri termini, l’onda d’urto del «nuovo sceriffo» si farà sentire anche tra le Alpi elvetiche.