Un’anima marocchina che evolve nel tempo

by Claudia

Sosto a Essaouira, sulla costa atlantica del Marocco. Un tempo, quando si chiamava Mogador, era il principale porto del Paese, gestito da una nutrita colonia di ebrei, superiori per numero agli stessi abitanti marocchini. Ma dopo la nascita dello Stato di Israele gli ebrei di qui sono tornati nella terra dei padri (sia pure a malincuore) e altri porti, per esempio Casablanca, hanno attratto i commerci. Oggi Essaouira vive di pesca e turismo, si respira una piacevole aria di provincia.

Come tutti i porti Essaouira è luogo di incontri. Ghizlane, per esempio. È una trentenne con un’aria da ragazzina e una storia da raccontare. Viene da Guelmim, piccola città nel sud del Marocco sul confine col Sahara, famosa per il suo suq (mercato) di dromedari. Intorno ai vent’anni, Ghizlane ha accettato un matrimonio combinato («Non imposto», precisa) con un giovane connazionale emigrato in Canada. Come sempre la trattativa è stata affidata alle madri; e negli accordi di matrimonio Ghizlane ha ottenuto di poter studiare medicina, invece di occuparsi della casa. Dopo qualche anno di vita a Montreal il matrimonio è finito pacificamente, con la comprensione di genitori e suoceri. Nel tempo incerto dopo il divorzio Ghizlane ha frequentato come volontaria un caffè gestito da una ONG e proprio in Canada ha scoperto la mite religione dei sufi, i mistici dell’Islam, fortemente radicati nella storia e cultura del Marocco. Ghizlane ha ritrovato soprattutto la passione per il canto, coltivato durante l’infanzia ma poi accantonato per le resistenze incontrate. Infatti cantare in pubblico sarebbe proibito (haram) alle donne nella religione islamica, ma il tollerante Marocco di oggi ha attenuato questi divieti. E così Ghizlane è un’apprezzata interprete di poesie e canzoni sufi.

Qualche ora dopo, incontro Meryem (delicata declinazione islamica di un nome cristiano) nel suo minuscolo caffè nei vicoli della medina. «È una scatola di fiammiferi!» dice sorridendo. Sul muro, una libreria raccoglie i suoi libri preferiti, all’interno tre tavoli soltanto, anche se gli avventori si sistemano nel tranquillo vicolo davanti. Se Ghizlane appartiene a una famiglia di modesta condizione, Meryem al contrario è figlia di gente importante e ben introdotta. Non a caso ha studiato in un’ottima università parigina. Dopo la laurea e un anno a New York è tornata in patria, nella sua Casablanca, dove ha fondato una società di comunicazione e avviato una promettente carriera. E tuttavia anche Meryem, come Ghizlane, si sentiva insoddisfatta. Dopo una lunga maturazione interiore, la svolta è stata repentina: nel giro di pochi mesi si è sposata («Per amore» sottolinea) e ha chiuso la sua società per aprire questo caffè. Dal punto di vista sociale è un notevole passo indietro, si capisce, ma Meryem sorride spesso mentre parla, come chi non ha rimpianti. Anche nel suo caso, religione e famiglia – i pilastri della tradizionale società marocchina – hanno lasciato spazio alle scelte di una giovane donna, sia pure con pazienti mediazioni.

La via principale della medina di Essaouira è un grande mercato, brulicante di contrattazioni. In un vicolo laterale un hippie americano, Alex, suona stancamente la chitarra davanti a un bar, mentre la sua ragazza lo ascolta un po’ svogliata. Avvio facilmente la conversazione. Negli anni Sessanta e Settanta, in alternativa a più impegnativi viaggi verso l’India, Essaouira era molto frequentata dai figli dei fiori, attratti dai suoi paesaggi sospesi tra oceano e deserto, così come dall’ipnotica musica Gnawa, eredità di antichi commerci di schiavi. Da queste parti, si racconta, nel 1969 avrebbe sostato Jimi Hendrix, presto imitato da altri musicisti famosi: Cat Stevens, Frank Zappa, Bob Marley, i Rolling Stones e i Led Zeppelin. Ma il sogno hippie di costruire una società alternativa e nuove relazioni umane all’insegna della libertà è presto svanito. Alex, il mio interlocutore, non riesce a farsene una ragione: «Dove abbiamo sbagliato?» chiede. Vorrei rispondergli che troppo spesso proiettiamo sugli altri popoli i nostri sogni e desideri, quando invece in viaggio dovremmo ascoltare di più e provare a misurarci con la realtà, tanto più imprevedibile e interessante delle nostre idee. Ma sarebbe un discorso troppo lungo, mentre già scende la sera in questo fresco inverno marocchino.