Per realizzare le nostre ambizioni per un mondo ecologico, digitale, sicuro e inclusivo, l’Europa deve intensificare la sua presenza nello Spazio. Queste parole fanno parte delle conclusioni della 17esima Conferenza europea sullo Spazio, tenutasi a Bruxelles a fine gennaio 2025. Il direttore dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA), l’austriaco Josef Aeschbacher, ha caldeggiato «un aumento degli investimenti europei, la ricerca di nuovi partenariati e la necessità di concretizzare una visione che porti l’Europa spaziale verso nuove eccellenze». L’ESA – lo ricordiamo – fu fondata nel 1975 e il prossimo 30 maggio festeggerà i suoi primi 50 anni. Nacque per coordinare i progetti spaziali di 22 Paesi europei, tra i quali la Svizzera. L’ESA vanta diversi successi e negli anni è diventata leader mondiale nel lancio dei satelliti commerciali, ma la concorrenza degli americani, soprattutto con l’apertura ai privati, tipo Elon Musk, Jeff Bezos e altri, si fa sempre più agguerrita.
L’Agenda 2025 uscita dalla Conferenza di Bruxelles è appunto un programma per mantenere e sviluppare l’altissima qualità europea nello spazio a vantaggio di tutti, ma soprattutto degli Stati membri dell’ESA, della Commissione europea, e di tutte quelle società innovative che partecipano alle missioni spaziali e ne utilizzano le ricadute, i dati e i servizi. Per quanto riguarda la Commissione europea, essa fornisce un’importante leadership politica nelle attività spaziali (basti citare il programma di osservazione della Terra Copernicus e il programma di navigazione satellitare Galileo per servizi di posizionamento globale, che è la versione europea di quello che fanno il GPS americano e il sistema Glonass russo). L’Agenda 2025 si è data alcune priorità. Per quanto riguarda il lato commerciale, dato che si stima che nel 2040 il mercato spaziale varrà mille miliardi di dollari, le imprese spaziali europee dovranno essere in prima fila. Idem dicasi per chi opera in tutte quelle realizzazioni che mirano alla sicurezza dei cittadini come i servizi meteorologici e il già citato programma Galileo.
Quanto al trasporto spaziale si invita fin d’ora a programmare bene il futuro. L’ESA non si è mai concentrata sui voli abitati, privilegiando quelli strumentali, ma già sta collaborando con gli americani per il ritorno sulla Luna. Il 20 febbraio scorso a Torino la Thales Alenia Space e l’ESA hanno invitato la stampa specializzata a vedere, nella sala bianca di integrazione e prima che lasci l’Europa, HALO (Habitation and Logistics Outpost) un modulo abitativo della NASA che sarà il primo a orbitare attorno alla Luna con la stazione Gateway nell’ambito del programma Artemis, al quale partecipa l’ESA. Un elemento di telecomunicazione europeo, fornito dalla Thales Alenia Space France, sarà attaccato a HALO. Inoltre a Torino c’è la zona di produzione di Lunar I-Hab, altro modulo abitativo per Gateway che sarà lanciato nella quarta missione di Artemis e portato in orbita lunare da Orion e dal suo modulo di servizio europeo. La previsione parla del settembre 2028, ma non sarà facile rispettare la tabella di lancio.
Secondo l’ESA bisogna saper unire meglio gli attori europei per unire i loro punti di forza e di eccellenza: nell’Agenda 2025 si parla di «risposta rapida e resiliente alla crisi», di un futuro verde e protezione delle risorse spaziali in chiave climatica e geopolitica. L’emergenza del New Space ha condotto a satelliti più piccoli, più focalizzati su scopi precisi, e a costi di lancio ridotti. I prezzi dei prodotti e dei servizi saranno cruciali per accelerare l’innovazione. L’ESA intende interagire sempre più con start-up e imprese per aiutarle ad avere successo. Lodevoli intenzioni che attendono di essere messe in pratica. Tuttavia non mancano esempi concreti di recenti programmi realizzati. In Francia, nella sede di Airbus a Tolosa, è pronto per essere trasportato alla base di lancio di Kourou in Guiana il satellite Biomass. Si tratta del primo satellite di osservazione terrestre dotato di un radar di ultima generazione, capace di passare con il suo segnale attraverso la chioma degli alberi e scendere a misurare la biomassa e l’altezza delle foreste. Per capire quanto carbonio riescono a incamerare nel tronco, nei rami e come evolve il ciclo globale del carbonio. Biomass sarà lanciato nell’aprile di quest’anno. Le foreste, che da tempo definiamo come «il polmone verde della Terra» assorbono ogni anno dall’atmosfera 8 miliardi di tonnellate di anidride carbonica (CO2). La deforestazione e il degrado, in particolare nelle regioni tropicali, accelerano il rilascio in atmosfera del carbonio immagazzinato. Quantificare questi scambi è essenziale per capire il ciclo del carbonio, come stanno cambiando le foreste e che conseguenze hanno sul clima. Biomass è stato costruito per questo. Si avvale di un nuovo radar particolare (P-band synthetic aperture radar) capace di raccogliere informazioni su tutte le parti della pianta grazie a una lunghezza d’onda del segnale più grande di quella degli abituali radar. Inoltre, visto che normalmente le fitte chiome delle foreste impediscono di sapere com’è la morfologia del terreno sottostante, l’azione di Biomass riesce a studiare l’altezza e le variazioni del terreno. La banda di frequenza del suo radar gli permette anche di penetrare in profondità nel ghiaccio, per altre misure di osservazione terrestre. Può anche far scendere il suo segnale nella sabbia fino a 5 metri di profondità, così che potrebbe essere anche usato per studiare il sottosuolo dei deserti, oppure il letto di un fiume che si prosciuga spesso, una palude o un lago poco profondo. Biomass volerà su un’orbita polare alla quota di 666 km. Ogni tre giorni ripasserà sulla striscia di suolo già osservata. Dovrebbe vivere almeno 5 anni. Il suo controllo è assicurato dalla base europea di Darmstadt, in Germania.
Sempre parlando di osservazione della Terra, nel secondo semestre di quest’anno sarà lanciato, con un razzo europeo Ariane 6, il satellite Sentinel-1D della serie Copernicus. Copernicus è un programma dell’Ue che offre servizi di osservazione e dati, sia satellitari sia in situ (non spaziali). Il programma è gestito dalla Commissione europea in collaborazione con l’ESA e altre agenzie e organizzazioni. Il primo dei satelliti dedicati, il Sentinel-1A, fu lanciato nel 2014. L’ultimo, il Sentinel-1C, lanciato nel dicembre 2024, sta per entrare in funzione. Mapperà la superficie terrestre con precisione millimetrica. Servirà per monitorare gli sprofondamenti e i sollevamenti della crosta terrestre, lo scioglimento dei ghiacciai, i disastri come terremoti e smottamenti.