Rinunciare al desiderio di maternità

by Claudia

Cara Silvia,
riprendo il filone lasciato le scorse volte sulla maternità. Anzi, direi sul formare una famiglia. Sono una donna di 35 anni laureata che non è mai riuscita a trovare un impiego fisso se non fino a quasi due anni fa. Sin da adolescente soffro di disturbi psicologici. Questo però non mi ha mai impedito di avere un desiderio fisso: sposarmi e avere dei figli, miei o adottati. Poi gli anni sono passati (troppo velocemente), e i partner sono arrivati e andati. Fino a quasi sei anni fa, quando ho incontrato la persona giusta che rispecchiava i miei stessi valori. Purtroppo però il nostro desiderio non può ancora coronarsi a causa di difficoltà economiche e di una riqualifica (da parte sua, che io appoggio). Ma il mio orologio biologico si fa sentire e l’adozione ora, a causa delle decisioni prese dai nostri governanti, sembra essere un tabù. Mi chiedo, fino a che punto val la pena sperare e quando invece lasciare lo spazio ad un altro desiderio? Un sogno, anche se di lunga data, deve forzatamente avverarsi affinché possiamo essere felici? In fondo la maternità non è né un diritto né un dovere. Cordiali saluti /
Valentine

Cara Valentine,
il quesito che mi poni è il più difficile. Il desiderio di maternità si radica in una zona intermedia tra il corpo e la psiche, là dove lo scandaglio della psicoanalisi non giunge. Tuttavia emerge nei suoi effetti: le fantasie, i sogni, i sintomi. Per quanto mi riguarda, posso testimoniare che il desiderio di un figlio è così forte che s’impone da solo, senza chiedere il nostro consenso. Sembra che la vita non abbia senso senza quello che io chiamo il «bambino della notte» per distinguerlo da quello del giorno, il figlio reale da condividere col padre e con la società. Per passare dalla irrealtà alla realtà occorre, nei casi d’incertezza, rievocare la propria storia, recuperare l’infanzia che ci ha modellato.

Accenni a disturbi psicologici, forse espressione della tua incertezza esistenziale. È possibile che il malessere di cui soffri abbia a che fare col rapporto con tua madre, con episodi traumatici troppo presto dimenticati. Nel momento della decisione, si è sempre in tre: la madre, la figlia, il bambino che verrà: il passato, il presente, il futuro. Senza contare il partner che non può essere escluso da una decisione destinata a cambiare la vita di tutti.

La maternità, hai ragione, non è né un diritto né un dovere. È una determinazione difficile da valutare con il ragionamento calcolante. Una dannazione della nostra epoca consiste proprio nella molteplicità e varietà delle scelte. Un tempo, i figli erano una conseguenza del matrimonio, spesso deciso dai genitori. Ora siamo più libere e più sole. Decidere è sempre difficile perché un’alternativa ne esclude altre. Eppure, se vogliamo essere protagonisti della nostra vita, autori della nostra storia, dobbiamo riconoscere i desideri più profondi, meno condizionati dalla società e dalla cultura. Non solo ammetterli ma farsene carico sottoponendoli al senso di responsabilità verso noi stessi e gli altri.

La nostra società non ci aiuta proponendo, sin dall’infanzia, falsi obbiettivi: sarai felice se mangi questo dolciume, se ti regalano questi giochi, se indossi queste scarpe… Così facendo, si annulla il piacere dell’attesa, della fantasia, della creatività, del gioco.

Per le donne scatta, come dici, un orologio biologico che suscita inquietudine, urgenza, un senso di dipendenza da una sfera naturale che ci illudiamo di controllare. Mi domandi se sia possibile sostituire un desiderio con un altro. È possibile ma dopo un profondo lavoro su stessi. Oppure, quando accade, accogliendo, «senza se e senza ma», un appello che giunge da lontano.

Il bambino che abbiamo nell’inconscio non è una figura inerte ma porta con sé il desiderio di esistere, di essere. Accade spesso che un figlio indesiderato venga riconosciuto successivamente come la miglior realizzazione di sé, come la gioia più grande della vita. Per aiutarti a riflettere (la decisione spetta solo a te) ti suggerisco il mio ultimo libro: L’ospite più atteso (Einaudi), testimonianze e riflessioni che possono dar parola alle tue contradditorie ragioni e passioni.